Laura Giuliani
Leggi i suoi articoliTra le ricorrenze che hanno segnato il 2022, dal centenario della scoperta della città etrusca di Spina, a quello dell’archeologo Sabatino Moscati (1922-97), passando attraverso i 200 anni dalla decifrazione della Stele di Rosetta e i 100 anni dal ritrovamento della Tomba di Tutankhamon, le celebrazioni del 50mo anniversario della scoperta dei Bronzi di Riace sono culminate nel mese scorso con il convegno internazionale «I Bronzi di Riace. 50 anni di studi e di ricerche» (10-12 novembre), in memoria di Paolo Moreno (1934-2021) e tenutosi nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.
Tre giorni all’insegna del confronto, di proposte e nuove ricerche intorno ai famosi guerrieri di bronzo rinvenuti fortuitamente al largo di Riace nel 1972. Tra gli interventi del convegno, organizzato dal Segretariato Regionale del Ministero della Cultura della Calabria, riportiamo un estratto della relazione di Luigi Fozzati, già soprintendente Archeologia del MiC e già docente di Archeologia subacquea all’Università di Venezia, e di Andrea Camilli, realizzatore e direttore del Museo delle navi antiche di Pisa: «Il Mediterraneo e il rinvenimento di reperti bronzei: dal caso alla necessità», ovvero una panoramica dei più importanti bronzi scoperti nel Mar Mediterraneo (e non nelle acque interne), partendo dalla Liguria e arrivando fino all’alto Adriatico, dove proprio di recente sono stati rinvenuti i Relitti di Grado.
Oltre il 99% di questi ritrovamenti è avvenuto casualmente. Occorre, dunque, passare dal caso alla ricerca, altrimenti il rischio è la perdita dei tantissimi dati archeologici che sono quelli che oggi mancano ai Bronzi di Riace, per i quali resta preponderante l’aspetto storico artistico rispetto a quello strettamente archeologico (e quando questo viene a mancare prende il sopravvento la fantasia con ipotesi e interpretazioni prive di fondamento). Ai Bronzi di Riace quindi il compito di aprire una strada nuova nella ricerca dell’archeologia subacquea (e non) per evitare la casualità dei rinvenimenti e procedere prima con la ricerca.
PROEMBOLON (1597)
È la prima scoperta in assoluto di un bronzo nel Mar Mediterraneo avvenuta nel 1597 nel porto di Genova, la struttura portuale più studiata di tutta Italia. Si tratta di una scoperta documentata da un quadro dell’epoca che testimonia i lavori degli operai nel sito del rinvenimento. Il reperto, un pesante cartoccio di metallo che una volta lavato era stato scambiato per un rostro, in realtà è un cinghiale. I Savoia lo trasferirono nel Museo di Artiglieria a Torino dove si trova tuttora, nonostante le ripetute richieste di Genova perché torni nella sua città. Manca il contesto.
RITRATTI DELLA MELORIA (1722)
Curioso caso di scoperta recente, nel 1722 nelle secche della Meloria (Livorno): all’epoca del rinvenimento i ritratti furono ritenuti antichi, poi gli studi hanno dimostrato essere rifusioni di bronzo antico e tardorinascimentale (conservati nel Museo Archeologico di Firenze). La scoperta, casuale, fa parte di una serie di ritrovamenti avvenuti nello stesso luogo. Si tratta probabilmente del carico tardorinascimentale di un relitto mai trovato, nonostante le ripetute ricerche effettuate nell’area.
APOLLO DI PIOMBINO (1834)
Uno dei pochi reperti finiti al Louvre acquistati legittimamente. È un’opera molto discussa, si tratta di una copia tardoellenistica; più o meno noto il luogo del rinvenimento, non è mai stato localizzato.
TESTA DI APOLLO SALERNO (1930)
Bellissima testa di Apollo rinvenuta da un pescatore al largo di Salerno: pur conoscendo il giorno, il mese e l’anno, non si conosce il luogo del rinvenimento e non sono mai state effettuate ricerche. È conservata nel Museo Archeologico provinciale di Salerno, attualmente chiuso al pubblico.
ATLETA DI FANO (1964)
Noto anche come «Bronzo Getty» e oggetto di un lunghissimo contenzioso con gli Stati Uniti dov’è conservato. Ancora incerto il suo rientro in Italia dal momento che per il diritto americano è stato sancito il legittimo acquisto in buona fede. A causa della mancanza del contesto, sono fiorite più leggende intorno alla scultura attribuita a Lisippo (IV secolo a.C.).
ANFORA DI BARATTI (1968)
In argento, è uno degli esemplari più clamorosi di oggetti metallici dell’archeologia subacquea e marina (è conservato nel Museo Archeologico del territorio di Populonia). Si tratta di un reperto notevole, tardoromano, di manifattura probabilmente asiatica ispirato a concezioni neoplatoniche del III-IV secolo d.C. L’anfora è stata rinvenuta impigliata nell’ancora di un peschereccio nel canale di Piombino, zona ricchissima di ritrovamenti subacquei, la più ricca d’Italia, che ha restituito svariati oggetti di pregio, essendo un luogo fortemente caratterizzato a livello residenziale con le ville dei maggiorenti romani: notevole il transito dei beni di lusso.
