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Sandra e Giancarlo Bonollo

Foto: Giovanni Canova

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Sandra e Giancarlo Bonollo

Foto: Giovanni Canova

Bonollo: «I migliori consigli vengono dagli artisti»

25 anni di passione per l’arte contemporanea è all’origine di un’istituzione non profit in provincia di Vicenza, la neonata fondazione dei due collezionisti

Elisa Carollo

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Una nuova fondazione di arte contemporanea ha aperto a Thiene, nell’alto vicentino, un territorio ricco di un grande patrimonio storico artistico dove però le incursioni del contemporaneo sono state finora limitate. All’interno di un monastero e una chiesetta a lungo dismessi, la Fondazione Bonollo, frutto di 25 anni di appassionato collezionismo di opere di artisti internazionali, si propone anche a sostegno di giovani talenti. I coniugi Bonollo, Giancarlo e Sandra, fautori dell’iniziativa, hanno raccontato a «Il Giornale dell’Arte» la loro avventura.

Partiamo dall’inizio: c’è sempre quel primo acquisto che «sblocca il timore». Qual è stata la vostra prima acquisizione?
Giancarlo Bonollo: Avevo un amico che lavorava in una piccola galleria ad Asiago e avevo iniziato a prendere dei lavori da lui. Proponeva artisti locali, successivamente anche del dopoguerra. Quando io e Sandra ci siamo trasferiti ciò che avevamo accumulato non ci piaceva più e, dato che dovevamo arredare la nostra nuova casa, leggevamo spesso i giornali di design. In quel tipo di stampa abbiamo letto di mostre allestite a Milano, dove andavamo spesso per lavoro; a un certo punto abbiamo deciso di andarle a visitare. Il primo approccio con una galleria è stato con Monica De Cardenas. Mi ricordo che c’era una mostra di Stephan Balkenhol che ci è piaciuta molto e là abbiamo preso la nostra prima opera. Ormai la curiosità si era attivata. Giravo spesso, anche all’estero per lavoro: ho iniziato a prendermi mezza giornata in più per visitare spazi d'arte. Il secondo acquisto è stata una fotografia di Nan Goldin da White Cube a Londra che allora era ancora una piccola galleria.

Che cosa significa collezionare in coppia? Come funziona?
GB: La prima opera è stata individuata insieme, poi, avendo bambini piccoli, Sandra non poteva girare tanto, ma abbiamo sempre condiviso le nostre scelte anche se talvolta sono prevalse le mie preferenze.

Sandra Bonollo: Ora che i ragazzi sono più grandi andiamo spesso insieme. Giancarlo mi mostra gli artisti e poi decidiamo di approfondirne la conoscenza in galleria. La passione è partita da lui, io l’ho condivisa nel tempo

C’è un’opera cui siete più legati?
SB: Per me è un’opera di Laura Owens di estrema eleganza e con interessanti risonanze di Matisse.

GB: Io ho un innamoramento se non a settimana almeno al mese. Però poi ho alcuni amori fissi, come due quadretti di Daniel Richter degli ultimi anni Novanta.

Collezionare ci accompagna negli anni ma con il tempo gusti e interessi cambiano. Come si è evoluta la vostra filosofia collezionistica? 
GB: Abbiamo iniziato con curiosità, eravamo anche neofiti, ma c’è stato un periodo splendido fra fine anni ’90 e i primi anni 2000 dove c’erano tanti artisti bravi. Ultimamente mi sembra che ci sia un’offerta enorme, ma che sia anche sempre più difficile «navigarla». In questo mare magnum bisogna saper scegliere bene e guardare tanta arte aiuta ad «affinare il palato».

Dove acquistate le vostre opere e quali sono le principali fonti di informazione che utilizzate per rimanere aggiornati?
GB: Ci sono sicuramente più canali rispetto a una volta, quando c’erano quelle 5 gallerie su cui ti potevi concentrare. Per questo oggi bisogna fare molta selezione. Preferiamo fiere un po’ più defilate, come Paris Internationale, Independent, Condo, o iniziative come la Berlin Gallery Weekend. Circa il nostro personale aggiornamento in materia, abbiamo alcune persone, tra curatori e amici galleristi o collezionisti, da cui accogliamo volentieri consigli. Ultimamente però i migliori consigli li riceviamo direttamente dagli artisti, che riescono a vedere ancora più lontano. Poi ci piace molto visitare le mostre personalmente, in spazi pubblici e privati: c’è tanto da imparare.

SB: È nelle fiere più piccole che scopriamo gallerie nuove e artisti nuovi, mentre se andiamo ad Art Basel troviamo nomi che in gran parte conosciamo

La vostra collezione presenta una grande varietà in termini di media, con installazioni museali. Tuttavia, per lungo tempo, avete preferito considerarla un «fatto privato». Perché avete deciso di renderla pubblica?
GB: Personalmente non ci avevo mai pensato, ma Sandra sì. E aveva ragione. È un peccato che le opere rimangano nascoste. Il mio vero obiettivo, tramite la fondazione, è però presentare anche artisti giovani.

SB: Possediamo opere ambiziose anche in termini di spazio richiesto. Alcune non le abbiamo nemmeno mai aperte. Sono pezzi che spesso hanno già girato per istituzioni e spazi museali, con prestiti sia in Italia che all’estero. Dapprima abbiamo provato ad aprire un dialogo per prestiti a lungo termine, o donazioni, a istituzioni nazionali o estere, ma, come sappiamo, la burocrazia qui è eterna e le tempistiche, complice il periodo della pandemia, hanno reso tutto impossibile. Così abbiamo iniziato a pensare di creare il nostro spazio nel nostro territorio e allo stesso tempo di promuovere artisti con un nostro progetto. Io ho sempre pensato a un «poi» per queste opere. 

Avete scelto di aprire la fondazione a Thiene, portando l’espressione contemporanea in un luogo in cui storicamente non c’è mai stata. Che tipo di risposta vi aspettate dal territorio?
SB: Rispondo sulla base di quella che è stata l’inaugurazione dell’8 giugno scorso. Abbiamo assistito a una forte partecipazione della cittadinanza e sono state molte le persone che ci hanno ringraziato. Sicuramente i visitatori meno abituati al contemporaneo non hanno apprezzato opere come quella di Neïl Beloufa, ma hanno guardato con interesse quelle di Isabella Ducrot (a cura di Marta Papini, Ndr).

GB: Come dicevo prima, al di là della collezione, la nostra ambizione è di crearci una buona reputazione nella promozione di artisti giovani e interessanti. Isabella Ducrot è stata un po’ un’eccezione, ma anche un omaggio al nostro amico Marco Altavilla a cui ero molto legato e grazie al quale abbiamo preso la decisione di prendere questo spazio.

La mostra inaugurale, «Lessico Famigliare» (sino al 21 dicembre), curata da Chiara Nuzzi, presenta opere di 13 artisti internazionali (Paweł Althamer, Ed Atkins, Neïl Beloufa, Claire Fontaine ecc.). Che cosa significa per voi aver aperto con questa selezione? 
GB: In realtà abbiamo dato carta bianca alla curatrice.

SB: Chiara Nuzzi ha dato un’immagine del nostro modo di collezionare negli anni, dai Novanta ad oggi. Con uno sguardo globale ha traslato la collezione fuori dagli spazi privati offrendo una nostra istantanea come collezionisti e come persone attraverso il tempo.

Elisa Carollo, 01 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

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