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Panoramica di una delle sale. In primo piano: «Recumbent figure» di Henry Moore. © Dolores Iglesias - Fundación Juan March

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Panoramica di una delle sale. In primo piano: «Recumbent figure» di Henry Moore. © Dolores Iglesias - Fundación Juan March

Che cosa c’era prima dell’America?

Nella Fundación Juan March di Madrid oltre 600 opere illustrano come le forme e i linguaggi dell’arte precolombiana hanno influenzato la costruzione della modernità americana

Antonio Aimi

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Fino al 10 marzo 2024 la Fundación Juan March di Madrid, che l’ha promossa e organizzata, ospita la mostra «Antes de América. Fuentes originarias en la cultura moderna», che si prefigge l’obiettivo di evidenziare l’influenza delle civiltà dell’antica America sulla cultura moderna. «Abbiamo voluto proporre uno dei tanti percorsi possibili in grado di mostrare come le forme e i linguaggi dell’arte precolombiana hanno influenzato la costruzione della modernità americana attraverso diverse proposte artistiche in differenti contesti ideologici e concettuali, ha dichiarato Rodrigo Gutiérrez Viñuales, curatore della mostra. Inoltre, abbiamo voluto far conoscere come, verso la metà del XX secolo, le culture dell’antica America sono state utilizzate non solo per rappresentare i linguaggi della stessa antica America, ma come base per “l’invenzione” di nuove opere d’arte».

Il percorso espositivo si articola in quattro sezioni: «Registro y reinterpretación (1790-1910)» presenta i documenti dei viaggiatori del periodo preso in esame e la visione dell’America nelle esposizioni universali di Parigi della seconda metà dell’Ottocento; «Reinterpretación e identidad (1910-1940)» documenta la produzione (reperti, libri ecc.) di artisti, architetti, fotografi e archeologi che si sono ispirati o hanno documentato o hanno studiato le culture indigene; «Identidad e invención (1940-1970)» espone le opere di diversi artisti partendo dalla bottega dell’uruguariano Torres García (Uruguay); infine, «Invención y conceptualismos (1970-2023)» che, oltre a presentare opere realizzate in anni molto recenti, si sofferma sulla Land art, sulle performance e sulla Videoarte.

Complessivamente sono esposte oltre 600 opere, che in un modo o nell’altro si sono ispirate o hanno fatto riferimento alle culture precolombiane: si tratta di dipinti, sculture, ceramiche, tessuti, disegni, fotografie, collane, mobili, ceramiche, libri, riviste, fumetti, manifesti, carte da gioco ecc. Le fotografie offrono una gamma molto varia del Nuovo Mondo, perché mettono a fuoco sia siti archeologici di primo piano (Machu Picchu, Chichén Itzá ecc.) come erano nel passato, quando erano conosciuti solo da pochissimi specialisti, sia feste, spettacoli, film e manifestazioni delle quali esistono pochissime testimonianze (basti pensare alle fotografie delle feste e delle sfilate organizzate nel 1910 per il primo centenario dell’indipendenza del Messico). In alcuni casi, inoltre, le fotografie sono particolarmente interessanti perché sono il risultato di scatti di artisti e fotografi di primo piano come Man Ray o Martín Chambi.
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Tra le opere che rappresentano in modo estremamente significativo l’incontro tra le culture dell’antica America e l’arte moderna si possono segnalare «Recumbent Figure» di Henry Moore e «Quipus» di Jorge Eduardo Eielson. La prima, oltre a essere un illuminante esempio di una splendida rielaborazione delle tipologie mesoamericane, con la corrispondenza «musicale» delle sue curve, ben ripropone anche quella «meravigliosa unità di forme» di cui aveva parlato lo stesso artista inglese. La seconda, invece, col suo nodo e la sua corda, mostra il tema centrale della riflessione dell’artista peruviano trasferitosi in Italia, dato che gli strumenti mnemotecnici del Perù preispanico, appunti i «quipus», erano fatti da nodi e corde.

Su un altro piano, inoltre, spiccano le opere di alcuni artisti che hanno riproposto molto fedelmente tipologie tipiche delle culture preispaniche integrandole con loro creazioni. Tra questi, Demian Flores, che ha realizzato una scultura in ceramica raffigurante una tipica figura della cultura Veracruz (100-900 d.C.) e l’ha arricchita con un europeo seduto su una poltrona, che sporge dal ventre. Sono visibili anche opere delle culture dell’antica America, tra le quali un «uncu» Huari (500-900 d.C.) e le bottiglie con ansa a staffa Moche (100-850 d.C.), che dialogano con altre piccole opere, anch’esse con ansa a staffa, di Ana de Orbegoso.

Riguardo ai futuri programmi espositivi della Fundación Juan March, il direttore Manuel Fontán del Junco ha anticipato che si terranno mostre dedicate a Saul Steinberg, a Robert Rauschenberg, a Roberto Burle Marx, alla presenza-assenza del colore nella storia dell’arte e alla storia del Museo di Arte Astratta Spagnola di Cuenca, che è parte della fondazione stessa.

Antonio Aimi, 23 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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