RELITTO DI PORTICELLO (1969)
Uno dei pochi relitti scavati e indagati a partire dal 1970 di cui si conosce il contesto che ha permesso di inquadrare storicamente il relitto e il suo carico affondati tra la fine del V e l'inizio del IV secolo a.C. Facevano parte del carico la cosiddetta Testa del filosofo (a sinistra) e la Testa di Basilea, entrambe del V secolo a.C., conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.
BRONZI DI RIACE (1972)
Scoperti casualmente nell’agosto 1972 da Stefano Mariottini che, nuotando al largo di Riace, scorse parte di un braccio tra la sabbia del fondale. Lo studio delle terre di fusione ha permesso di stabilire la provenienza greca delle due sculture, bronzo A (a destra) e bronzo B (a sinistra). Aperto il dibattito sulla loro identificazione con tante ipotesi. Al di là dell’indiscutibile bellezza, non è stato rinvenuto il sito nonostante ripetute ricerche.
NETTUNO ED ERCOLE (1980)
Piccoli bronzi alti 30 cm recuperati davanti al lido di Venezia: sono gli unici due bronzi superstiti di una raccolta fatta a scopo di lucro da subacquei e dispersa sul mercato antiquario.
RELITTO IULIA FELIX (1992)
Testa di Minerva (contrappeso di una stadera) e una statua di Poseidone recuperati davanti Grado in Friuli Venezia Giulia e appartenenti a una nave romana.
SATIRO DANZANTE DI MAZARA DEL VALLO (1997)
La statua bronzea è stata rinvenuta sui fondali rocciosi del canale di Sicilia in due tempi: nella primavera del 1997 viene alla luce la gamba sinistra rimasta incagliata nelle reti, l’anno successivo, grazie all’utilizzo del loran, il corpo privo dell’altra gamba e delle braccia, entrambi recuperati dal peschereccio Capitan Ciccio. È verosimile ipotizzare che la statua facesse parte di un carico di una nave naufragata tra la Sicilia e Capo Bon in un periodo di grande diffusione del commercio antiquario nell’antichità. Dal 2005 il bronzo è esposto nel Museo a lui dedicato nella Chiesa di Sant’Egidio a Mazara del Vallo. La statua è riconducibile a un’opera di ambiente greco databile alla fine del IV secolo a.C.
RELITTO DEI CANNONI (2003)
È un relitto tardo del 1600, completo, trovato a Venezia e sfuggito alla rapina dei voraci subacquei. Contiene la più grande collezione di piatti in peltro trovata in Europa, 122 elementi rinvenuti all’interno di un baule nella cabina del capitano.
BATTAGLIA DELLE EGADI (2005)
Si tratta di un’importante scoperta avvenuta in Sicilia e dalla storia particolare: l’archeologo Sebastiano Tusa viene a conoscenza di quest’area archeologica grazie a uno dei suoi allievi (di professione dentista) della Facoltà di archeologia navale di Trapani in possesso di un rostro donatogli da un suo paziente (pescatore) che l’aveva pescato in mare. Insieme sono andati sul sito del ritrovamento e da qui è nata la ricerca che ha portato all’identificazione del luogo della famosa battaglia delle Egadi dove i Romani vinsero contro Cartagine nel 241 a.C. (prima guerra punica). Tantissimi materiali recuperati a 50 metri di profondità, tra cui molti elmi e oltre 25 rostri, oggi restaurati.
ROSTRO DI ACQUALADRONI (2008)
Ritrovato fortuitamente nel settembre 2008 a circa otto metri di profondità. Manca completamente il contesto. Secondo gli studiosi è un reperto straordinario: sul fianco del rostro che ricorda il rostro di Nettuno, al centro è raffigurata una sciabola con una novità stilistica che troviamo solo in pochi rilievi.
Altri articoli dell'autore
Al via le celebrazioni del bicentenario dell’istituzione torinese, con la riapertura in piena luce della Galleria dei Re e del Tempio di Ellesiya, accessibile gratuitamente
Nel suo ultimo libro, l’archeologo romano riporta la memoria a quell’esperienza di vita e di lavoro insieme, di passione e scavi tra difficoltà, soddisfazioni e delusioni, coronata dall’eccezionale scoperta di Ebla, l’antica città del Bronzo
L’istituzione torinese mira a uscire dalla «dimensione» egizia per confermare la sua vocazione di museo archeologico inclusivo
In Italia sono circa 6mila gli archeologi in attività, anche se negli ultimi tempi sono sempre più richiesti grazie alla spinta del Pnrr, un vero e proprio exploit. Marcella Giorgio, alla guida dell’Ana (l’associazione di categoria), ci illustra i dati dell’ultimo censimento (mille risposte) che mette in luce che cosa vuol dire oggi esercitare questa professione