Elena Correggia
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Il suo ruolo combina conoscenze e sensibilità in campi diversi, sfuggendo a univoche definizioni. Il consulente artistico, o nella dizione anglosassone l’art advisor, rappresenta una figura di riferimento per il collezionista, un consigliere prezioso per orientarsi nella compravendita di opere d’arte, anche in un’ottica di investimento. In Italia però non si tratta di un’attività regolamentata, non c’è l’obbligo di iscrizione a un albo professionale né esistono associazioni di categoria con un proprio codice deontologico.
Di fronte al moltiplicarsi di soggetti che si autodefiniscono art advisor, quali criteri adottare allora per scegliere con oculatezza, minimizzando i rischi, in un mercato come quello dell’arte che non brilla per trasparenza?
«In mancanza di leggi specifiche di settore, l’inquadramento normativo di questa attività trova riscontro negli articoli del Codice civile relativi ai contratti d’opera, spiega Cristina Riboni, partner dello studio legale CBM&Partners di Milano. In questa cornice l’impegno generico di professionalità da parte dell’art advisor si sostanzia in un’obbligazione di mezzi ma non di risultato. Anche per la determinazione del compenso il Codice si limita a fornire una gerarchia di fonti a cui fare riferimento (l’accordo fra le parti, le tariffe o gli usi, poco applicabili all’art advisory, e infine il giudice)». La genericità delle disposizioni di legge che si integrano malamente nella pratica della consulenza artistica rende quindi necessario fondarsi sul buonsenso. «Bisogna innanzitutto rivolgersi a persone accreditate sul mercato, acquisendo più informazioni possibili, anche attraverso la stampa di settore, continua Riboni. Il fatto che il professionista frequenti importanti fiere internazionali e collabori con istituzioni pubbliche può costituire un ulteriore indicatore di competenza».
Ma anche ad altissimo livello si può incappare in personaggi senza scrupoli, come insegna il caso del miliardario russo Dmitry Rybolovlev, indotto ad acquisti incauti e a cifre esorbitanti dal suo consulente, Yves Bouvier, che speculava su queste operazioni. «Uno strumento utile per far valere ex post le proprie ragioni in caso di contenzioso è quello di vincolare fin dall’inizio il consulente a un accordo scritto, che stabilisca le regole d’ingaggio, compresa una clausola specifica che dichiari l’assenza di conflitto d’interesse, aggiunge Riboni. Infine, occorre valutare le competenze in base all’artista e alla tipologia di opera che si intende vendere o acquistare, cercando una figura riconosciuta come specialista per quell’artista, tipologia, periodo storico o movimento artistico. Così come esistono avvocati civilisti che non trattano penale e viceversa anche in questo caso è indispensabile un alto grado di specializzazione. Quanto alla formazione è altrettanto importante che l’art advisor, oltre ad avere competenze storico artistiche conseguite con una laurea o un dottorato, abbia conoscenze aggiornate in materia di diritto d’autore, di Codice dei beni culturali e delle norme che regolano la circolazione delle opere d’arte».
Dopo la metà degli anni ’90, in Italia l’art advisory ha cominciato a essere offerto anche dalle banche e fra i primi istituti a proporre un servizio strutturato c’è stato il gruppo ora Intesa Sanpaolo Private Banking, avvalendosi dal 1998 della società Eikonos Arte, che assiste anche oggi i clienti dell’istituto di credito. «Eikonos Arte fornisce una valutazione del patrimonio artistico del cliente e, in base alle richieste ed esigenze specifiche, lo supporta e consiglia per evitare passi falsi e, al contrario, per cogliere le migliori opportunità offerte dal mercato, spiega Marina Mojana, storica dell’arte e presidente Eikonos Arte. Siamo due referenti, io per l’arte antica e Alberto Fiz per il moderno e contemporaneo, ma ci avvaliamo anche di una rete di consulenti dei più svariati settori dell’arte, dai ceramisti agli esperti di icone e argenti, solo per fare un esempio, e di specialisti se è necessario procedere ad approfondimenti attributivi. Il vantaggio di affidarsi a una società, invece che al singolo esperto o casa d’aste, è che possiamo indicare al cliente la varietà di diverse opportunità che di volta in volta hanno a disposizione per proteggere al meglio il proprio denaro, a seconda dell’opera o dell’oggetto che desiderano acquistare o vendere. In generale, per svolgere questa professione è fondamentale una solida formazione storico artistica per “farsi l’occhio” e capire se in un’opera c’è o meno qualità.
A questa competenza si deve abbinare poi una conoscenza del mercato e delle sue dinamiche. L’art advisory rappresenta il culmine di un percorso fatto di relazioni, conoscenza, contatti con i migliori specialisti, le case d’asta, gli archivi, i galleristi, gli antiquari: solo l’esperienza aiuta a comprendere chi in base alla singola opera è l’interlocutore più adatto per fornire il parere o il servizio più accreditato».
C’è infine chi sottolinea il ruolo di «terza parte» indipendente che l’art advisor deve assumere per far riflettere chi si affida alla sua consulenza. «Il collezionista spesso ha già una galleria o una casa d’aste di fiducia ma l’art advisor deve rappresentare quell’interlocutore super partes in più con cui confrontarsi per cercare di minimizzare i rischi, commenta Domenico Filipponi, art advisor che per anni ha svolto la sua attività per il gruppo UniCredit e prima ancora ha lavorato in Christie’s. Oltre a riconoscere il valore storico artistico di un’opera deve saperne valutare il prezzo analizzando il mercato, anche rispetto ai luoghi, ai tempi e ai contesti giusti per massimizzare la vendita o l’acquisto. Comprare opere d’arte scegliendo esclusivamente in base a ciò che piace è un errore, specie quando si tratta di esborsi impegnativi. Se a posteriori l’acquirente scopre che l’opera che lo appassionava era un falso, oppure è stata totalmente ridipinta, oppure gravata da aspetti non chiari sulla sua circolazione internazionale o, semplicemente, è stata comprata a un prezzo esagerato, nella maggioranza dei casi quell’opera non gli piacerà più. L’art advisor deve quindi condividere le sue conoscenze sugli aspetti che possono condizionare il prezzo, compiendo una sorta di educazione all’acquisto per favorire la consapevolezza nella scelta del cliente».
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