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Wenzel Peter, «Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre»

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Wenzel Peter, «Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre»

Arte, religione e civiltà: se ne parla al Giubileo degli artisti

«Come spiegare l'iconografia cristiana ai visitatori di altre religioni?», si domanda il direttore del Prado che con storici dell’arte e responsabili di istituzioni internazionali si è interrogato sul rapporto tra Chiesa, artisti e pubblico

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Arianna Antoniutti

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«La realtà culturale è stata ininterrottamente fecondata dal codice della religione». Così ha esordito il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede, in apertura del simposio «Sharing hope. Horizons for Cultural Heritage», svoltosi sabato 15 febbraio presso la Sala conferenze dei Musei Vaticani. Direttori dei grandi musei, storici dell’arte e responsabili delle istituzioni culturali internazionali si sono confrontati davanti a un pubblico composto da oltre 130 rappresentanti del mondo dell’arte e della cultura. Si è trattato di un appuntamento chiave del Giubileo degli artisti (15-18 febbraio), inscritto all’interno dell’anno giubilare dedicato al tema della speranza. Al termine della sessione del mattino, i lavori sono proseguiti nel pomeriggio con la lettura e discussione del Manifesto sulla trasmissione del codice culturale religioso, «un impegno, ha detto Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, che ci assumiamo in nome della speranza».

«Senza la chiave religiosa e culturale, i grandi musei nazionali diverrebbero un arsenale di oggetti di scarsa leggibilità, ha aggiunto il cardinale de Mendonça, il codice culturale e religioso rappresenta una sorta di atlante iconografico indispensabile, la cui mancanza è una carenza non solo culturale, ma anche di civiltà, perché significa perdere di vista una parte decisiva dell’orizzonte nel quale siamo storicamente inseriti».

Su questo tema si sono concentrati gli interventi di Gabriele Finaldi, direttore della National Gallery di Londra e di Miguel Falomir Faus, direttore del Prado. Quest’ultimo ha illustrato la sfida, da parte di un museo pubblico e nazionale, nell’identificazione della tematica sacra e della sua corretta traduzione al pubblico. «Negli ultimi decenni, con l’aumento esponenziale dei visitatori, molti provenienti da Paesi con altre tradizioni religiose, registriamo una minore conoscenza dell’iconografia cristiana». Anche Kaywin Feldman, direttrice della National Gallery di Washington, ha parlato della crescente frustrazione, da parte dei visitatori, nel non comprendere il significato delle opere di contenuto biblico e mitologico, ospitate dal museo.

Per Massimo Osanna, direttore Musei del Ministero della Cultura (MiC), il fulcro, per tutti gli operatori della cultura, deve essere il dialogo: «Per fare in modo che i nostri musei diventino luogo di incontro e di confronto, è necessario che essi siano innanzitutto accessibili per tutti. Proprio per questo il MiC, attraverso lo strumento del Pnrr, ha messo a disposizione 300 milioni di euro per l’accessibilità, non solo fisica ma anche sensoriale e cognitiva, degli istituti del nostro Sistema Museale Nazionale».

Per Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, è necessario, al fine di una corretta contestualizzazione degli oggetti di devozione, il superamento delle consuete categorie di arte sacra e profana. Questo per non rischiare di leggere «il passato profano come un tempo privo di devozione e di sacralità. L’antico Egitto è l’unico Paese in cui il divino ha sempre vissuto in mezzo alla popolazione».

Isabel Capeloa Gil, presidente della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche, ha parlato del metodo con cui vengono insegnati, nell’ambito delle università cattoliche, i codici religiosi, mentre Salvatore Settis, accademico Nazionale dei Lincei, ha sottolineato il compito importante, assegnato agli storici dell’arte, di indirizzarsi «alle nuove generazioni, che hanno sete di esperienze spirituali, ma che pure si allontanano dalla frequentazione del Vecchio e Nuovo Testamento e perciò quasi non riconoscono più quelle immagini e l’ordine di valori che vi è associato».

Anche Alessandro Zuccari, dell’Accademia Nazionale dei Lincei, partendo dalla propria esperienza di docente universitario, ha parlato della trasmissione del sapere alle nuove generazioni. «Riguardo i codici religiosi stiamo assistendo a un grande cambiamento. C’è molta difficoltà a riconoscere simboli e segni». Il valore della didattica è stato rimarcato anche da Vincenzo Fiocchi Nicolai, dell’Accademia Nazionale dei Lincei, che ha introdotto il problema della formazione degli operatori.

Pietro Zander, responsabile della Fabbrica di San Pietro, ha presentato la Basilica Vaticana come luogo, da sempre, di accoglienza. «Ogni giorno registriamo 50mila presenze, ma la bellezza di San Pietro non viene sempre compresa. Se tutti rimangono ammirati e stupiti di fronte alla Pietà di Michelangelo e al suo significato, altri simboli, come la croce rovesciata, strumento di martirio di san Pietro, rimangono invece sconosciuti. Non sembrano più avere quella capacità di comunicazione che possedevano in antico. Oggi la Basilica parla una lingua che deve essere tradotta». In che modo? La risposta secondo Zander è nella tutela, sia dei beni materiali che immateriali, e in un doppio binario di divulgazione: diretta e indiretta.

Marco Delogu, direttore del Palazzo delle Esposizioni di Roma, ha trattato il tema del rapporto fra Chiesa e artisti attraverso i secoli. Dalla crisi, iniziata con l’Unità d’Italia, fino all’oggi, con un focus sul linguaggio della fotografia. Alessandra Di Castro, antiquaria e presidente dell’Associazione Gruppo Apollo, ha presentato la figura di Wenzel Peter, pittore animalista autore del quadro «Il Paradiso Terrestre» (1800 ca), scelto come immagine guida del convegno. L’opera, è una delle «più amate e fotografate dei Musei Vaticani, ha spiegato Barbara Jatta, ma sono pochissimi i visitatori che riconoscono, nella figura dell’uomo e della donna circondati da animali, Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre». Alessandra Di Castro ha poi concluso il suo intervento illustrando l’attività del Gruppo Apollo, che riunisce i principali attori dell’industria dell’arte in Italia. Anche Pepi Marchetti Franchi, Senior Director Gagosian, dopo aver presentato l’attività del progetto Italics, ha espresso «la speranza che siano introdotti quei correttivi fiscali, la cui mancanza, in Italia, mette fortemente a rischio la creatività del Paese». Infine, a conclusione dell’incontro, Cristiana Perrella, curatrice del progetto «Oltre il muro. Regina Coeli Roma» ha intervistato il suo autore, Yan Pei-Ming. Fino al 15 maggio saranno esposti, nel nuovo spazio Conciliazione 5, 27 acquerelli dell’artista cinese: altrettanti ritratti della comunità del carcere di Regina Coeli: detenuti, operatori, volontari. 

Arianna Antoniutti, 17 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

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