Raffaella Giuliani
Leggi i suoi articoliNelle catacombe dei SS. Marcellino e Pietro a Roma, l’affresco della lunetta dell’arcosolio di fondo del cubicolo detto della Madonna con due magi, dei primi decenni del IV secolo, mostra un’interessante variante iconografica del tema dell’epifania: Maria in trono col Bambino è affiancata, ai lati, da due figure di magi, anziché i canonici tre, i quali portano dei doni su vassoi. I sapienti sono abbigliati con il tipico costume persiano, che allude alla loro provenienza orientale.
Alle origini dell’arte cristiana non è infrequente trovare delle varianti iconografiche nel numero dei magi: seppur prevalente la classica terna, non mancano nell’arte delle catacombe e nelle cosiddette arti minori, scene di di epifania con numero pari di re, due, come nel caso della scena qui riprodotta, quattro e, forse, anche sei.
Tale singolarità in effetti ha molteplici spiegazioni: innanzitutto i vangeli canonici non specificano il numero dei re, ma quello dei doni, e solo la più tarda letteratura apocrifa determinerà sulla base appunto dei tre doni, l’opzione ternaria anche per i loro portatori.
In secondo luogo, l’esigenza di dare simmetria alla disposizione dei personaggi della scena può aver stimolato la variante iconografica, che indubbiamente rafforza il concetto di regalità ispirato dall’iconografia imperiale: Cristo è il re dei re, e si manifesta in tutta la sua maestà al mondo esterno, rappresentato dai sapienti venuti da mondi lontani, che si genuflettono a Lui solennemente, come in una scena di omaggio all’imperatore.
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