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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoli«Toscana ’900. Da Rosai a Burri. Percorsi inediti tra le collezioni fiorentine» a cura di Lucia Mannini e Chiara Toti fino al 10 gennaio (catalogo Giunti), nell’ambito del progetto «Piccoli grandi musei» quest’anno dedicato al Novecento, ricostruisce un’immagine assai ricca dei rapporti intercorsi tra le arti figurative e la musica o la letteratura, l’editoria e il design dagli anni Venti agli anni Settanta. Il percorso è suddiviso tra una parte dedicata a raccolte di fondazioni o istituti, in cui spicca la collezione del Monte dei Paschi di Siena (arricchitasi incorporando opere della Banca Toscana), con il notevole «La scuola» di Felice Carena, ma anche il Severini con le maschere italiane del 1928, dipinto per il mercante Léonce Rosenberg, o le nature morte degli anni Trenta di de Pisis e Carlo Levi; poi Rosai, Donghi, Morandi ecc. Un’altra parte concerne il collezionismo privato, seguendo un ordine cronologico che conferma una temperie culturale assai fervida; figurano Balla, de Chirico, Soffici ma anche Manzoni, Pascali, Fontana e Castellani, e opere di stranieri quali Picasso o Moore, legati alla città. Vi sono poi raccolte a tema come quella dei ritratti conservati nell’Archivio Bonsanti del Gabinetto Vieusseux: nei disegni di Leonetta Pieraccini, negli schizzi di Roberto Longhi o in quelli già «seriali» del suo allievo Pier Paolo Pasolini, o nei dipinti di Adriana Pincherle e nei gessi di Quinto Martini sfilano personaggi quali Moravia, Bigongiari, Dalla Piccola, Emilio Cecchi ecc. Il «primato del disegno» toscano è testimoniato dai fogli di Casorati, Baccio Maria Bacci, fino a Lorenzo Bonechi, provenienti dalla collezione dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Da non perdere la collezione di Loriano Bertini, donata alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, che riunisce raffinati esemplari di edizioni d’arte e libri d’artista, da Depero a Munari, da Kandinskij a Picasso, Duchamp, Dalí, Fontana e Warhol. Infine i gessi dell’Istituto d’arte di Porta Romana, specie quelli della felice stagione che vide direttore, dagli anni Venti, Libero Andreotti.
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