Luca Beatrice
Leggi i suoi articoliIl Futurismo, come il fascismo, non esiste più. Mentre il secondo è durato un ventennio nonostante qualcuno continui a scriverne, il primo si è esteso fino agli anni ’80 (quando c’erano i Nuovi Futuristi di Renato Barilli con Marco Lodola, Plumcake e qualche altro), ma si parla pur sempre di Novecento, finito da un pezzo.
Ma come sarebbe allora il «futurista» nei nostri anni ’20?
• Elegante. Riporta l’etichetta in un mondo di sciattoni e fricchettoni. Abito blu d’ordinanza, scarpa stringata sempre nera dopo le 18. Lo stile, innanzitutto, e piano con le manifestazioni di estro gratuito (niente gilet alla Balla, per intenderci).
• Conservatore. Contro la noia e il conformismo dell’arte progressista, socialmente impegnata su cronachistici, il «futurista» recupera le tecniche classiche, la cura per il ben fatto, l’indipendenza dalla politica. Chi è stato avanguardista nel secolo scorso oggi non può che essere reazionario, contro quest’arte di nessun valore e pedante.
• Patriota. Mentre tutti inseguono application, bandi, residenze all’estero (in posti così ameni che non ci vuole andare nessuno), il «futurista» non ha alcuna intenzione di muoversi dall’Italia, dove il tenore di vita è altissimo, la bellezza ci circonda e si mangia benissimo. D’altra parte, la Taverna del Santopalato mica puoi allestirla in un sushi «all you can eat».
• Snob. Al «futurista» di oggi non interessa fare gruppo. È svelto, intelligente, altezzoso e dunque non ha nessuna intenzione di tirare la volata agli altri, soprattutto se modesti. Sì, qualche amico ce l’ha, ma non intende espandere troppo in là la propria influenza e ama molto farsi i fatti propri.
• Nostalgico? Niente affatto. È rimasto tra i pochi a guardare il futuro con lungimiranza. L’arte di oggi non gli piace, ma non per questo fa discorsi passatisti. Però non si adatta, alle fiere si annoia, le biennali comincia a disertarle, ama la musica, il teatro, le serie tv. Non fa l’artista, ma è un artista. Dunque, non produce nulla perché non c’è più bisogno di nulla.
Altri articoli dell'autore
Il saggio scritto a quattro mani da Causa e Cifani, pubblicato da Giunti, mescola alto e basso, sacro e profano, in un excursus «anatomico» dall’antico al contemporaneo
Il beato angelico • Commenti non sempre beatificanti su fatti e misfatti di Luca Beatrice
Secondo il critico torinese è meglio un unico luogo anziché chilometri per gli sfaccendati dell’arte
La dimostrazione che usare l’arte come propaganda sia stata un’idea forte del fascismo