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Alessandro Giuli

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Giuli: «La cultura è di tutti: mettiamo le periferie al centro»

Nel suo discusso discorso «teoretico», il neoministro ha indicato molti temi: assunzioni e riforma del Ministero, editoria, fotografia, borghi, mostre e welfare nei musei

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Arianna Antoniutti

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Tutela e valorizzazione dei beni culturali, fotografia, borghi, periferie, progetti espositivi per il 2025, nuove assunzioni per il Ministero della Cultura (MiC) e riforma del suo assetto. E, ancora, sostegno all’editoria, musei al servizio del welfare, necessità di superare la dialettica, nell’ambito del patrimonio culturale, tra gratuità e profitto. Lo scorso 8 ottobre, presso la Sala del Mappamondo di Montecitorio, le Commissioni Cultura di Camera e Senato hanno svolto l’audizione del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulle linee programmatiche del suo dicastero. 

La lunga esposizione ha delineato un ampio arco di linee guida che, per Giuli, non possono che «rispondere a una variazione sul tema dell’articolo 9 della Costituzione, saldo punto di riferimento e ancoraggio» per la promozione della cultura, della ricerca scientifica e tecnica e per la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione. Giuli ha annunciato iniziative future ma anche la prosecuzione di quelle già avviate dal suo predecessore, Gennaro Sangiuliano, il cui capo di Gabinetto, Francesco Gilioli, è stato rimosso proprio da Giuli «essendo venuto a mancare il rapporto fiduciario», come recita una laconica nota diffusa dal MiC. 

Un passaggio del discorso di Montecitorio, definito dallo stesso Giuli «teoretico», incentrato sulla fraintesa dialettica fra culture scientifiche e umanistiche, è stato attaccato da parte della stampa e da vari esponenti politici perché ritenuto criptico. «Fare cultura, ha detto il neoministro, è riaffermare continuamente la centralità dell’uomo e ricordare la lezione di umanesimo integrale che la civiltà del Rinascimento ha reso universale: non l’algoritmo ma l’umano, la sua coscienza, intelligenza e cultura, immaginano, plasmano e formano il mondo». Il Ministero, ha annunciato Giuli, continuerà a essere partecipe e a farsi promotore di progetti interministeriali che vanno dalla rigenerazione urbana alla tutela del paesaggio, dalla ricerca scientifica all’esplorazione delle nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale, fino al tema dell’accessibilità alla cultura. Cultura intesa come sistema, come modo di connettere uomo, natura e sviluppo sostenibile. A questo proposito Giuli ha evocato la figura di Paolo Portoghesi, non solo grande storico ma anche pioniere dell’architettura bioclimatica ed ecocompatibile. Portoghesi aveva già evidenziato come la cultura debba essere intesa come un bene comune, capace di connettere centro e periferia. È necessario «interessarsi delle periferie senza più considerarle tali, prima che esse si riversino con tutte le loro difficoltà e contraddizioni dentro quello che a volte, con troppa superficialità, chiamiamo centro storico e Ztl. Questo è un elemento fondamentale nelle linee programmatiche di chi abbia a cuore la cultura come servizio pubblico». Ancora, sulla rigenerazione culturale delle periferie italiane, ha aggiunto come sia necessario incoraggiare l’accesso ai saperi «sostenendo le biblioteche che sono avamposti di democrazia, di formazione, di socialità. E questa è una prima risposta al mondo dell’editoria». 

Giuli ha inoltre parlato anche dei borghi «che vanno spopolandosi». È necessario, ha detto, «risvegliare ogni specifica realtà fin nel suo genius loci, in un processo di riconnessione che immagini percorsi culturali integrati, che siano fattori di sviluppo culturale, turistico e sociale». Un fattore di sviluppo sociale va ritrovato anche nei musei, dove potranno essere identificati, secondo il ministro, spazi adatti per offrire servizi di welfare «in particolare per l’infanzia. Ci piace l’idea di bambini che possano crescere e vivere nella cultura sin da piccoli». Commentando l’introduzione del biglietto per l’ingresso al Pantheon, che ha portato un introito per le casse pubbliche di circa 12 milioni di euro in un anno «senza mortificare il flusso di visitatori», Giuli ha asserito che la gratuità assoluta, «al di là della possibilità che finisca per deprezzare la qualità dell’offerta, è comunque impossibile da un punto di vista oggettivo, perché genererebbe voragini nei conti del Ministero». È doveroso, ha aggiunto, «identificare un sistema di redistribuzione sociale degli utili. Bisogna concepire il ricavo della cultura quasi fosse una tassa di scopo». 

