Valeria Tassinari
Leggi i suoi articoliSi chiama Museo Spazio Pubblico, non ha al momento una collezione e ha sede in un ex minimarket rionale, in un quartiere periferico di Bologna dove non c’era nessun luogo culturale.
L’ultimo nato tra gli spazi espositivi in città si presenta con una serie di quesiti non banali su che cosa oggi intendiamo per «museo» e «spazio pubblico». Ideato da Luisa Bravo, ingegnere, imprenditrice sociale e attivista con esperienza di docenze universitarie e relazioni internazionali, Museo Spazio Pubblico è un luogo dove i progetti di condivisione e di interesse pubblico sono sostenuti economicamente attraverso la complementarietà tra vocazione culturale non profit e visione imprenditoriale.
Il modello gestionale, infatti, si fonda sulla condivisione tra City Space Architecture, associazione culturale che promuove la cultura dello spazio pubblico attraverso arte e architettura, e Genius Saeculi, impresa operante nel campo delle Digital Humanities, un laboratorio permanente di innovazione scientifica per attività di formazione e per iniziative che sperimentano l’intersezione con la tecnologia. Se non è propriamente «museo», vuole esserlo in quell’accezione di «macchina di attivazione sociale» che oggi sempre più ricorre, tra echi del dibattito museologico degli anni Settanta e nuove definizioni Icom.
L’ambiente è un open space, spazio versatile ma anche opera immersiva grazie a un dipinto su soffitto di Flavio Favelli che riproduce la banconota da 500mila lire dedicata a Raffaello. Un’immagine simbolica, perché, come ricorda l’artista, «la banconota italiana col più alto valore è rappresentata da Raffaello, identificato come l’artista più spirituale».
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