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«Flamingo» di Alexander Calder (1974) a Chicago fa parte della collezione della General Services Administration

Foto di JeremyA, via Wikimedia Commons

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«Flamingo» di Alexander Calder (1974) a Chicago fa parte della collezione della General Services Administration

Foto di JeremyA, via Wikimedia Commons

I licenziamenti dell’amministrazione Trump lasciano in un limbo più di 26mila opere

Quasi la metà dei lavoratori della General Services Administration addetti alla conservazione di opere d’arte e storiche è stata messa in aspettativa e probabilmente verrà licenziata. In tutto il Paese è a rischio la tutela di sculture e dipinti di artisti di spicco commissionati dall’agenzia governativa

Mentre l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump prosegue nella sua radicale riduzione dell’organico federale, il destino di oltre 26mila opere d’arte di proprietà del Governo appare incerto. 

Stando a quanto riportato dal «Washington Post», la vasta collezione di opere pubbliche, alcune delle quali risalenti agli anni Cinquanta dell’Ottocento, è rimasta priva di tutela in seguito alla chiusura, avvenuta all’inizio del mese, di «almeno» cinque uffici regionali della General Services Administration (Gsa), l’agenzia governativa incaricata della gestione operativa del settore pubblico. Inoltre, quasi la metà dei circa quaranta dipendenti della divisione della Gsa dedicata alla conservazione artistica e storica è stata licenziata o sospesa in vista di un’imminente cessazione del rapporto di lavoro, conseguenza diretta degli ordini esecutivi emanati dal presidente Trump volti a imporre il blocco delle assunzioni e la riduzione del personale di tutta l’amministrazione federale.

In una dichiarazione rilasciata al «Post», un portavoce della General Services Administration (Gsa) ha affermato che l’agenzia sta «prendendo decisioni volte a ottimizzare la forza lavoro in vista della nostra missione futura, continuando a impegnarsi nel supportare i dipendenti colpiti durante la loro transizione dal servizio federale».

Ex dipendenti della Gsa hanno espresso preoccupazione per la sorte delle opere d’arte conservate negli edifici federali in tutto il Paese, il cui stato di tutela potrebbe risultare compromesso. Tra queste si annoverano «Flamingo» (1974) di Alexander Calder, situato presso il John C. Kluczynski Federal Building di Chicago, e il gruppo scultoreo «Man Controlling Trade» (1942) di Michael Lantz, collocato nei pressi della sede della Federal Trade Commission a Washington, D.C. 

 

Uno degli ex dipendenti, che ha parlato in forma anonima, ha descritto i licenziamenti improvvisi come «un colpo inaspettato e devastante» e ha citato un caso specifico di opera d’arte rimasta in un limbo amministrativo. Il dipinto «Tropical Country» (1941) di Gifford Beal, temporaneamente rimosso dalla sua collocazione all’interno del Dipartimento dell’Interno per essere sottoposto a restauro, si trova ora in una situazione di totale incertezza: con la Gsa in uno stato di paralisi, il conservatore incaricato non sa più a chi rivolgersi per il pagamento o per stabilire il destino materiale dell’opera. 

«Non è stata fatta alcuna pianificazione né una valutazione adeguata della situazione, ha dichiarato l’ex dipendente al “Post”. Si tratta di una decisione incredibilmente miope». Anche i contratti in essere con artisti che devono ancora completare le loro commissioni sono ora in bilico, così come le operazioni di inventariazione e restauro necessarie per monitorare e preservare il patrimonio artistico federale. 

Dal 1974 la Gsa ha commissionato oltre 500 opere ad artisti di spicco, tra cui Maya Lin, Martin Puryear, Louise Nevelson ed Ellsworth Kelly, destinandole a edifici governativi e spazi pubblici in tutto il Paese. Molte di queste opere, alcune delle quali integrate fisicamente nelle strutture governative, richiedono un’attenta supervisione da parte di piccoli team operanti nelle 11 regioni federali. Con la chiusura dell’ufficio centrale, però, resta incerto chi se ne assumerà la responsabilità. L’agenzia ha prospettato la possibilità di trasferire, in parte o in toto, la proprietà delle opere ai nuovi acquirenti degli edifici. Un’ulteriore opzione ventilata è la rimozione definitiva delle opere dalla collezione della GsaA. 

Il 4 marzo scorso la Gsa ha pubblicato un elenco di 443 edifici «non essenziali» destinati alla vendita, pari a circa il 50% del patrimonio immobiliare federale. L’elenco è stato poi rimosso, ma un portavoce dell’agenzia ha dichiarato che verrà presto ripubblicato, aggiungendo che la Gsa sta «esplorando approcci innovativi, tra cui partenariati pubblico-privato, concessioni di terreni, operazioni di vendita e riaffitto e accordi di coworking interagenzia, per ottimizzare il nostro portafoglio immobiliare in conformità con l’ordine esecutivo dell’amministrazione. Queste misure garantiranno una maggiore qualità del servizio per i nostri clienti e risparmi per il contribuente americano».

Stando a testimonianze di ex dipendenti della Gsa, l’agenzia starebbe inoltre cercando di rescindere il contratto di locazione di un deposito in Virginia, un sito che ospita centinaia di dipinti e sculture. Particolarmente rilevanti e urgenti sono le opere commissionate dalla Works Progress Administration (Wpa), un programma del New Deal istituito durante la Grande Depressione per impiegare artisti nella creazione di opere pubbliche su commissione federale. 

Il giorno successivo al licenziamento del personale della Gsa, Jennifer Gibson, direttrice del Center for Fine Arts e del programma Art in Architecture, ha sollecitato i dipendenti rimasti a caricare in una cartella condivisa i loro resoconti sulla conservazione delle opere. In un’email  indirizzata «a tutti quelli che sono rimasti»  e visionata dal «Post», Gibson l’ha definita « una priorità».

Dal 1974 il programma Art in Architecture opera come committente per il Governo federale, destinando lo 0,5% dei costi di costruzione federali alle commissioni artistiche. Il 29 gennaio il presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo che ha ripristinato un progetto per la creazione del «National Garden of Heroes», un parco monumentale destinato ad accogliere 250 statue di figure storiche, che durante la sua prima amministrazione era stato accantonato. I suoi decreti hanno inoltre cercato di influenzare direttamente il contenuto delle commissioni artistiche, stabilendo una lunga lista di «eroi» da commemorare, bypassando il programma Art in Architecture e suggerendo così un futuro incerto per l’arte pubblica negli edifici federali degli Stati Uniti. 

Il 7 marzo l’Artists at Risk Connection (Arc), un’organizzazione di monitoraggio che si batte per la libertà artistica, ha pubblicato una dichiarazione in cui condanna la «purga della forza lavoro federale» attuata dall’amministrazione Trump. «Queste opere d’arte storiche, ha affermato Julie Trébault, direttrice esecutiva dell’Arc, rappresentano parte integrante del patrimonio culturale americano e devono essere preservate e tutelate. La decisione improvvisa del Governo federale di vendere o risolvere i contratti di locazione degli edifici che ospitano tali opere solleva gravi interrogativi sul loro destino, soprattutto per quelle integrate in modo permanente nelle strutture architettoniche, come affreschi e murali. Le potenziali perdite sarebbero incalcolabili».

 

 

 

Torey Akers, 18 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

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