Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

«X-Rated by Night» (2023) di Mous Lamrabat (particolare), parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

Image

«X-Rated by Night» (2023) di Mous Lamrabat (particolare), parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

212 Photography Istanbul: orizzonti alternativi per risvegliare la coscienza collettiva

Appena concluso, il festival si pone l’obiettivo di stimolare l’immaginazione della scena creativa turca. Vi presentiamo una selezione dei progetti esposti nella sesta edizione

Gilda Bruno

Leggi i suoi articoli

In oltre 2600 anni di storia, Istanbul è sempre servita da ponte tra mitologie, culture e religioni diverse. Da sempre «spartiacque» tra Oriente e Occidente, oggi la città ospita 212 Photography Istanbul: un festival di fotografia internazionale che, partendo dalla posizione geografica che vede la città sospesa tra Asia e Europa, si impegna a instaurare un dialogo capace di ricucire le distanze.

Nato nel 2018 come un’estensione fisica del magazine biannuale «212», «212 Photography Istanbul ha come obiettivo quello di aprirsi al mondo dell’innovazione e della scoperta», racconta Banu Tunçağ, sua direttrice sin dal 2019. Pensata come una «piattaforma dedicata alle possibilità della produzione creativa a livello globale», ogni anno la vetrina riversa il meglio della scena fotografica di tutto il mondo per le strade, le piazze e gli antichi palazzi di Istanbul con l’idea di «stimolare l’immaginazione del nostro pubblico, composto di artisti, entusiasti dell’arte e della cultura, e giovani, aggiunge Tunçağ, e contribuire al riconoscimento di Istanbul come una delle mete principali della scena creativa odierna».
 

Una fotografia tratta dalla serie «Inside Views» di Floriane de Lassée

Tema cardine della sesta edizione, appena conclusa, è stata la commistione di generi, vedute e significati resa possibile dall’avvento dell’AI e della tecnologia sul processo fotografico: la linea tra presente, passato e futuro informava infatti l’allestimento delle stesse opere, molte di queste «illuminate» per l’occasione attraverso l’utilizzo di scatole luminose che ricordano i brillanti mosaici della Basilica di Santa Sofia e i vetri colorati della Moschea Blu, coniugando così tradizione e innovazione. Ma questo non è l’unico spunto di riflessione. 212 Photography Istanbul guarda al mondo e «alle complessità del presente», invitando a esaminare gli snodi della dialettica contemporanea, dal cambiamento climatico e il necessario slancio verso la sostenibilità, alla rappresentazione di comunità sottorappresentate, la questione identitaria e l’evoluzione della fotografia. «Volevamo dare vita a un universo ispirato ai temi che contraddistinguono la nostra esperienza del presente», racconta Tunçağ. A caratterizzare il programma di quest’anno, tra mostre, talks, letture portfolio, proiezioni e workshops, è stato il desiderio di offrire al pubblico l’opportunità di disconnettersi dalla quotidianità e «meravigliarsi di fronte a un futuro diverso, più all’avanguardia, positivo e inclusivo».

«Luv Ryders» (2021) di Mous Lamrabat, parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

«Gemini», una fotografia tratta dalla serie «Surrealogy» di Éva Szombat

Una fotografia tratta dalla serie «365°» di Eugenio Recuenco

Una fotografia tratta dalla serie «365°» di Eugenio Recuenco

«X-Rated by Night» (2023) di Mous Lamrabat (particolare), parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

Una fotografia tratta dalla serie «Inside Views» di Floriane de Lassée

«Luv Ryders» (2021) di Mous Lamrabat, parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

«Gemini», una fotografia tratta dalla serie «Surrealogy» di Éva Szombat

«Untitled Car Show», un’immagine AI realizzata da David Szauder, parte della mostra «From Reality to Photo Reality»

«Untitled Car Show», un’immagine AI realizzata da David Szauder, parte della mostra «From Reality to Photo Reality»

«X-Rated by Night» (2023) di Mous Lamrabat (particolare), parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

Una fotografia tratta dalla serie «Inside Views» di Floriane de Lassée

«Luv Ryders» (2021) di Mous Lamrabat, parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

