Franco Fanelli
Leggi i suoi articoli«Quando Kounellis usa il carbone, è il carbone, è quel pezzo di carbone, mentre Pascali trasforma, crea in qualche modo un piccolo artificio»: così Nunzio, in un’intervista con Hans Ulrich Obrist pubblicata nel catalogo di una sua personale del 2005 alla Galleria dello Scudo di Verona, si riferiva alla sua formazione a Roma, allievo anch’egli, come i due artisti citati, di Toti Scialoja all’Accademia di Belle Arti.
Il fatto che tre artisti di primaria importanza abbiano studiato con un maestro all’epoca titolare della cattedra di Scenografia non può essere considerata una coincidenza, giacché lo spazio e la sua misura, la stessa «messa in scena» dell’opera costituiscono per tutti loro un dato fondamentale. Nunzio (1954), che riceve il Premio come miglior giovane artista alla Biennale del 1988, vent’anni dopo la tragica scomparsa di Pascali (cui dedicò la sua tesi di diploma), con l’artista pugliese non condivide solo l’amore per la motocicletta, ma anche l’adozione di materiali primari (nel suo caso il legno e il metallo) per la loro portata simbolica ma anche come veicoli di una processualità non del tutto controllabile o per le loro caratteristiche che ne consentono, appunto, la declinazione in «artificio».
Basterebbe osservare con attenzione un’opera recente di Nunzio, una combustione del 2018 con un prezioso intervento cromatico, per apprezzarne il virtuosismo della torsione: lo si può fare, dal 7 giugno al 7 settembre, nell’antologica dedicata allo scultore dalla sede londinese della Galleria Mazzoleni.
A cura di Kenneth Baker, vi sono riunite opere dagli anni ’80 a oggi. Dominano il piombo e il legno, i materiali più amati da Nunzio, giacché la pietra e il marmo, per un artista che rivendica la sua formazione nell’epoca delle performance e delle installazioni, «sono troppo presenti». Meglio, per lui, il rapporto alchemico con una materia sensibilissima alle ossidazioni, come il piombo, dal quale ottiene eleganti rilievi e superfici modulate; oppure il legno che brucia sino a pervenire a una sorta di fossilizzazione.
Storia e memoria, cultura e istintualità compositiva convergono in un artista che palesa la sua appartenenza a un’epoca in cui s’intrecciano le avanguardie storiche (come non pensare a Brancusi di fonte a certe sue colonne) e i tormenti del secondo dopoguerra (Burri, lo stesso Kounellis). Dalla coesistenza tra emozione e concettualità, due caratteristiche sottolineate in catalogo, ma anche tra malinconia e tensione formale, scocca lo «Shock dell’oggettività» che dà il titolo a questa mostra, la prima dell’artista a Londra. In catalogo, al testo di Baker è affiancata un’intervista a Nunzio di Jutta Mattern, curatrice presso l’Arp Museum Bahnhof Rolandseck.
Altri articoli dell'autore
«Non mi ero mai reso conto di quanto il Castello costituisca un punto di riferimento internazionale. Quando viaggio per lavoro, nel 90% dei casi la prima cosa che mi sento dire è: “Rivoli è il mio museo preferito al mondo”. La mia aspirazione è che i torinesi, i piemontesi e gli italiani abbiano questa stessa relazione con il Castello»
Modelli, modelle e amanti del «diavolo divino della pittura britannica» sfilano alla National Portrait Gallery di Londra. Ma la «human presence» di questa mostra non è solo autobiografia e gossip: attraverso la figura umana, tema e rovello di tutta l’arte europea, Bacon riannodò il filo spezzato dalle avanguardie storiche e, ultimo pittore «antico», anticipò quella che sarebbe diventata l’«ossessione corporale» dell’arte contemporanea, da Nan Goldin a Damien Hirst
Nella Galleria dello Scudo 15 opere dell’artista abruzzese risalenti agli anni Ottanta, ora della collezione del mercante romano
Artista, bibliotecario, insegnante privato di francese, organizzatore e geniale allestitore di mostre: il suo celebre orinatoio capovolto è stato considerato l’opera più influente del XX secolo. Usava lo sberleffo contro la seriosità delle avanguardie storiche, e intanto continuava a scandagliare temi come il corpo, l’erotismo e il ruolo dello spettatore