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Heinz Mack, «Untitled (Chromatic Constellation)», 2022

Courtesy Almine Rech

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Heinz Mack, «Untitled (Chromatic Constellation)», 2022

Courtesy Almine Rech

Heinz Mack inaugura la sua prima personale newyorkese

Il percorso alla galleria Almine Rech omaggia oltre settant’anni di ricerca artistica tra luce, materia e spazio

Dal 9 maggio al 14 giugno, Almine Rech, a Tribeca, ospita la prima personale di Heinz Mack, «From ZERO until Today»,  nella sede americana della galleria. Un viaggio visivo e concettuale che ripercorre oltre settant’anni di ricerca artistica, dalla fondazione del movimento ZERO fino alle più recenti esplorazioni luministiche. La mostra raccoglie 22 opere che attraversano le tappe fondamentali del percorso dell’artista tedesco, figura cardine dell’avanguardia europea del dopoguerra e co-fondatore del movimento ZERO. La luce, da sempre al centro della pratica di Mack, si manifesta in tutte le sue forme: dal monocromo vibrante ai rilievi metallici, dalle sculture cinetiche alle installazioni ambientali. La mostra è una retrospettiva condensata che consente di apprezzare sia la coerenza della sua visione sia l’evoluzione tecnica e poetica del suo linguaggio. Negli anni ’50, in pieno clima di ricostruzione e riflessione esistenziale postbellica, Mack e Otto Piene fondano ZERO come punto di ripartenza per l’arte. Il «grado zero» evocato dal nome è carico di potenzialità: una nuova era di sperimentazione, che rifiuta l’espressività soggettiva dell’informale per indagare luce, vibrazione, silenzio. Già nelle opere storiche come «Ohne Titel» (1958) e «White Silence» (1960), Mack lavora superfici in resina sintetica per scolpirle con griglie minuziose, studiando il comportamento della luce su rilievi appena percettibili. È qui che il monocromo diventa campo ottico e fenomenologico, anticipando le installazioni interattive degli anni successivi. Mack porta avanti la sua riflessione introducendo materiali metallici come l’alluminio, con cui realizza rilievi luminosi ed esperienze tattili della luce. Opere come «Vibration der Schatten» (1958) o «Vibration» (1959) mostrano la sua vicinanza, e al tempo stesso la sua distanza, da artisti come Yves Klein. Se Klein si consacra al blu, Mack elegge l’argento a cifra stilistica, trasfigurando superfici industriali in paesaggi ottici. Durante una residenza in Giappone nel 1970, Mack sviluppa opere cinetiche come «Japanische Trias», in cui dischi rotanti amplificano i riflessi e introducono una dimensione temporale. In «Immaterial Erscheinung» (2022), una delle sculture più recenti, una sfera trasparente sembra fluttuare nello spazio, evocando visioni quasi alchemiche. Nelle opere più recenti Mack torna alla pittura, ma con una rinnovata attenzione al colore: i dipinti della serie «Chromatische Konstellation» mostrano combinazioni prismatiche e geometrie che dialogano con l’orfismo di Sonia e Robert Delaunay e l’equilibrio astratto di Paul Klee. Lontano dall’essere un ritorno alla forma, si tratta piuttosto di una nuova frontiera della luce, pensata non solo come fenomeno fisico ma come veicolo emotivo e spirituale. Come sottolinea Valerie Hillings, direttrice del North Carolina Museum of Art, la produzione di Heinz Mack è caratterizzata da una dualità costante tra concretezza materiale e immaterialità percettiva. Le sue «Stelen», pilastri scultorei pensati per il deserto del Sahara, sono un simbolo perfetto di questa tensione: monumenti fisici alla luce, ma anche ponti concettuali tra natura, arte e spiritualità.

Redazione, 07 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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