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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliIl Louvre accetta, eccome, l’eredità di Bernardo Caprotti e rispetterà le ultime volontà dell’industriale milanese, fondatore e proprietario della catena di grande distribuzione Esselunga, morto nel settembre 2016. L’olio su tela di Edouard Manet, «La Vergine col coniglio bianco», copia di un dipinto di Tiziano che appartiene già al museo, è entrato nelle collezioni parigine e sarà esposto sin da questo autunno accanto all’originale. Proprio come aveva chiesto Caprotti nel testamento, sottoponendo il suo dono a una sola e unica condizione, «l’onere, aveva scritto, che venga esposto accanto al Tiziano originale».
In un comunicato del mese di luglio, il Louvre ha confermato l’acquisizione del dipinto che necessitava del via libera del Ministero francese della Cultura. A rigore l’opera del maestro impressionista, dipinto verso il 1850-60, non rientra nell’ambito scientifico del Louvre, le cui collezioni, certo ricchissime, vanno dal Medioevo al 1848. Sul periodo dal 1848 al 1914 è competente invece il Musée d’Orsay. Sarebbe dunque potuto apparire incongruo presentare il Manet nelle sale dedicate ai maestri del Rinascimento italiano. Incongruità a cui però il Louvre ha posto rimedio: allestire la copia di Manet accanto all’originale di Tiziano permetterà, ha scritto il museo nella nota, di «ricordare l’importanza del Louvre nella formazione del pittore che figura tra i grandi rivoluzionari della pittura occidentale del XIX secolo. Riproducendo l’originale con fedeltà, precisione e in scala reale, si legge, fu molto probabilmente realizzata all’interno del museo e si distingue dagli altri studi per la grande cura apportata nella realizzazione.
Si può immaginare che, come il “Concerto campestre” di Tiziano, anche la “Vergine con il coniglio” abbia nutrito l’ispirazione del pittore sul tema della figura umana nel paesaggio naturale». Il Louvre ricorda anche la storia del quadro di Manet, che l’artista conservò con sé, nella sua bottega, fino al gennaio 1875, quando venne ceduto al baritono e collezionista Jean-Baptiste Faure.
Il quale, tra l’altro, tre anni dopo, acquistò da Manet anche il «Déjeuner sur l’herbe». È nella primavera del 1959 che Bernardo Caprotti concluse l’acquisizione, tramite la mediazione del critico d’arte Enrico Piceni, della copia di Manet, che apparteneva a Louise Reinhardt Smith, vedova di Bertram Smith, morto pochi mesi prima. Sono anni che il quadro non viene esposto. L’ultima volta, alla galleria Wildenstein di New York, risale al 1937. Da allora gli specialisti hanno potuto osservarlo soltanto tramite antiche riproduzioni fotografiche in bianco e nero. Il piacere di farlo riscoprire al pubblico tocca dunque al Louvre.
E pensare che questa bella eredità, lo ricordiamo, avrebbe potuto riceverla la Galleria d’Arte Moderna di Milano se non fosse che il patron di Esselunga aveva cancellato dal testamento tutte le donazioni di opere d’arte previste per il museo milanese. All’origine della decisione, un litigio con gli esperti del museo sull’attribuzione di un’opera, probabilmente della scuola di Leonardo, donato a Milano e «di possibile grande interesse e ingente valore», ha scritto Caprotti nel testamento, ma «contestato» da una parte degli esperti dell’istituzione.
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