Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliIn Palazzo Vecchio è stata riaperta dopo circa un anno di restauri la Sala della Guardaroba, nota come Sala delle Carte geografiche per i 53 dipinti a olio su tavola inseriti negli sportelli di monumentali armadi che ci restituiscono la visione del mondo ai tempi di Cosimo I de’ Medici. L’intervento da circa 500mila euro, il primo dopo più di mezzo secolo, è stato elaborato dalla direzione Servizi tecnici Belle arti e Fabbrica di Palazzo Vecchio e reso possibile grazie alla donazione dei Friends of Florence (The Giorgi Family Foundation), nell’ambito del programma «Florence I Care», e alla collaborazione del Museo Galileo.
Tra le più visitate del museo, la sala mostrava notevole usura, così per l’occasione i dipinti sono stati trasferiti in una sala adiacente e i lavori hanno interessato anche il consolidamento della struttura portante del solaio, la nuova pavimentazione, la manutenzione conservativa degli armadi monumentali, la sostituzione dei pannelli in plexiglass situati sulle ante (con la posa in opera di lastre antiriflesso tipo «Optium Museum Acrylic») e un nuovo impianto di illuminazione basato sul sistema domotico a LED. Su richiesta di Cosimo I l’ambiente fu realizzato da Giorgio Vasari con il cosmografo Fra’ Miniato Pitti, che cedette poi il ruolo al domenicano Egnazio Danti (autore di 30 carte), seguito dall’olivetano Stefano Bonsignori (che dipinse le restanti 23).
Si colgono le differenze dello stile: più vicino a quello dei miniatori il primo, più simile alla condotta dei pittori contemporanei il secondo. Diversi erano anche i problemi di degrado, accomunati dalla presenza di strati di vernici protettive alterate e ingiallite, ritocchi debordanti e una diffusa patinatura di colore bruno. L’effetto è ora di grande attrattiva nel riemergere dell’intenso blu di lapislazzuli dei mari di Danti e nei passaggi tonali brillanti di Bonsignori. Più difficoltosa la pulitura del monumentale globo di Danti al centro della sala, con oltre due metri di diametro il più antico di queste dimensioni.
Il mappamondo presentava svariati strati di ridipinture pigmentate e residui neri di un restauro ottocentesco, che nascondevano la visione di una cromia originale che si è rivelata raffinatissima, ma purtroppo molto lacunosa a causa delle vicissitudini dell’opera (posta nel XIX secolo nel cortile del Museo della Specola). Il progetto di Cosimo, rimasto incompiuto, prevedeva anche l’apparire di due globi calati dal soffitto, riflettendo gli interessi del duca per la geografia, le scienze e il commercio, ma anche il suo desiderio di dominare l’universo, ruolo che gli veniva peraltro attribuito assimilando il nome di Cosimo al greco Kosmos.
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