Anna Aglietta
Leggi i suoi articoliHanno appena preso il via alla Laba, la Libera Accademia di Belle Arti di Brescia, i corsi del nuovo biennio dedicato alla fotografia. Il programma, strutturato da Mauro Zanchi, critico e curatore, è pensato come un laboratorio, in cui allo studio della tecnica è affiancato un importante lavoro di studio teorico. L’obiettivo è creare un centro di ricerca sul postfotografico, per riflettere e lanciare nuovi spunti sul futuro della disciplina. Per portare avanti il progetto, Zanchi è affiancato da un team che riunisce i principali attori italiani nella fotografia contemporanea. Per la teoria, partecipano nomi quali Aurelio Andrighetto («Doppiozero»), Sara Benaglia, Marco Archetti, Elena Bordignon («Atp Diary»), Sergio Giusti, Francesca Lazzarini, Carlo Sala (Premio Fabbri) e Rica Cerbarano («Il Giornale dell’Arte»). Tra gli artisti coinvolti, si contano invece Irene Fenara, Marina Caneve, Federico Clavarino, Simone Santilli (The Cool Couple), Alessandro Sambini, Maurizio Montagna, Nicola Di Giorgio, Marco Paltrinieri, Olivo Barbieri e Mattia Balsamini.
Mauro Zanchi, come nasce questo nuovo biennio della Laba?
Nel corso degli anni ho scritto saggi, articoli per riviste, condotto interviste e curato mostre, dedicandomi anche ai metalinguaggi collegabili al fotografico. Tutto questo è stato una sorta di indagine preliminare prima di approdare alle accademie. Da qui in avanti il tentativo è quello di sperimentare con gli studenti stessi, di mettere a confronto visioni generazionali diverse, quelle dei docenti e quelle dei ragazzi, che hanno ovviamente esperito qualcosa di diverso rispetto a quello che hanno studiato o hanno vissuto i docenti, per cercare di innescare interessanti svolgimenti, approfondimenti, opere, esposizioni. Ho cercato di indirizzare la visione del triennio e del biennio verso qualcosa che deve essere particolarmente attento a quanto sta accadendo nelle ricerche contemporanee. L’obiettivo del campus Laba è di prestare sempre attenzione a quanto accade nel flusso futuribile di questo tempo, che è molto complesso perché la tecnologia continua a spostare le questioni, mese per mese, mantenendo un occhio anche su come l’arte possa dialogare con le Intelligenze Artificiali generative.
Il biennio ha una forte componente teorica e di ricerca. Come mai?
La tecnica serve ed è praticamente fondamentale. Ma viviamo in un periodo storico molto complesso, dove conta di più capire che cosa sta accadendo, tra ricerche postfotografiche, metafotografiche, utilizzo globale delle «smartphonegrafie» e creazione di «promptografie» ottenute con AI text-to-image. Oggi le immagini computazionali si portano appresso tante problematiche, dalla fruizione e vendita dei metadati agli effetti collaterali indotti dal turbocapitalismo attuale. Nell’Accademia, sperimentale, parleremo quindi dei critici, filosofi e artisti, che hanno offerto nuove prese di coscienza su ciò che sta accadendo nel panorama delle immagini aumentate. Ci sono almeno una decina di teorici che insegneranno i temi più interessanti di ciò che è stato scritto negli ultimi vent’anni e quello che sta accadendo ora, e lo collegheranno alla tradizione della storia della fotografia e dell’arte.
Perché è importante mantenere uno sguardo sul passato e sulla storia della fotografia e dell’arte?
Bisogna fornire ai ragazzi un grande repertorio di ciò che è stato realizzato dal 1826 in avanti, far capire come certe sperimentazioni ottocentesche possano essere collegabili a qualcosa che è stato sperimentato negli anni ’70, nel periodo concettuale fotografico, o negli anni Duemila. Le tematiche continuano a essere sempre le stesse ma con una veste diversa, consona a ciò che accade nello scorrere del tempo e della storia. Le persone devono essere in grado di giocare con tutte queste possibilità e ingredienti diversi. La grande possibilità creativa è saper combinare in modo intelligente e originale qualcosa che non è mai stato fatto prima. Dobbiamo insegnare ai ragazzi tutto quello che è accaduto e sta accadendo, per fare in modo che non ripetano ricerche e opere già realizzate da altri artisti.
Quali sono secondo lei le prospettive future per la fotografia contemporanea?
Siamo cresciuti in un mondo in cui la storia è stata scritta sempre dai vincitori, in un indefinito oscuro mondo della non verità, o della non vera verità. In un mondo del genere, che cosa rappresenta la fotografia, che è sempre stata considerata un documento attendibile del reale? Come possiamo mostrare alla nostra società che cosa sia veramente accaduto? Come possiamo mostrare quello che sta accadendo ora nelle trame del capitalismo attuale? La macchina fotografica (che sia analogica, digitale, o con gestione algoritmica) e le Intelligenze Artificiali generative possono essere strumenti per indagare la realtà, sia politica, sia sociale, sia personale. Quindi il tentativo è quello di avere una visione più aperta ed estesa, di utilizzare il fotografico e le nuove tecnologie che verranno come se fossero possibilità di indagine più sottile del reale.
Qual è il ruolo dell’Intelligenza Artificiale in questo contesto?
L’Intelligenza Artificiale generativa è interessante soprattutto come metafora. Per ora abbiamo a che fare con intelligenze che non hanno una coscienza come quella degli esseri umani. Si tratta di questioni statistiche, vettoriali e algoritmiche. Possono però creare una connessione tra la creatività e un sapere enciclopedico fine a sé stesso. A me interessa capire come usarle per cercare di mettere in azione una mediazione con l’intelletto umano. Le indagini dovrebbero in qualche modo portare a una sorta di riavvicinamento, a una consapevolezza su come leggere la realtà e su come possiamo andare oltre molti limiti che ancora offuscano la nostra percezione del mondo.
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