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Umberto Boccioni, Autoritratto, 1909 carboncino, tempera e pastello su carta, 435 × 383 mm Milano, Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco

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Umberto Boccioni, Autoritratto, 1909 carboncino, tempera e pastello su carta, 435 × 383 mm Milano, Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco

Boccioni cent’anni dopo

Boccioni cent’anni dopo

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Milano. A cento anni dalla morte dell’artista, Palazzo Reale ospita la mostra «Umberto Boccioni (1882-1916). Genio e memoria», aperta dal 23 marzo al 10 luglio e prodotta da Palazzo Reale con Electa, ideata dal Gabinetto dei Disegni della Soprintendenza del Castello Sforzesco, che conserva la più rappresentativa collezione al mondo di suoi lavori su carta, in collaborazione con il Museo del Novecento.

Curata da Francesca Rossi e Agostino Contò, la rassegna si fonda su un progetto di ricerca dal taglio scientifico fortemente innovativo, concepito all’interno degli istituti civici milanesi, che si snoda lungo un duplice filo: da un lato esplora la vicenda artistica di Boccioni attraverso il percorso tracciato dai disegni del Castello Sforzesco (che ne coprono l’intera parabola, dal 1906 al 1916); dall’altro indaga ed espone documenti inediti trovati di recente nella Biblioteca Civica di Verona, che hanno fornito agli studiosi una vera «bussola», consentendo loro di rileggere l’opera dell’artista attraverso il suo stesso sguardo. Una mostra rigorosa, ma non ostica, perché aperta a più livelli di lettura: oltre ai meravigliosi lavori su carta del Castello, ai disegni Winston-Malbin (dal Metropolitan di New York) e di altre importanti collezioni pubbliche e private e a una selezione di opere del Museo del Novecento, il percorso allinea, per un totale di 250 opere, splendidi dipinti (in gran parte connessi ai disegni, come il capolavoro «Materia», collezione Mattioli, o un ritratto non più visto dalla mostra postuma del 1916), e alcune delle opere antiche e recenti a cui Boccioni (di cui è atteso in tarda primavera il nuovo Catalogo generale curato da Maurizio Calvesi e Alberto Dambruoso, e pubblicato da Allemandi) guardò. Ne parliamo con la curatrice Francesca Rossi, responsabile del Gabinetto dei Disegni del Castello.

Francesca Rossi, in che cosa consistono i documenti ritrovati a Verona? 
Si tratta di due gruppi di documenti riconosciuti da Agostino Contò nella Biblioteca da lui diretta: provengono da una donazione della sorella di Boccioni, Amelia. Tra questi esponiamo una ricca rassegna stampa, conservata dall’artista, composta da ritagli di giornali e riviste degli anni tra il 1911 e il 1916, che ci offrono importanti indicazioni anche per il modo in cui furono selezionati e accostati. Ma ciò che ci ha fornito chiavi di lettura davvero affascinanti sull’arte di Boccioni è un inedito atlante iconografico raccolto da lui stesso, in cui si svelano parecchie sue fonti visive, da Dürer ai preraffaelliti: ciò che amò e studiò, ma che poi da futurista volle e seppe superare. Sono immagini accostate in modo talvolta criptico e azzardato, ma l’azzardo è dell’artista: noi ci limitiamo a prenderne atto (un regesto completo di tali documenti uscirà a breve, a cura di Rossi e Contò, presso Scalpendi, Ndr). In mostra abbiamo voluto inserire alcune di queste fonti visive, come il «Massimiliano I» di Ambrogio de Predis del Kunshistorisches Museum di Vienna, due dipinti di Anders Zorn e di J.-É. Blanche visti da Boccioni alla Biennale di Venezia del 1905, e un capolavoro di Frederic Leighton, accostato alla scultura «Forme uniche della continuità nello spazio».
Troveremo nuove datazioni? 
Certamente, soprattutto fra i disegni degli ultimi anni, detti «neocézanniani», studiati in particolare da Federica Rovati che, con valide argomentazioni, ha proposto nuove cronologie per più fogli. Per tutti cito il disegno relativo a «Sintesi plastica di figura seduta-Ritratto di Silvia» della Gnam di Roma (in mostra), in genere assegnato al 1915 e ora invece avanzato al 1916 sulla base di una testimonianza di Margherita Sarfatti che sinora era sfuggita. 
Perché la collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze? 
Con la collaborazione dell’Opd abbiamo effettuato indagini multispettrali minuziose sui disegni di Boccioni del Castello Sforzesco: le stesse che normalmente si eseguono su materie stratificate come la pittura e che per i disegni iniziano a essere realizzate su fogli antichi ma raramente su opere del XX secolo. Desideravamo avere dati più approfonditi sulla tecnica esecutiva molto complessa dei fogli di Boccioni e siamo grati che l’Opificio abbia realizzato con noi una ricerca tanto pionieristica.

Dal 4 novembre al 19 febbraio 2017 la mostra avrà una seconda tappa al Mart di Rovereto.
 

Umberto Boccioni, Autoritratto, 1909 carboncino, tempera e pastello su carta, 435 × 383 mm Milano, Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco

Umberto Boccioni, Il sogno - Paolo e Francesca, 1908-1909 olio su tela, 140 x 130 cm Collezione privata

Umberto Boccioni, Atlante delle immagini, 1895-1909 22 tavole con ritagli di riproduzioni artistiche e altri materiali a stampa su carta color paglierino, 59 × 39 cm ciascuna Verona, Biblioteca Civica, Fondo Callegari-Boccioni tav. A3r. Biennale di Venezia 1905, la madre, la bellezza femminile, il corpo della donna, la donna ornamento

Umberto Boccioni, La madre dell’artista, 1915 grafite e acquerello su carta, 651 × 530 mm New York, The Metropolitan Museum of Art ©Archivio Scala Group //© 2016. Image copyright The Metropolitan Museum of Art/Art Resource/Scala, Firenze

Umberto Boccioni, Dinamismo di un corpo umano, 1913 olio su tela, 100 x 100 cm Milano, Museo del Novecento

Ada Masoero, 23 marzo 2016 | © Riproduzione riservata

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Boccioni cent’anni dopo | Ada Masoero

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