Vincent Noce
Leggi i suoi articoliPierre Soulages, uno dei più famosi artisti francesi del dopoguerra, è morto martedì sera (25 ottobre) a Nîmes, all’età di 102 anni. La notizia è stata annunciata dalla città di Rodez, nel sud-ovest della Francia, dove Soulages è nato la vigilia di Natale del 1919 e dove nel 2014 è stato inaugurato un museo dedicato alle sue opere.
Aveva allora 94 anni. Mi aveva invitato a seguire l’allestimento nel nuovo museo, prima di accompagnare lui e sua moglie Colette a New York, dove erano attesi dai galleristi Dominique Lévy e Emmanuel Perrotin per l’inaugurazione di una mostra congiunta di 22 sue opere che è stata un grande successo. Ma nella circostanza l’artista non si fece vivo. Lévy aveva noleggiato un jet, ma all’ultimo momento Soulages aveva deciso di non lasciare Rodez.
C’era voluta un’intera giornata per montare il primo quadro nel suo nuovo museo. Soulages non ha mai voluto che le sue opere fossero incorniciate, preferendo appenderle libere all’aria, una tecnica che aveva sperimentato per la prima volta in una mostra a Houston decenni prima. Ottenere una illuminazione giusta non era facile perché l’artista aveva la vista compromessa. Se le luci erano troppo forti la pittura diventava riflettiva, specialmente se era acrilico. Così il pittore scelse di continuare a lavorare all’allestimento a Rodez invece di fare festa a Manhattan. Soulages non disdegnava tali riconoscimenti. Era un uomo orgoglioso, ma non apprezzava particolarmente gli eventi mondani e i raduni del mondo dell’arte.
Il suo lavoro non è stato riconosciuto subito, anche se il mercato per le sue opere è decollato negli ultimi anni: un dipinto del 1961 è stato venduto per 20,1 milioni di dollari da Sotheby's a New York lo scorso novembre. Per la sua prima retrospettiva al Centre Pompidou ha dovuto aspettare fino al 2009; il Louvre ha dedicato una mostra alle sue opere recenti quando aveva 100 anni. Apprezzato dai presidenti francesi Jacques Chirac e Georges Pompidou, Soulages ha sofferto per essere stato considerato un «pittore ufficiale», ma questo pregiudizio si è affievolito con il crescere del riconoscimento della sua pratica pittorica straordinariamente originale.
«Pierre Soulages ha saputo reinventare il nero rivelando la luce», ha scritto il presidente francese Emmanuel Macron su Twitter dopo la notizia della morte dell'artista. «Al di là del buio, le sue opere sono metafore brillanti da cui ognuno di noi trae speranza».
Dal punto di vista politico, Soulages è stato un antifascista a partire dagli anni Trenta e poi un oppositore delle guerre in Algeria e in Vietnam. In alcune occasioni, questo ex giocatore di rugby, che misurava 1 metro e 90 e pesava più di 100 chili, non ha esitato ad alzare i pugni e a buttarsi nella mischia contro l’estrema destra.
La retrospettiva al Pompidou suscitava nell’artista sentimenti contrastanti. «Non mi piacciono le retrospettive, sono sempre una noia», dichiarava all’epoca. «E la peggiore è una retrospettiva su 65 anni di lavoro! Sostengono che il sia il più grande artista francese di 93 anni. Beh, non sono un artista di 93 anni. Sono un artista, punto».
Soulages è stato talvolta criticato per essere troppo ripetitivo e per essersi attenuto a un’unica formula fin dall’inizio della sua carriera, quando è stato uno studente nell’Accademia di Belle Arti di Montpellier, dove ha conosciuto sua moglie Colette, oggi 101enne. Recentemente hanno festeggiato 80 anni di matrimonio nella città di Sète, in una casa piena di luce che hanno costruito sulla costa mediterranea. Negli ultimi anni si dividevano tra Sète e una piccola casa vicino a place Saint-Michel a Parigi.
Il nero era il colore feticcio di Soulages. Si vestiva addirittura ogni giorno di nero, cosa che non piaceva alla madre. «Stai già indossando i vestiti per il mio lutto?», ironizzava. Da bambino, raccontava l’artista, aveva ricoperto un foglio di carta con inchiostro per rappresentare la neve. Un’amica della sorella lo aveva preso in giro per questa scelta poco convenzionale, ma lui non si era lasciato scoraggiare.
In un’epoca in cui il cubismo dominava ancora la scena artistica, ci è voluto del tempo prima che il giovane artista abbracciasse l’astrazione completa e optasse per quello che chiamava «l’outre noir», ovvero l’ultranero che, dopo vari esperimenti soprattutto con l’olio di noce, divenne la sua firma stilistica e tematica. Nel 1979, questo nero profondo ha invaso tutte le sue opere. Sosteneva che il nero non fosse l’assenza di colori e che continuasse a cambiare con la luce, «assorbendo tutti i colori», come del resto concordano i fisici.
La luce naturale è la condizione migliore in cui apprezzare i contrasti e le tonalità dei pannelli di Soulages. Per un periodo ha prodotto incisioni e ha anche creato pannelli di vetro colorato per la chiesa di Sainte-Foy de Conques, vicino a Rodez, dopo aver fatto circa 700 prove con una piccola fabbrica vicino a Münster, in Germania.
«Se non ero credente, lo sono diventata dopo aver visitato Conques», racconta Dominique Lévy. «Ho studiato il modo in cui la luce non attraversava le vetrate, ma veniva frazionata, esplodendo attraverso le vetrate. Così, quando sei a Conques e vedi la luce che passa per questi pannelli di vetro colorato, come la luce colpisce il vetro e poi entra, creando una esplosione armoniosa all’interno della chiesa, è più che religioso. Ed è quello che cercava di ottenere con i suoi dipinti neri: catturare tutto ciò che gli stava davanti, ma in modo completamente indipendente. Ti mettono di fronte al vuoto, al pieno e al vuoto, alla forza e alla vulnerabilità. C’è questa tensione, che è quello che ha significato conoscere Soulages».
Il suo lavoro era fisico. Ogni giorno, anche se questo naturalmente si è modificato negli ultimi suoi anni, si recava nel suo studio di rue Saint Victor, nel Quartier Latin, dove il suo assistente preparava il materiale. Lasciava cadere la vernice su grandi tele per terra e poi iniziava a creare onde con strumenti fatti in casa.
«L’illusione non è arte, la presenza è arte», soleva dire, invocando l’aura delle statue mesopotamiche al Louvre e dei bisonti dipinti con il carbone nelle grotte preistoriche. «La mia arte non è rappresentazione, è presenza».
Altri articoli dell'autore
L’investitore italiano Nanni Bassani Antivari si è assicurato la natura morta con un’offerta di 26,7 milioni di euro a giugno, ma non ha ancora inviato denaro alla casa d’aste
I problemi sono strutturali: una leadership a due teste, con un direttore (Macel) e un direttore generale (Sylvie Corréard). Tanto che già nel 2013 si era dimesso dalla presidenza l’ex ministro della Cultura Jean-Jacques Aillagon
Dopo il successo della campagna che ha impedito al partito di estrema destra Rassemblement National di ottenere la maggioranza nelle recenti elezioni parlamentari, gli enti culturali, come il resto del Paese, devono affrontare molte incognite
A 135 anni dalla costruzione il simbolo di Parigi è in rovina, i funzionari litigano e i lavoratori del sito scioperano. I costi di restauro minacciano di andare fuori controllo, proprio mentre i Giochi Olimpici stanno per iniziare