Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliÈ da oltre vent’anni che la Commissione austriaca sulla provenienza si occupa di «Albero di mele II» (80x80 cm) di Gustav Klimt, oggi di nuovo al centro di controversie internazionali. Nell’autunno del 2000 formulò una cauta raccomandazione di restituzione agli eredi di Nora Stiasny: nonostante la decisione fosse stata unanime, il rapporto finale non taceva qualche dubbio. Il 27 novembre 2001 il Belvedere provvide alla sua consegna.
Nelle collezioni della pinacoteca viennese era entrato nel 1961, dopo la morte di Gustav Ucicky, presunto figlio illegittimo di Klimt, che lo aveva acquisito nel 1939 e poi lasciato in eredità al Belvedere «in memoria di mio padre Gustav Klimt». Una volta rientrati in possesso dell’opera, i destinatari la vendettero alla Fondation Louis Vuitton di Parigi. Ma nel 2015 un’altra famiglia di grandi collezionisti del pittore viennese, i Lederer, avanzò una richiesta di restituzione proprio di quel dipinto.
Il caso venne riesaminato più volte con ulteriori documenti nel frattempo disponibili, e la conclusione delle autorità austriache nel 2017 fu che sì, vi era stato uno sbaglio: agli Stiasny era stata restituita una delle sei varianti prodotte da Klimt sullo stesso soggetto, ma possibilmente appartenuta ai Lederer, mentre quella originariamente di proprietà degli Stiasny era appesa al Musée D’Orsay a Parigi con il titolo «Rose sotto gli alberi di mele» (Rosiers sous les arbres).
Le autorità francesi reagirono alla notizia e nel marzo del 2021 stabilirono che il museo parigino doveva restituire il proprio quadro di Klimt agli eredi Stiasny, in quanto famiglia spoliata di quell’opera durante il nazismo. Incurante del curioso fatto che gli Stiasny si ritrovassero dunque con due quadri di Klimt, il Ministero austriaco alla Cultura diramò un soddisfatto comunicato stampa: «La decisione del Ministero francese alla Cultura è il risultato di un’eccellente cooperazione fra le autorità dei due Paesi». Perplessa fu la reazione di Tobias Natter, uno dei massimi esperti di Klimt nonché autore di una perizia sul caso nel 2016: «Un po’ di colpa in questo garbuglio ce l’ha anche Klimt, ma non credo possa finire qui».
Ora la nuova svolta, grazie a un’accorta misura di cautela delle autorità austriache: in virtù dei dubbi avanzati già nel primo rapporto del 2000, al momento della consegna di «Albero di mele II» gli eredi Stiasny si impegnarono a restituirlo alla Repubblica Austriaca qualora appurato che l’opera non fosse identica a quella appartenuta alla famiglia di Nora Stiasny. Nel frattempo però il dipinto è stato legittimamente venduto (per circa 20 milioni di dollari). Sia gli eredi, sia lo Stato austriaco si sono quindi attivati per cercare di riacquistare la tela, ma «l’attuale proprietà non ha mostrato alcun interesse ad aprire una trattativa in questo senso», ha fatto sapere il Ministero.
Di qui un insolito e inedito accordo: gli eredi Stiasny si sono impegnati a versare allo stato austriaco circa 10,6 milioni di euro a titolo di indennizzo: una somma «stabilita nel corso di intense trattative», ha comunicato ancora il Ministero, che ha inoltre annunciato di voler utilizzare il danaro per la Casa della Storia Austriaca, fin dalla sua creazione nel 2018 ospitata provvisoriamente a Vienna nell’edificio della Biblioteca Nazionale, alfine di creare «una durevole soluzione logistica» e «come tangibile segnale di una cultura del ricordo».
Per quanto concerne le richieste di restituzione degli eredi Lederer, un’informativa del 16 marzo 2018 firmata dal presidente in carica della Commissione per la restituzione, lo storico Clemens Jabloner, chiarisce perché probabilmente resteranno a mani vuote. La ricostruzione dei fatti non consentirebbe a tutt’oggi di accertare in quali circostanze Ucicky entrò in possesso del dipinto «Albero di mele II», se vi fu cioè spoliazione; l’ipotesi di una vendita legittima verrebbe corroborata dal fatto che nell’immediato dopoguerra gli eredi Lederer non presentarono richiesta di restituzione; vi sarebbero inoltre discrepanze nella definizione («schizzo a olio») data al dipinto in documenti della famiglia, suggerendo che vi possa essere un’ulteriore variante klimtiana allora in possesso dei Lederer, definibile appunto come «schizzo».
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