«Gemini», una fotografia tratta dalla serie «Surrealogy» di Éva Szombat

Una fotografia tratta dalla serie «365°» di Eugenio Recuenco

«Untitled Car Show», un’immagine AI realizzata da David Szauder, parte della mostra «From Reality to Photo Reality»

«X-Rated by Night» (2023) di Mous Lamrabat (particolare), parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

Una fotografia tratta dalla serie «Inside Views» di Floriane de Lassée

«Luv Ryders» (2021) di Mous Lamrabat, parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

«Gemini», una fotografia tratta dalla serie «Surrealogy» di Éva Szombat

Una fotografia tratta dalla serie «365°» di Eugenio Recuenco

«Untitled Car Show», un’immagine AI realizzata da David Szauder, parte della mostra «From Reality to Photo Reality»

«X-Rated by Night» (2023) di Mous Lamrabat (particolare), parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

Una fotografia tratta dalla serie «Inside Views» di Floriane de Lassée

«Luv Ryders» (2021) di Mous Lamrabat, parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

«Gemini», una fotografia tratta dalla serie «Surrealogy» di Éva Szombat

Una fotografia tratta dalla serie «365°» di Eugenio Recuenco

«Untitled Car Show», un’immagine AI realizzata da David Szauder, parte della mostra «From Reality to Photo Reality»

«X-Rated by Night» (2023) di Mous Lamrabat (particolare), parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

Una fotografia tratta dalla serie «Inside Views» di Floriane de Lassée

«Luv Ryders» (2021) di Mous Lamrabat, parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

«Gemini», una fotografia tratta dalla serie «Surrealogy» di Éva Szombat

Una fotografia tratta dalla serie «365°» di Eugenio Recuenco

«Untitled Car Show», un’immagine AI realizzata da David Szauder, parte della mostra «From Reality to Photo Reality»

«X-Rated by Night» (2023) di Mous Lamrabat (particolare), parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

Una fotografia tratta dalla serie «Inside Views» di Floriane de Lassée

«Luv Ryders» (2021) di Mous Lamrabat, parte della serie «Mousganistan». © Mous Lamrabat

Portavoce di quest’utopia, e determinato a renderla realtà attraverso i suoi scatti, è Mous Lamrabat, fotografo belga di origini marocchine, a cui il festival ha dedicato una mostra personale. Declinando le sfaccettature contrastanti della sua infanzia diasporica trascorsa a Gand, dove vive tutt’oggi, l’influenza delle sue radici berbere e quella della cultura pop occidentale degli anni Novanta, nella sua serie «Mousganistan», Lamrabat racconta come il mondo creativo sia divenuto la sua casa. Le sue fotografie pregne di colore e fantasia fondono due modi d’essere solo apparentemente inconciliabili per provare come, dalla loro unione, possano emergere nuovi possibili orizzonti. Fornendosi dello styling futuristico e surreale di Lisa Lapauw, sua compagna nell’arte e nella vita, il fotografo dà forma a scene in bilico tra sogno e realtà, tradizione e innovazione, i cui protagonisti, ritratti da Lamrabat in abiti scultorei, fez e tatuaggi all’henné, si stagliano in maniera tanto orgogliosa quanto poetica nei paesaggi argillosi del Nord Africa.

«Gemini», una fotografia tratta dalla serie «Surrealogy» di Éva Szombat

La curiosità di spingersi oltre ciò che ci è dato vedere, plasmando scenari che sembrano appartenere alla dimensione subconscia, e traducendoli in immagini ipnotiche, è ciò che guida il lavoro della fotografa ungherese Éva Szombat. In «Surrealogy», progetto realizzato in collaborazione con l’artista Fanny Papay, la nativa di Budapest reinventa i segni zodiacali attraverso la sua «bubblegum aesthetic» tra luci neon dalle tinte rosee e set design dalle atmosfere oniriche. Come se le stelle non fossero abbastanza per prevederne il corso, «Practitioners», la seconda serie di Szombat che è stata esposta a Istanbul, esplora lo spettro del concetto di felicità e come questa «non sia solo un mantra, ma richieda grossi sforzi e rimedi fuori dagli schemi».

