Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliIl teatro dove Nerone svolgeva le prove poetiche e canore, in vista delle grandi esibizioni nel Teatro Di Pompeo, esiste. Lo hanno scoperto gli archeologi della Soprintendenza Speciale di Roma presso gli Horti di Agrippina maggiore, che si estendevano, tra rigogliosi giardini, raffinati padiglioni e opere d’arte, nell’area tra il Tevere e il sito dove sorgerà la Basilica di San Pietro.
Lì venne edificato nel XV secolo il Palazzo della Rovere, nel cui cortile sono avvenuti gli scavi che hanno dato ragione ai riferimenti letterari, presenti in Plinio, Svetonio e Tacito, che, in vario modo, e mai troppo chiaramente, alludono a questo edificio privato fatto erigere dall’imperatore giulio-claudio nella Regio XIV Transtiberim.
Gli scavi, diretti da Renato Sebastiani e Alessio De Cristofaro, e svolti dall’archeologa Marzia Di Mento, hanno portato alla luce parte di una struttura a emiciclo (cavea teatrale), pregiati elementi architettonici, colonne e stucchi ricoperti di foglia d’oro. I bolli laterizi rinvenuti sui bipedali parlano chiaro, siamo in fase neroniana.
Altri reperti, di periodo medievale, informano dell’uso della stessa area nei secoli successivi, tra calici liturgici in vetro, ossi lavorati, insegne da pellegrini e fiaschette a forma di gallo. Ne abbiamo parlato con Andrea Carandini, di cui uscirà a breve per Laterza il libro «Io, Nerone.»
Professor Carandini, come ha vissuto questa scoperta, lei che ne ha fatte tante?
Con emozione e interesse. Anche se, per le caratteristiche murali non escluderei che anziché teatro possa essere un odeon, ma nella sostanza la cosa non cambia. È importante aver scoperto che, oltre al Circo di Caligola, quello il cui obelisco è ora al centro di Piazza San Pietro, gli Horti di Agrippina maggiore, madre di Agrippina minore, a sua volta madre di Nerone, avevano anche un teatro, secondo un binomio teatro-circo che si riscontra anche nella Villa dei Gordiani.
Inserirà questo dato della scoperta nel libro su Nerone?
Siamo alla correzione delle bozze, non c’è tempo. Il dato, però, conforta una mia visione di questo imperatore «folle», ma tanto moderno. Era un potente che amava esibirsi, per cui lo spettacolo era una forma di ricerca di consenso popolare. È una modalità molto presente nella vita politica degli ultimi tempi…
Nerone, quindi, come tipologia metastorica di uomo al potere?
Di uomo tout court, e di uomo d’oggi soprattutto: Nerone fu monarca assoluto, il suo potere non aveva limiti. Ma viveva nell’infelicità e nel terrore (di venire ammazzato, come poi avvenne). Ecco, la mancanza di regole e di limiti morali di oggi, non sta rendendo tutti infelici? Senza il freno di una qualsivoglia morale, si realizza ciò che Nerone fu in modo esemplare, un uomo disperato. Ma lui aveva almeno un programma culturale…
Quale?
Quello di incarnare la figura amorale dell’eroe, che poteva fare cose meravigliose e cose orrende, perché fondamentalmente figura codificata nel mondo mitico miceneo, quindi prima dell’avvento della filosofia, a partire dalla fine del VII secolo a.C.: l’eroe è premorale, e venne prescelto da Nerone, appassionato di epica, tragedie e canto, quale ideale umano. Oggi diremmo che è un ideale nietzschiano, ovvero di uomo in cui, morto dio e morta la morale, conta solo la volontà di potenza. Ecco, questo è Nerone. E questo è quanto sta capitando oggi nel mondo, dove la figura del dittatore sta attraendo sempre più persone (e non solo a destra). Nerone aiuta a capire meglio l’attualità.
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