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Particolora dello stand di Gagosian con una scultura di Carol Bove

Cortesia di Giorgio Guglielmino

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Particolora dello stand di Gagosian con una scultura di Carol Bove

Cortesia di Giorgio Guglielmino

Frieze London abbassa i prezzi e vince

Le due fiere sorelle assumono due approcci diversi alle fluttuazioni del mercato


 

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Giorgio Guglielmino

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L’artista Billy Childish al lavoro nello stand di Lehmann Maupin. Cortesia di Giorgio Guglielmino

Una importante gallerista asiatica che in passato era presente nell capitale britannica, quest’anno ha deciso di non prendere parte con un proprio stand a Frieze. La sua motivazione? «Frieze London is too British». Non so a quale caratteristica della indole inglese si riferisse ma se c’è stata una particolarità dell’edizione 2024 della fiera è stato l’understatement britannico, una sorta di minimizzazione della realtà che si è risolta in un fattore vincente. Ci sono state ovviamente alcune vendite plurimilionarie: Arshile Gorky a 8,5 milioni di dollari, Francis Picabia a 4 milioni di dollari (entrambi da Hauser & Wirth) e Lisa Yuskavage a 2,2 milioni di dollari (David Zwirner). Ma la quasi totalità delle offerte e delle vendite si è divisa in due gamme più basse di prezzi: 400-600mila la prima e fino a 100mila la seconda. Ben lontano dalle cifre delle edizioni passate quando il primo giorno veniva sempre annunciata una vendita sopra i 20 milioni di dollari e si trovavano vari lavori offerti tra 1 e 5 milioni di dollari.

Intorno al mezzo milione le vendite più interessanti sono state quelle di William Kentridge (650mila dollari, Hauser & Wirth), Lee Lozano (550mila dollari, Hauser & Wirth), Lucio Fontana (520mila euro, Hauser & Wirth), Yayoi Kusama (670mila dollari, David Zwirner), Steven Shearer (450mila dollari, David Zwirner), Al Held (450mila dollari, White Cube), Alicja Kwade (500mila dollari, Pace). Un discorso a parte merita Gagosian che quest’anno ha presentato forse il più elegante e significativo stand dell’intera fiera: uno spazio aperto con nove alte sculture di Carol Bove che parevano una foresta bellissima e al tempo stesso inquietante. Offerte a 850mila dollari l’una, nelle prime ore ne erano già state vendute quattro. E nella categoria fino a 100mila? Una quantità davvero ragguardevole di lavori significativi e prezzi abbordabili. Le vendite più interessanti sono state: Clare Woods (12 opere vendute tra 35 e 175mila sterline, Stephen Friedman), Rose Wylie (una scultura a 120mila dollari, David Zwirner), Joseph Kosuth (120mila euro, Sprüth Magers), Thea Djordjadze (50mila euro, Sprüth Magers), Mire Lee, artista che attualmente occupa la Turbine Hall della Tate (40mila euro, Sprüth Magers), Robert Longo (90mila dollari, Thaddaeus Ropac), Billy Childish, che ha dipinto dal vero l’intera prima giornata all’interno dello stand della sua galleria coadiuvato dai suoi due figli (11 lavori tra 50mila e 100mila dollari, Lehmann Maupin), Shafei Xia (cinque opere tra 4 e 20mila euro, P420), Sol Calero (30mila euro, Francesca Minini), Robert Mapplethorpe (15mila dollari per una splendida rara polaroid, Xavier Hufkens), Salvo (alcune opere tra 80mila e 100mila dollari, Mazzoleni). Dopo aver citato quello di Gagosian come il miglior stand della fiera, non si può non citare l’opera forse più discutibile: un’installazione di Nancy Spero proposta da Lelong consistente in uno stenditoio al quale erano appese ad asciugare una serie di mutandine femminili, non è dato sapere se provenienti dal guardaroba intimo dell’artista.

Un discorso a parte merita Tracey Emin le cui opere erano presentate da ben quattro gallerie: White Cube, Lorcan O’Neill, Xavier Hufkens e Counter Editions. Alcuni lavori sono stati venduti, incluse 4 non belle placche in bronzo a 80mila sterline ciascuna da White Cube, ma la qualità generale delle opere era piuttosto discutibile. Il suo lavoro più bello? Un minuscolo bronzo di 10 centimetri raffigurante il suo gatto, prodotto in 100 esemplari. Xavier Hufkens ne ha venduti 6 il primo giorno a 8mila sterline ciascuno. Scegliendo di proporre opere a prezzi più ragionevoli, Frieze London ha fatto la scelta vincente, ha soddisfatto i collezionisti e il pubblico in generale non si è sentito in soggezione da prezzi esorbitanti. Tutto questo a Frieze London, ma è stato lo stesso a Frieze Masters? Non esattamente: si è notato il divario di approccio e di prezzi tra le due fiere sorelle. I galleristi di Frieze London si sono resi conto della diversa aria che spira sul mercato, molti di quelli a Frieze Masters no. Prezzi e atteggiamento erano quelli degli anni delle vendite d’oro. Un esempio a Frieze Masters: una galleria proponeva un’opera su carta di Sam Francis del 1957 allo stratosferico prezzo di 1,3 milioni di dollari. Un’altra galleria, specializzata in opere su carta, offriva un altro Sam Francis del 1956 piú piccolo ma decisamente più interessante a 350mila dollari. Negli stessi giorni della fiera Phillips ha venduto all’asta un Sam Francis più tardo, del 1971, ma un’opera davvero bella a… 11mila sterline. Follia dei prezzi, ma per fortuna Frieze London ha capito e si è adattata.

Giorgio Guglielmino, 18 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

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