Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Giorgio Guglielmino
Leggi i suoi articoliNegli ultimi anni siamo stati abituati a scoperte o riscoperte da parte delle grandi gallerie internazionali di artisti quasi dimenticati o sottovalutati. A volte tali operazioni hanno fini puramente commerciali e le gallerie dotate di considerevoli risorse finanziarie propongono sul mercato, forti della reputazione della loro realtà, autori che forse erano giustamente finiti nel dimenticatoio. Altre volte invece, come nel caso della Galleria Thaddaeus Ropac con l’austriaca ultraottantenne Martha Jungwirth, il talento viene finalmente premiato.
Questa volta la riscoperta di qualità la propone la Galleria Valentina Bonomo con una mostra personale di Umberto Bignardi, artista nato nel 1935 e morto nel 2022, che a partire dalla fine degli anni Cinquanta poco più che ventenne, si trova a Roma dove frequenta e stringe amicizia con Kounellis e Pascali. Entrando nella galleria e non conoscendo né Bignardi né l’epoca della produzione dei suoi lavori, la prima impressione che si ha è quella di un artista che si rifà, aggiungendo colore, a certe opere di Twombly.
Però poi si rimane spiazzati quando si guardano le etichette che accompagnano soprattutto i suoi lavori su carta perché le opere sono datate 1959, 1960, 1961. La sua ricerca in quegli anni era quindi parallela a quella del grande Twombly che egli stesso incontrò a Roma nel 1957 e che lo incoraggiò verso una pittura di gesti e segni.La mostra, curata da Lorenzo Madaro e intitolata «Di nuovo a Roma», presenta lavori storici dai colori forti, quasi sgargianti che egli creò negli anni Sessanta, decennio per lui congeniale e maggiormente produttivo. Sono di quel periodo le mostre nelle gallerie romane che contavano, da La Tartaruga a l’Attico di Fabio Sargentini e anche a Genova alla galleria La Bertesca e ancora a Napoli alla Modern Art Agency di Lucio Amelio.
Passano poi molti anni di relativo allontanamento dalla pittura dedicati soprattutto a lavori multimediali e alla attività di direttore artistico per grandi esposizioni nell’ambito della collaborazione con Olivetti e IBM a Milano dove nel frattempo si era trasferito. La mostra rimarrà aperta fino al 10 febbraio ed è una eccellente occasione da non perdere per assaporare l’atmosfera degli anni Sessanta, un decennio irripetibile, e per riscoprire un artista che in quegli anni il suo pezzetto di storia lo ha scritto con passione e qualità.

Veduta dell’allestimento della mostra «Di nuovo a Roma». Cortesia di Archivio Umberto Bignardi e Galleria Valentina Bonomo, Roma © Christian Rizzo

«Fiora» (1959) di Umberto Bignardi. Cortesia di Archivio Umberto Bignardi e Galleria Valentina Bonomo, Roma © Christian Rizzo
Altri articoli dell'autore
David Zwirner porta a Londra una nuova serie di immagini dell’artista tedesco non più rielaborate da fotografie tratte da internet
Da Lelong una inusuale esposizione di opere dell’artista tedesco che unisce grandi e piccoli formati dall’identica struttura pittorica
Alice nel Paese delle meraviglie • Incursioni nelle gallerie di Giorgio Guglielmino diplomatico e collezionista di arte contemporanea
Il gallerista austriaco attraversa le Alpi e sceglie il capoluogo lombardo per la sua settima sede