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Francesco Tiradritti
Leggi i suoi articoliLa scena in cui due uomini si intrattengono con altrettante donne nel Pornopapiro di Torino è stata spesso citata sia negli studi dedicati all’istruzione femminile nell’antico Egitto e sia come prova dell’esistenza di una connessione con figurazioni di carattere funerario-mitologico. Nell’angolo in basso a sinistra si conserva infatti una mano femminile che stringe un oggetto lungo e affusolato e che, già a partire dalla ricostruzione di Seyffarth, è stata attribuita alla ragazza distesa su un piano inclinato scuro.
L’oggetto è stato comunque identificato con un calamo e ritenuto perciò prova dell’esistenza (attestata anche da altra documentazione) di donne in grado di leggere e scrivere nell’antico Egitto. Due considerazioni inducono però a concludere che sia piuttosto da considerare un flauto. Per essere interpretato come un calamo avrebbe dovuto avere accanto un papiro che non può neanche essere supposto trovarsi in lacuna. Che si tratti invece di uno strumento musicale lo rende d’altronde plausibile anche la cetra sulla quale poggia la mano della ragazza poco distante.
L’inclinazione della linea sulla quale è allungata la flautista ha condotto a correlare l’immagine con quelle in cui un Osiride itifallico assume identica posizione, attestate nelle tombe della Valle dei Re di età ramesside (XIII-XI secolo a.C.) e nei papiri funerari dell’epoca successiva (XI-IX secolo a.C.). Nell’arte egizia le linee inclinate o curve rispetto al registro di base sono però genericamente utilizzate per descrivere un’ambientazione in cui regna il disordine.
Nel caso di Osiride, la linea inclinata rappresenta il deserto, paesaggio caotico per eccellenza dal quale risorge il dio che ostenta con legittimo orgoglio la propria virilità restaurata. Sul Pornopapiro l’intenzione è invece quella di riprodurre la confusione venutasi a creare nell’ambito di un intrattenimento musicale dove gli astanti si sono abbandonati in modo eccessivo all’estasi della musica. Il disordine è suggerito dallo sgabello rovesciato, dalla cetra abbandonata sul pavimento e dalla posizione in cui giace la sua proprietaria.
La scelta di riprodurla a gambe divaricate è chiaramente un espediente per metterne in evidenza il sesso, ma serve anche a disporne le membra lungo una linea obliqua, e che aggiunge perciò un ulteriore elemento di confusione, che va dalla punta di un piede a un altro ed è speculare a quella della flautista.
La scena è anche impregnata dall’eccitata urgenza maschile, trasposta in figurazione dal ginocchio dell’uomo che inchioda a terra la falutista e dalla mano dell’altro che stringe (quasi strappa) una ciocca della parrucca della suonatrice di cetra. Sembrerebbe che le due ragazze siano state prese alla sprovvista dall’impellente bisogno maschile e che gli amplessi non siano consenzienti. Che si tratti però di una finzione lo dichiara la mano sinistra delle fanciulle, entrambe protese verso i focosi amanti. Il gesto è quello di un invito. Se il movimento della flautista, arrivando a sfiorare la nuca dell’amante, risulta più esplicito è soltanto perché mostrando la suonatrice di cetra nella pienezza delle sue grazie la si è distanziata troppo dal partner, in grado di soddisfare il proprio desiderio soltanto grazie al sovradimensionamento della lunghezza del proprio pene.
La scena delle due musiciste sembra confermare quanto emerge dagli studi più recenti secondo i quali il Pornopapiro di Torino è da considerare un prodotto destinato all’intrattenimento del pubblico maschile. Malgrado il suo carattere licenzioso, l’elevata qualità delle pitture è stata ampiamente riconosciuta negli studi. Oltre a essere state equiparate alla decorazione delle tombe dei sovrani della Valle dei Re la sua figurazione è stata equiparata a quelle delle vignette che decorano i Libri per Uscire al Giorno tebani della XXI-XXII dinastia (XI-IX secolo a.C.) di poco posteriori.
Questo ha fatto pensare che il Pornopapiro possa essere stato prodotto a Deir el-Medina, il villaggio sulla Riva Ovest di Luxor nel quale vivevano gli operai e gli artisti addetti alla preparazione delle tombe della Valle dei Re. Studi più recenti tenderebbero però a indicare che fosse conservato in un archivio situato nel Tempio di Ramesse III a Medinet Habu dove, a partire dalla seconda metà della XX dinastia, cominciò a svilupparsi un insediamento che offriva riparo agli abitanti della Riva Ovest di Luxor dalle sempre più frequenti incursioni delle tribù seminomadi che si aggiravano ai margini del deserto. Lo spazio tra il santuario e le possenti mura in mattoni crudi che racchiudevano l’aria sacra circostante cominciarono a riempirsi di abitazioni, uffici, botteghe e negozi.
Nacque così la città di Djeme che divenne il centro amministrativo più importante di tutta l’area ed è perciò assai verisimile che qui fossero conservati un tempo i papiri che, acquistati dal console francese in Egitto Bernardino Drovetti giunsero infine al Museo Egizio di Torino insieme al resto della sua collezione. Tali documenti possiedono infatti un alto grado di omogeneità che induce a ritenere facessero un tempo parte di un archivio sulla cui natura si discuterà alla fine di questa serie di articoli.
CINQUANTA SFUMATURE DI LAPISLAZZULI
Amore e desiderio nell'antico Egitto
1. Parole antiche per aneliti senza tempo
2. Egyptian gods do it better!
3. L'amore cosmico
4.1 L'antica bellezza
4.2 L'antica bellezza
5. il tempo delle tilapie in fiore
6.1 Un documento scottante: il Pornopapiro di Torino
6.2 Un intrattenimento musicale particolare
6.3. Il Pornopapiro e la storia di due fratelli
6.4. Piaceri voyeuristici e fumigazioni terapeutiche
6.5. Eterno femmineo e virilità effimera
6.6. L'omo e la panterona
6.7. Donne e «motori», binomio senza tempo

Scena con intrattenimento musicale tratta dal Pornopapiro di Torino. J. Omlin, Der Papyrus 55001 und seine satirisch-erotischen Zeichnungen und Inschriften, Torino 1973, tav. IX

Gruppo di suonatrici. Particolare di un frammento pittorico dalla tomba di Nebamun (XV-XIV secolo a.C.). Londra, British Museum. Fotografia: Francesco Tiradritti

Particolare di caccia nel deserto. Dalla decorazione della Tomba di Rekhmira (Tomba Tebana 100) a Luxor; XIV secolo a.C. Fotografia di C. de la Fuente

Particolare della figurazione del Papiro funerario-mitologico di Heruben (Museo Egizio del Cairo, JE 31986) con immagine di Osiride itifallico Da Annales du Service des Antiquités de l’Egypte 49, tav. XII.

Immagine di Osiride itifallico dalla decorazione della Tomba di Ramesse IX (Valle dei Re 6). Fotografia di F. Tiradritti
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