Luca Beatrice
Leggi i suoi articoliCerto il meglio di sé l’ha dato tanti anni fa, con le opere realizzate durante l’età dell’oro dell’Arte povera, però Michelangelo Pistoletto ha continuato a lavorare, a voler dire la sua sugli argomenti più disparati e, soprattutto, è stato lui a rendere popolare l’Arte povera fino a un po’ di tempo fa cosa per specialisti. Proprio come ha fatto Marina Abramovic con la performance, e non a caso oggi loro due sono tra gli artisti più conosciuti dal pubblico dei «non addetti». Per il suo 90mo compleanno Pistoletto ha ricevuto omaggi e onori in tutta Italia, il più recente al Castello di Rivoli, dove fino al 25 febbraio 2024 occupa la Manica Lunga con un percorso attraverso l’intera produzione, riproducendo tutti i suoi lavori più famosi, reinstallati per l’occasione.
Un’idea molto simile a quella di Maurizio Cattelan per la mostra «All» al Guggenheim di New York (2011-12), sviluppata in orizzontale anziché in verticale, ma con la medesima ispirazione e intenzione. La mostra termina su una porta chiusa e oscurata. Non riesco a togliermi dalla testa il pensiero che ciò rappresenti una fine, un’antologica che sembra postuma, la chiusura della lunga direzione di Carolyn Christov-Bakargiev e (forse) l’apertura di una nuova era.
Finale col botto, non c’è dubbio, ma pur sempre necessario, serve un cambio di rotta, il Castello può provare a riposizionarsi nel circuito delle grandi mostre. Chiude Pistoletto e apre Francesco Manacorda, direttore designato che non c’era proprio bisogno di passare per il bando, tanto lo sapevano anche i sassi che sarebbe stato lui. Che farà di nuovo? Riuscirà Rivoli a sganciarsi dalla sua gloriosa matrice per provare a offrire qualcosa di diverso? Per il momento rendiamo ancora una volta omaggio a Pistoletto, aspettando Godot o chi per lui.
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