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Una veduta del Museo dell’Ottocento

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Una veduta del Museo dell’Ottocento

A Pescara l’Ottocento dei coniugi Di Persio

Nel Museo abruzzese, aperto nel 2021, una delle più estese collezioni di pittura italiana del secolo lungo è ora luogo di studio, di ricerca e di piacere per la collettività

Maria Letizia Paiato

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Il Museo dell’Ottocento, inaugurato nel settembre del 2021 nello storico palazzo, oggi restaurato, dell’ex Banca d’Italia a Pescara, è un museo unico in Italia, sia per i capolavori che conserva, donati alla città dai coniugi e collezionisti Venceslao Di Persio e Rosanna Pallotta, sia per la struttura di cui si è dotato, in grado di competere con i più importanti musei internazionali. Le opere custodite non documentano solo la passione per l’arte, ma anche l’acutezza e l’ingegno di avere immaginato un percorso dedito alla ricerca, una narrazione diversa per l’Ottocento italiano che qui, anche grazie al confronto con dipinti di importanti autori della scuola francese, trova il giusto respiro non sempre riconosciuto dalla storia dell’arte internazionale. 

Circa trecento opere descrivono uno spaccato che spazia dal vedutismo napoletano alla Scuola di Posillipo, dalla scuola napoletana a quella di Barbizon, scandendo in un percorso scientifico ma anche emotivo la pittura italiana che, in pieno Risorgimento nazionale, emerge con chiarezza quale momento di altissimo valore artistico, senza nulla invidiare alla controparte francese. Tra le opere di particolare bellezza quelle del napoletano Domenico Morelli e due dipinti di Antonio Mancini, «Prevetariello in preghiera» (1873) e «Verità» (1873-78), quest’ultimo ritenuto da Dario Cecchi uno dei dipinti più belli dell’Ottocento italiano. Fu proprio una tela di Antonio Mancini, artista romano di origine, napoletano di adozione, il primo acquisto dei coniugi Di Persio nel 1987. All’epoca artista ancora poco conosciuto, oggi è celebrato in molte mostre di importanti musei europei e statunitensi, non ultima quella svoltasi a Pescara, la prima realizzata dal museo, e conclusasi a marzo 2024, curata da Fernando Mazzocca, Manuel Carrera, Carlo Sisi e Isabella Valente, nell’inedito confronto con lo scultore Vincenzo Gemito, che ha aperto nuove vie di ricerca grazie a suggestivi raffronti mai realizzati così approfonditamente. Proprio a Mancini è dedicata una delle sale più rilevanti del museo, che ne documenta l’evoluzione del linguaggio pittorico dagli anni della formazione alla maturità. Si tratta della raccolta più importante e completa a lui dedicata, diciassette tele tra le più belle e significative del suo percorso. 

Il Museo dell’Ottocento, in tre piani e quindici sale, propone un allestimento articolato per scuole e tendenze; all’ingresso un gruppo di opere offrono un ampio e puntuale sguardo sul vedutismo di inizio secolo. Pompei ed Ercolano, Napoli e la costiera amalfitana sono i soggetti prediletti di queste pagine di Grand Tour dipinte su tela, fra cui spicca uno dei più importanti dipinti dell’austriaco Joseph Rebell, «Il monastero dei Cappuccini sulla costa amalfitana» realizzato nel 1813 su commissione della regina Carolina Bonaparte, andato in prestito alla grande mostra a lui dedicata nel 2022 al Belvedere di Vienna e riproposta alle Gallerie d’Italia di Napoli nel 2023-24, a testimonianza della richiesta della collezione a livello internazionale. Fra le sale più importanti la terza, dedicata a Domenico Morelli. Dalla lezione dei Nazareni al Verismo toscano, alle atmosfere simboliste, in Morelli si concentra la lettura più vera del secondo Ottocento, di un artista maestro dei più grandi pittori della scuola napoletana. 

Fra le sale monografiche anche quella dedicata a Michele Cammarano, che permette di apprezzare il raffinato percorso di ricostruzione storica operato dal museo. La luce che colpisce e attraversa i suoi quadri è quella del Sud, calda, avvolgente e sensuale, una luce che accoglie le novità introdotte dal Realismo francese. Da segnalare «La strega», in cui il pittore affronta il tema esoterico da una prospettiva internazionale, e il monumentale «Incoraggiamento al vizio» del 1868, la cui composizione, assolutamente originale, svela la sua particolare interpretazione del Realismo francese e il suo personale legame con Gustave Courbet, di cui il museo conserva due paesaggi, «Le bords de la Loue» (1862) e «Le ruisseau entre les rochers» (1876), ad arricchire la sala, che raccoglie e documenta aspetti della «Scuola di Barbizon». Uno spaccato unico in Italia con i nomi dei più importanti protagonisti: Théodore Rousseau, Narcisse Virgilio Díaz de la Peña, Constant Troyon, Charles-François Daubigny, solo per citarne alcuni, insieme alla pittrice Rosa Bonheur, figura nodale degli inizi del femminismo e che lottò duramente tutta la vita per vedersi riconosciuto il ruolo di artista. Da segnalare infine le cornici, accuratamente selezionate dai Di Persio Pallotta in piena armonia con le opere, testimonianza dell’eccellenza artigiana dei secoli passati. Il Museo dell’Ottocento è un singolare esempio di collezionismo privato illuminato, una raccolta di alto livello che risponde agli orientamenti e al gusto dei suoi mecenati, ma che ora è anche un luogo aperto alla ricerca, ai giovani studiosi e al piacere della vista, una risorsa per la collettività.

«Oro di Napoli» (1865) di Domenico Morelli

Maria Letizia Paiato, 10 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

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