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Una veduta della facciata della Fondazione. Foto di Giovanni De Sandre

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Una veduta della facciata della Fondazione. Foto di Giovanni De Sandre

Apre la Fondazione Rovati: dall’arte etrusca al contemporaneo

Dal 7 settembre apre a tutti il Palazzo progettato da Mario Cucinella: un Museo d’Arte che per Giovanna Forlanelli è anche un luogo di studi con la collezione etrusca e le opere commissionate a Paolini, Ontani e Simeti

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Il 7 settembre si apre a Milano un nuovo museo, quello della Fondazione Luigi Rovati, nato per volere di un privato ma aperto più che mai, per statuto, alla collettività.

E anche un museo diverso da quelli che siamo abituati a conoscere: «Si tratta piuttosto di un’infrastruttura culturale della Fondazione Luigi Rovati, precisa la presidente Giovanna Forlanelli, che va oltre la concezione tradizionale di luogo in cui fruire di mostre d’arte, perché si propone come un luogo di pensiero, di sperimentazione e di condivisione. Un’istituzione inclusiva, capace di rivolgersi a tanti pubblici grazie anche alla sperimentazione di sempre nuovi linguaggi, pensata con la finalità precisa di costruire progetti di utilità sociale».

Ideata inizialmente come luogo del primo nucleo della collezione etrusca appositamente acquistata per la Fondazione, nei cinque anni in cui Mario Cucinella con il suo studio MCA Architets ha radicalmente (ma rispettosamente) trasformato l’imponente palazzo tardottocentesco di corso Venezia 52 affacciato sui Giardini Indro Montanelli per farne la sede della Fondazione Luigi Rovati, l’istituzione ha cambiato volto.

Da un lato, è diventata un Museo d’arte, e non solo un Museo archeologico, avendo allargato i suoi orizzonti temporali e culturali fino alla contemporaneità; dall’altro si è data dei principi metodologici (otto «codici»: utilità sociale, conoscenza, espansione, inclusione, creazione, spazio, estetica e relazione) cui ogni suo progetto dovrà rispondere.
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E poiché è intitolata al medico e ricercatore, ma anche umanista e collezionista, Luigi Rovati (1928-2019), fondatore del colosso farmaceutico Rottapharm, la fondazione, che è diretta da Monica Loffredo, opererà, oltre che nell’ambito artistico, anche nell’ambito scientifico, in quell’osmosi fra questi domini che era propria della personalità del fondatore.

«Riguardo al versante etrusco, precisa Giovanna Forlanelli, i grandi musei italiani, da quello di Roma a Villa Giulia (magnifico ma purtroppo poco visitato, perché oscurato dai tanti altri musei della città) a quelli di Bologna e Firenze, fino a quelli, più piccoli ma straordinari, di Volterra, Tarquinia e di altri siti, ci hanno chiesto di diventare un tramite tra loro e il pubblico, una sorta di “antenna”, privilegiata dalla nostra collocazione in una città aperta al mondo come Milano. È un impegno che ci prendiamo volentieri, anche perché il nostro museo vivrà di alleanze e sarà in costante sperimentazione».

Il processo, tecnologicamente avanzatissimo, che ha restituito alla città un palazzo storico in disuso, creando questo nuovo polo culturale (3mila metri quadrati su sette piani, di cui due interrati), è raccontato nella piccola mostra «Fondazione Luigi Rovati: il cantiere e il processo» (a cura del comitato scientifico, composto da Mario Abis e Mario Cucinella con il coordinamento di Salvatore Settis) allestita nel Padiglione del giardino.

Gli interventi architettonici hanno riguardato innanzitutto i due livelli interrati, dove ha preso forma un museo ipogeo destinato alla collezione etrusca della Fondazione, nucleo originario del progetto, che tuttavia vedrà sempre «incursioni» e dialoghi fra l’archeologia etrusca e opere di altre epoche e di altre culture.
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Qui i nuovi spazi ospitano, al livello inferiore, il deposito con i reperti della collezione etrusca, in quello superiore (sotterraneo anch’esso), poste lungo un percorso sinusoidale che si snoda fra pareti rivestite da stratificazioni di pietra serena, una trentina di vetrine, spesso dedicate a un solo pezzo («perché ognuno offrirà lo spunto per un approfondimento», precisa Giovanna Forlanelli), con un focus sulla scrittura etrusca: «Non è vero, infatti, continua la presidente, che questa sia indecifrabile, come qui è chiaramente spiegato nell’intervento multimediale che abbiamo realizzato.

Un altro equivoco che vorrei sfatare è che il museo ipogeo alluda a una necropoli. Percorrendolo, ci si trova invece immersi in una “città”, perché l’urbanistica nasce etrusca: il concetto di città come lo intendiamo oggi l’hanno inventato gli Etruschi, e i Romani lo hanno ereditato e rielaborato
».

Uno spazio è poi dedicato ai laboratori e alla didattica per i bambini. L’altra area espositiva si trova al piano nobile: «Qui c’era un involucro molto formale, ideato da Filippo Perego per gli ultimi proprietari (la famiglia Rizzoli-Carraro, Ndr), e in questo contesto “classico” ora è il contemporaneo a dominare.

Abbiamo chiesto opere site specific a
Giulio Paolini, che ha creato un’installazione per il Salone d’Onore; a Luigi Ontani, che occupa la sala da pranzo, e a Francesco Simeti, che per il corridoio, dove c’erano bellissimi arazzi, ha creato dei lavori ispirati a quel bestiario. L’area un tempo occupata da cucina e office (trasformata in un white cube) è invece destinata alle piccole mostre a rotazione dell’“Ospite a palazzo”: ora c’è Sabrina Mezzaqui.

La biblioteca, poi, è diventata una Sala delle Armi, con reperti etruschi e un’importante armatura antica. In questi spazi si terranno le mostre d’arte, sempre all’insegna del dialogo tra le diverse epoche e culture
».
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Negli altri piani trovano posto gli uffici, la sala studio, la doppia sala conferenze e, al piano terreno, la grande hall con la biglietteria e lo shop museale, con oggetti raffinati di design, della casa editrice Johan & Levi (fondata da Giovanna Forlanelli nel 2005) e poi il caffè-bistrot e l’ingresso al «ristorante gastronomico», che si apre all’ultimo piano, con una vista grandiosa sulla città.

Ristorante e bistrot sono guidati dallo chef due volte stellato Andrea Aprea e sono stati disegnati da Flaviano Capriotti, che ha rivestito le pareti del ristorante con conci di bucchero, la ceramica nera degli Etruschi, mentre per l’interno del frontone del palazzo, visibile attraverso le vetrate, la Fondazione ha commissionato un intervento ad Andrea Sala.

Nel bistrot, infine, un lavoro di Mauro Ceolin. Libero a tutti l’accesso all’atrio («una “piazza” restituita alla città»), al Padiglione esterno, dove ci saranno mostre sempre gratuite, e al giardino: un tempo, un «giardino segreto», ora invece un bene restituito alla collettività.

La Sala Studi della Fondazione Rovati © Giovanni De Sandre per Fondazione Luigi Rovati

Il giardino della Fondazione Rovati © Giovanni De Sandre per Fondazione Luigi Rovati

La facciata interna del Palazzo della Fondazione Rovati © Giovanni De Sandre per Fondazione Luigi Rovati

Ada Masoero, 05 settembre 2022 | © Riproduzione riservata

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