«Il 2025 ci vedrà al lavoro, ha proseguito, su grandi mostre che andranno all’estero, mentre saremo impegnati nella semplificazione dei meccanismi autorizzativi per i prestiti internazionali, e per l’utilizzo dell’enorme patrimonio custodito nei grandi depositi di opere d’arte». Nello specifico dei progetti espositivi, è in programma una mostra dedicata ad Antonio Gramsci e una a «Pasolini in combinazione con Mishima. Sarà un’inedita confessione di due maschere». Grande attenzione è stata poi rivolta da Giuli a un sito archeologico della capitale, la Crypta Balbi, attualmente interessato da un progetto di totale trasformazione, finanziato con 71 milioni di euro dal Programma Nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr: «Racconteremo la storia di Roma e quindi d’Italia in un luogo centrale, la Crypta Balbi: stiamo pensando al racconto di un viaggio nei millenni dalla Roma antica, passando per il Medioevo, dalla Roma dei Papi, rinascimentale, fino alla Roma delle vittime del terrorismo».

Per quanto concerne invece il contemporaneo, ha annunciato, «sosterremo talenti nel campo dell’arte, dell’architettura, della fotografia. E sulla fotografia sarà necessaria una particolare sottolineatura, perché il Ministero si appresta a varare un Piano nazionale che vedrà nel Mufoco, il Museo di Fotografia Contemporanea, il centro cardinale di valorizzazione». Nel 2026 sarà proclamata la prima Capitale italiana dell’arte contemporanea, riconoscimento «istituito per incoraggiare e sostenere la capacità progettuale attuativa delle città italiane nel campo della promozione e valorizzazione del contemporaneo». L’iniziativa è stata ricordata assieme alle altre promosse dal Ministero negli ultimi due anni: la futura apertura di Palazzo Citterio a Milano, gli Uffizi come museo diffuso e l’ex Albergo dei Poveri a Napoli, che diverrà «una delle più grandi infrastrutture culturali d’Europa».

Sempre nel segno della continuità, ha aggiunto il ministro, si andrà avanti con il procedimento di assunzioni all’interno del MiC, che ha portato finora «a un inserimento nei ruoli di 4.205 unità, e che vedrà l’ingresso di ulteriori 1.400 unità entro la fine dell’anno. È intenzione di questo Ministero programmare un ulteriore reclutamento di risorse che possa garantire un passaggio di conoscenze tra i lavoratori presenti e i futuri neoassunti, con l’obiettivo di massimizzare l’esperienza acquisita, e soprattutto garantendo la non dispersione dell’ingente e variegato bagaglio di competenze tecniche». Si lavorerà inoltre «all’istituzione di nuovi profili professionali per garantire l’adattamento del personale alle novità tecniche e alle tecnologie che stanno investendo e trasformando la società contemporanea».

Per quanto concerne il decreto di riorganizzazione del MiC, che ha visto il passaggio dalla struttura segretariale a quella dipartimentale, Giuli ha dichiarato che la riforma ha la finalità di migliorare e rendere più agevole l’esercizio delle funzioni. Ciascuno dei quattro nuovi Dipartimenti (Dipartimento per l’amministrazione generale, DiAG; Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, DiT; Dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale, DiVa; Dipartimento per le attività culturali, DiAC) secondo Giuli «esercita in modo più efficace e rapido la funzione di coordinamento dei compiti attribuiti alle Direzioni generali afferenti. Mentre un apposito strumento di raccordo, la Conferenza dei capi dei Dipartimenti, presieduta dal ministro, assicura il coordinamento della programmazione delle attività amministrative, nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi fissati dall’organo di indirizzo politico».

Al di fuori del territorio italiano, infine, il ministro ha ricordato l’impegno verso il patrimonio culturale ucraino: «Non permetteremo, l’abbiamo promesso e lo stiamo dimostrando con i fatti, che l’arte, l’architettura e i tanti segni della cultura di un grande popolo europeo come quello ucraino vengano distrutti dalla guerra». Critiche e rilievi alle linee guida, ha concluso il ministro, sono benedetti e ben accetti, perché «la via del confronto c’è sempre, per chi vuole percorrerla». Le sfide sono impegnative e numerose, aperte su più fronti. A pesare sul futuro c’è proprio il nodo della riorganizzazione del MiC: contrariamente al pensiero di Giuli, non pochi esperti temono che porterà a un lungo periodo di scarsa operatività. 

Arianna Antoniutti, 12 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

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