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Redazione
Leggi i suoi articoliLo scultore statunitense postminimalista Joel Shapiro è scomparso il 14 giugno a New York, la città in cui era nato il 27 settembre 1941. Noto principlamente per aver ridefinito il linguaggio della scultura contemporanea con forme che sfumavano i confini tra astrazione e figurazione, nel corso della sua carriera ha esplorato la capacità della scultura di alterare il senso dello spazio e delle proporzioni con opere, in vari materali e realizzate con vari metodi, che testimoniano la resilienza umana di fronte alle avversità.
Dopo aver frequentato da giovanissimo i corsi di pittura del Museum of Modern Art a New York, si era iscritto alla University of Colorado a Boulder, lasciata dopo un anno per trasferirsi alla New York University. Dal 1965 al 1967 è in India con i Peace Corps e al rientro a New York inizia la sua carriera di scultore. Nel 1969 si diploma alla New York University. In quello stesso anno Marcia Tucker lo inserisce tra gli artisti della mostra al Whitney Museum of American Art «Anti-Illusion: Procedures/Materials». Le prime opere di Shapiro si basa sul linguaggio del minimalismo, per poi sovvertirlo, superarne i limiti e introdurre un modo di fare arte più intimo e denso di significati psicologici. . Crea disegni che consistono nel semplice accumulo di segni e sculture che riprendono la ripetizione di azioni e oggetti quotidiani.
Un altro tratto distintivo del minimalismo era l’uso di materiali industriali, ma Shapiro se ne serve in modi che sfidano le convenzioni e la logica. Ne è un esempio . «Untitled: 75 lbs.» (1970), scultura composta da una barra di magnesio e una barra di piombo, entrambe poggiate sul pavimento. Le due barre pesano esattamente 75 libbre, cioè circa 34 kg ciascuna, ma hanno dimensioni diverse (la trave di magnesio 1, 8 metri; quella di piombo circa 20 centimetri) il che le fa sembrare dissimili.Nel 1972 comincia una serie di dipinti e sculture in ferro. Nel 1973 incontra la pittrice Ellen Phelan, sua futura moglie, con la quale intraprende un produttivo scambio di idee che avrebbe notevolmente influenzato lo sviluppo del suo lavoro. Dal 1977 e per tutti gli anni Ottanta le sue opere diventano sempre più figurative. Lavora con materiali vari, dal legno al bronzo, all'acciaio, e a partire dal 1980 crea opere di grandi dimensioni. Salvo che nel caso di poche opere, Shapiro non ha mai dato un titolo alle sue creazioni. Quando gliene è stato chiesto il motivo, in un'intervista del 2007 al «Brooklyn Rail» ha risposto: «Non sono un grande poeta. La forma è un linguaggio a sé stante».
Shapiro ha realizzato più di trenta sculture in luoghi pubblici in Asia, Europa e Nord America, tra cui, nel 1991, un monumento per l'Holocaust Memorial Museum di Washington ed è stato oggetto di numerose mostre personali e retrospettive: alla Whitechapel Gallery di Londra (1980), al Whitney Museum of American Art di New York (1982), allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1985), al Walker Art Center di Minneapolis (1995-6) il Museum Ludwig di Colonia (2011) e al Nasher Sculpture Center di Dallas (2016), tra le tante. Sue opere sono presenti in collezioni pubbliche internazionali, quali il Museum of Modern Art, il Whitney Museum of American Art e il Metropolitan Museum of Art di New York, la Tate Gallery di Londra e il Centre Georges Pompidou di Parigi. Nel 1990 ha ricevuto l'Award of Merit Medal per la scultura dall'American Academy of Arts and Letters.
Dal 1992 lo scultore era rappresentato da Pace, la galleria in cui nel 1970 aveva tenuto la sua prima personale. «Per oltre 30 anni, è stato un onore per me rappresentare Joel Shapiro e considerarlo un caro amico, ha dichiarato Arne Glimcher, fondatore della galleria. Le sue prime sculture hanno ampliato le possibilità della scala e, nelle sue sculture figurative mature, ha sfruttato le forze della natura stessa. Con infinita inventiva, la precarietà dell'equilibrio esprimeva pura energia, proprio come Joel. Mi mancherà moltissimo».
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