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Un'edizione della stampa «The Enchanted Owl» (1960) di Kenojuak Ashevak, che, venduta per la prima volta a 24 dollari, a un’asta del 2018 è stata battuta a 216mila dollari. L’artista non ha ricevuto nulla dalla vendita. Con la nuova legislazione in esame, le cose potrebbero cambiare

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Un'edizione della stampa «The Enchanted Owl» (1960) di Kenojuak Ashevak, che, venduta per la prima volta a 24 dollari, a un’asta del 2018 è stata battuta a 216mila dollari. L’artista non ha ricevuto nulla dalla vendita. Con la nuova legislazione in esame, le cose potrebbero cambiare

Il Canada prevede di adottare il droit de suite

La mossa sarebbe particolarmente significativa per gli artisti delle First Nations, che raramente guadagnano dalle vendite più di un reddito di pura sussistenza. Ma per i mercanti si tratta di un’«idea terribile»

Hadani Ditmars

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In Canada l’imminente riforma del diritto d’autore, che concede agli artisti il 5% dell’ammontare della rivendita delle loro opere, potrebbe presto vedere gli autori canadesi unirsi alla schiera dei loro colleghi di circa 93 nazioni. Secondo l’ufficio del Ministro dell’Innovazione François-Philippe Champagne, che insieme con il Ministro del Patrimonio Pablo Rodriguez sta attualmente elaborando una riforma della legge sul diritto d’autore, gli artisti potrebbero presto ottenere un «diritto di rivendita» (in Italia diritto di seguito, Ndr) che conferisca loro una royalty durante la durata del copyright.

Secondo il censimento del 2016, in Canada ci sono oltre 21mila artisti visivi con un reddito medio di 20mila dollari all’anno complessivi: la nuova riforma del copyright darebbe loro una fetta della torta dei collezionisti, nel momento in cui le loro opere vengono rivendute, spesso con enormi profitti. Laurie Bouchard, portavoce di Champagne, ha dichiarato questa settimana al Globe and Mail: «Il nostro governo sta attualmente portando avanti il lavoro su potenziali emendamenti alla legge sul diritto d’autore per proteggere ulteriormente gli artisti, i creatori e i detentori di copyright. I diritti di rivendita per gli artisti sono effettivamente un passo importante verso il miglioramento delle condizioni economiche degli artisti in Canada».

April Britski, direttore esecutivo nazionale del Carfac (Canadian Artists Representation), organizzazione che da tempo si batte per i diritti di rivendita, osserva che «dal punto di vista del diritto d’autore, la necessità è chiara. Gli scrittori continuano a essere pagati quando i loro libri vengono ristampati. Compositori e musicisti vengono pagati ogni volta che il loro lavoro viene trasmesso alla radio, in un bar o riprodotto in un film. Non tutta l’arte arriva al mercato secondario, così come non tutti i libri si vendono e non tutte le canzoni vengono trasmesse in radio. Ma quando l’arte viene rivenduta, gli artisti dovrebbero essere in grado di condividere il valore continuo della loro opera. È stata un’ottima fonte di reddito per gli artisti di altri Paesi, e il 5% non è molto considerando i contributi che gli artisti danno al valore e alla tenuta del prezzo delle loro opere». La Carfac si batte affinché i lasciti degli artisti ricevano i fondi secondo le regole del copyright anche decenni dopo la loro morte.

La Britski osserva che l’Arr (Artist’s Resale Right) è particolarmente vantaggioso per gli artisti indigeni e anziani. La defunta artista Inuk Kenojuak Ashevak, ad esempio, nel 1960 creò una stampa ormai iconica chiamata «Gufo incantato», che fu venduta per la prima volta nella sua nativa Cape Dorset (ora chiamata Kinngait), nel Nunavut, per soli 24 dollari australiani. Nel novembre 2018, una delle stampe in edizione limitata è stata venduta per la cifra record di 216mila dollari australiani (163mila dollari Usa) da Waddington’s, una casa d‘aste di Toronto. Ma poiché Ashevak, morta nel 2013, aveva già venduto l’opera, i suoi eredi non hanno ricavato nulla dalla vendita.

Per molti artisti indigeni, che spesso non hanno accesso ai mercati primari e creano opere d’arte a livello di pura sussistenza, l’Arr è vista come un potenziale rovesciamento di un sistema che spesso può funzionare come un processo neocoloniale e di sfruttamento. L’artista Theresie Tungilik, di Rankin Inlet, ha dichiarato a una commissione parlamentare nel 2016: «Se si considerano le comunità urbane, quelle rurali e quelle remote, l’arte porta denaro e integra i redditi bassi. Il diritto di rivendita dell’artista avrà un impatto finanziario positivo, dato che il 10% delle esportazioni canadesi è costituito da arte Inuit. Immaginate quanto gli altri artisti canadesi che vendono nei 93 Paesi porterebbero in Canada. Le comunità remote beneficerebbero davvero del diritto di seguito dell’artista, dato che nel Nunavut il costo della vita è il più alto».

Ma l’Art Dealers’ Association of Canada ha espresso preoccupazione per la riforma, sostenendo che creerebbe un incubo burocratico e un onere per le piccole gallerie, aumenterebbe il prezzo dell’arte e ridurrebbe le vendite. Il portavoce Mark London, proprietario della Galerie Elca London di Montreal, specializzata in arte Inuit, ha dichiarato a una commissione parlamentare che studiava la questione nel 2018: «Pensiamo che sia un’idea terribile».

Un'edizione della stampa «The Enchanted Owl» (1960) di Kenojuak Ashevak, che, venduta per la prima volta a 24 dollari, a un’asta del 2018 è stata battuta a 216mila dollari. L’artista non ha ricevuto nulla dalla vendita. Con la nuova legislazione in esame, le cose potrebbero cambiare

Hadani Ditmars, 17 agosto 2022 | © Riproduzione riservata

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