Una fotografia tratta dalla serie «365°» di Eugenio Recuenco

Il velo sottile tra verità e finzione ha accompagnato tre degli appuntamenti del festival, costringendo i visitatori a riconsiderare come la tecnologia e la fotografia possano forgiare la nostra comprensione della società. «365°» di Eugenio Recuenco ha catturato il pubblico con un racconto dall’essenza «Tim Walkeriana» in cui 120 modelle si alternano nell’animare la medesima stanza con costumi, oggetti di scena e ambientazioni intrise di meraviglia in quello che, a primo sguardo, potrebbe sembrare un progetto generato con l’intelligenza artificiale; «Odyssey», rivisitazione femminista del mito di Omero prodotta dall’artista britannico Von Wolfe con Stable Diffusion, parla di come i nuovi media possano fungere da catalizzatori per il capovolgimento di narrative fondate su pregiudizi di genere, promuovendo prospettive egualitarie; «From Reality to Photo Reality», collettiva incentrata sulla sperimentazione in campo AI, raggruppa i lavori di artisti internazionali tra cui David Szauder, Hakan Sorar e Peter Coffin, per raccontare un nuovo ordine artistico.

«Untitled Car Show», un’immagine AI realizzata da David Szauder, parte della mostra «From Reality to Photo Reality»

Nei lavori presentati da Daniëlle van Zadelhoff, Floriane de Lassée («Inside Views»; «Half the Sky») e Annelie Vandendael («Sea Echoes»), a prevalere è ancora la dimensione «reale», dispiegata da ciascuna delle fotografe in scatti che riportano l’attenzione sulla fragilità della condizione umana, il concetto di (im)perfezione e bellezza, e il corpo come specchio dell’interiorità che modella la nostra relazione con noi stessi, coloro che ci stanno attorno e l’esterno. A trattenerci nel presente, abbiamo trovato anche le opere al centro di «Where the Wild Roses Grow», dove gli sguardi di 16 creativi tra fotografi, artisti digitali e flower designer sensibilizzano al cambiamento climatico ponendoci di fronte a un semplice dilemma: «Che cosa ci resta scomparsa la natura?»

Che si tratti di progetti dal respiro più classico o di serie nate in risposta alle ultime novità in campo tecnologico, ognuna delle opere esposte a Istanbul è contraddistinta da un tumulto che ha dell’universale. Come confermato dall’atmosfera stimolante e interculturale che ha accompagnato l’inaugurazione dell’evento, avvenuta il 5 ottobre presso lo spazio multidisciplinare Yapı Kredi Bomontiada, ad avvicinare gli organizzatori del festival, i talenti partecipanti e la stampa approdata in Turchia da diversi paesi europei in occasione dell’evento (tra cui anche Il Giornale dell’Arte), è la speranza che la fotografia possa risvegliare la coscienza collettiva nei confronti delle minacce poste dalle derive autoritarie e dalla negligenza tanto politica quanto pubblica in materia ambientale.

«Queste collaborazioni possono aprirci gli occhi sulla realtà dei fatti, spingendoci a rivalutare ciò che abbiamo sempre sostenuto» conclude Tunçağ. «Speriamo che iniziative come questa possano fare strada a una nuova era, vista e raccontata per la prima volta attraverso la lente dei fotografi di oggi».
 

© Riproduzione riservata

Gilda Bruno, 16 ottobre 2023 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Un tempo documentare i passi falsi della storia esortava a non ripeterli. Oggi, in una società dominata dalla violenza, potrebbe assuefare

Alla Fotostiftung Schweiz di Winterthur, una retrospettiva racconta gli innumerevoli volti e retroscena della carriera della fotografa ceca, testimone e protagonista del Bauhaus di Dessau

A Londra una straordinaria retrospettiva del camaleontico performer, mito del movimento drag e della comunità Lgbtqi+. Musa e modello di Lucian Freud, era «arte moderna che cammina»

Nel museo londinese oltre 200 fotografie di 80 artisti accendono i riflettori sull’iconico magazine che gettò le basi per la rivoluzione della pop culture inglese 

212 Photography Istanbul: orizzonti alternativi per risvegliare la coscienza collettiva | Gilda Bruno

212 Photography Istanbul: orizzonti alternativi per risvegliare la coscienza collettiva | Gilda Bruno