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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliNinive, Hatra, Nimrud, Mosul. Questi nomi, che rappresentano di per sé tremila anni di storia dell’antica Mesopotamia, rimandano oggi sempre di più alle immagini di distruzioni dei siti archeologici da parte dei miliziani dell’Isis. L’antica Mesopotamia (termine che in greco significa «terra tra i due fiumi», il Tigri e l’Eufrate) corrisponde infatti principalmente alle zone in guerra dell’Iraq dove l’inestimabile patrimonio storico è a rischio.
Poco dopo il saccheggio del museo di Mosul nel febbraio 2015, il presidente francese François Hollande aveva affidato a Jean-Luc Martinez, presidente del Louvre, una missione per la protezione dei beni culturali in pericolo nelle regioni del Medio Oriente sconvolte dai conflitti. Nella stessa occasione, Hollande aveva anche annunciato che nell’autunno del 2016 si sarebbe tenuta una grande mostra sulla Mesopotamia organizzata dagli esperti del Louvre. Una mostra «simbolica», una sorta di omaggio, dopo tanti scempi.
Ecco dunque che, un anno e mezzo dopo, il 2 novembre si apre al Louvre-Lens l’esposizione «La storia comincia in Mesopotamia» (fino al 23 gennaio). La curatrice Ariane Thomas, conservatrice al dipartimento di Antichità orientali del Louvre, spiega che il titolo si ispira al libro dell’assiriologo statunitense Samuel Noah Kramer, History begins at Sumer del 1956. Ma l’obiettivo della mostra è di andare oltre e allargare la visione di Kramer per «presentare che cosa è stata l’antica Mesopotamia storica e il valore fondamentale del suo patrimonio mondiale».
Si mette l’accento sul ruolo che il Louvre ha svolto nella riscoperta di questo glorioso passato a partire da metà Ottocento. Fu il primo museo in Francia a esporre le vestigia assire rinvenute durante gli scavi di Paul-Émile Botta sul sito di Khorsabad, nel 1843. La maggior parte delle opere esposte proviene dalle collezioni del museo parigino, ma prestiti importanti arrivano anche dal British Museum di Londra e dal Vorderasiatisches Museum di Berlino.
Il percorso, con circa 400 opere e un fondo di fotografie d’epoca mai mostrate prima, copre il periodo dalla fine del IV millennio a.C. al IV secolo a.C. Nella sezione dedicata alla religione è presentata tra l’altro la splendida statua di alabastro del dio Ebih-Il in preghiera, con gli occhi di lapislazzuli, che fu rinvenuta da André Parrot sul sito di Mari. Un’altra sezione ricorda che nel IV secolo a.C. in Mesopotamia è nata la prima forma di scrittura, la scrittura cuneiforme.
La Bibliothèque Nationale de France ha prestato la stele di Tak-Kesra, anche detta «il sasso di Michaux», che il botanico ed esploratore André Michaux riportò da Baghdad nel 1783. Il massiccio blocco di basalto è il primo monumento giunto in Europa in caratteri cuneiformi. Si ripercorre la storia della Mesopotamia anche attraverso i suoi re e le sue città.
Del museo di Berlino è il rivestimento in mattoni policromi, con un leone di profilo e le fauci spalancate, che rivestiva un muro lungo una delle strade principali di Babilonia durante il regno di Nabucodonosor (605-562 a.C.). La mostra si chiude sulla dominazione persiana e la caduta di Babilonia, nel 539 a.C., e la successiva conquista della regione da parte di Alessandro Magno, nel 331 a.C., che segna la fine della cultura mesopotamica.
In alcuni casi, per conservare la memoria di questa grande civiltà, è la tecnologia ad aiutare gli addetti ai lavori. La mostra presenta anche alcune esperienze virtuali in 3D realizzate per l’occasione. In accordo con il Louvre, l’università di Harvard ha per esempio potuto digitalizzare uno dei due tori monumentali di Khorsabad esposti nelle sale del dipartimento di Antichità orientali.
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