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Vista dei lavori durante il riposizionamento dei templi di Abu Simbel, spostati di 60 metri in altezza e 200 metri indietro rispetto alla loro posizione originale.

Per-Olow Andersen (CC BY-SA)

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Vista dei lavori durante il riposizionamento dei templi di Abu Simbel, spostati di 60 metri in altezza e 200 metri indietro rispetto alla loro posizione originale.

Per-Olow Andersen (CC BY-SA)

Quando il mondo salvò Abu Simbel

Scritto dalla giornalista Silvia Rosa Brusin e diretto dal regista Giulio Cavallini un cortometraggio prodotto dall’Accademia delle Scienze di Torino sull’egittologo Silvio Curto e sullo spettacolare salvataggio dei templi della Nubia è stato premiato come miglior documentario al Corte dei Corti Film Festival di Acqui Terme

Il cortometraggio «Silvio Curto e il tempio salvato», scritto dalla giornalista Silvia Rosa-Brusin per la regia del giovane regista torinese Giulio Cavallini, e prodotto dall’Accademia delle Scienze di Torino, è stato premiato come miglior documentario nell’ambito della quarta edizione del «Corte dei Corti Film Festival», svoltosi la settimana scorsa ad Acqui Terme (Al). Questa la motivazione del premio: «Per la narrazione attenta ed evocativa di uno dei più importanti e spettacolari interventi di salvataggio del patrimonio culturale mondiale. Per l’incisiva testimonianza della passione e del lavoro di una delle figure fondanti dell’egittologia italiana, unita alla documentazione del fondamentale sforzo di ricerca, studio e salvataggio operato da due istituzioni scientifiche pilastri del panorama culturale italiano, quali l’Accademia delle Scienze e il Museo Egizio di Torino».

Direttore del Museo Egizio per vent’anni, dal 1964 al 1984, l’egittologo Silvio Curto fu protagonista indiscusso della storia del museo torinese e del contributo italiano dato al salvataggio dei templi della Nubia in Egitto, destinati a essere sommersi dall’acqua dopo la costruzione della diga di Assuan. Un intervento colossale, a cui presero parte tantissimi Paesi che risposero all’appello dell’Unesco, e che passò alla storia come un’impresa straordinaria: il taglio e lo spostamento dei templi di Abu Simbel, un cantiere colossale che operò in condizioni difficilissime mentre le acque del Nilo salivano inesorabilmente. Una corsa contro il tempo e all’epoca l’Italia fu tra i protagonisti di questa sfida. Proprio in virtù del contributo dato, il governo egiziano decise di contraccambiare donando il tempio di Ellesiya, il più antico tempio rupestre della Nubia, conservato nel Museo Egizio e dall’anno scorso visitabile gratuitamente in un nuovo allestimento che si avvale della ricostruzione con la tecnica del videomapping. 

All’epoca Silvio Curto si occupò delle operazioni di smantellamento di questa piccola cappella rupestre che venne tagliata in 66 blocchi per essere trasferita nella città sabauda. Il documentario premiato utilizza i film storici dell’Unesco e la testimonianza dell’egittologo Alessandro Roccati, allora giovanissimo, per rievocare l’epocale impresa. «Siamo felici che la nostra scelta di avviare più di un anno fa la serie di documentari “L’Accademia racconta”, corti che raccontano vicende, personaggi, scoperte e idee dell’Accademia delle Scienze nella storia, stia dando i suoi frutti», ha dichiarato il presidente dell’Accademia delle Scienze di Torino, Marco Mezzalama. Attraverso questa serie vogliamo mostrare come la scienza sia fatta di persone, di passioni, di sfide che da Torino varcano i confini nazionali. La storia del salvataggio del tempio di Ellesiya rappresenta perfettamente lo spirito che anima i nostri documentari: raccontare non solo cosa è stato scoperto o salvato, ma come e perché, mettendo al centro le storie umane che hanno reso possibili queste straordinarie imprese».

 

 

 

Il nuovo allestimento della cappella rupestre di Ellesiya al Museo Egizio di Torino

Redazione, 24 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

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