Maurita Cardone
Leggi i suoi articoliTra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, il quartiere di Harlem, nel nord di Manhattan, fu al centro di un fermento creativo che rivelò all’America e al mondo la ricchezza culturale della popolazione di origini africane liberata dalla schiavitù appena cinquant’anni prima. A quel periodo, noto come il Rinascimento di Harlem, è dedicata la mostra «The Harlem Renaissance and Transatlantic Modernism», allestita al Metropolitan Museum of Art dal 25 febbraio al 28 luglio.
Attraverso circa 160 opere tra pittura, scultura, fotografia, film e oggetti d’epoca, la mostra si concentra sugli anni che seguirono la grande migrazione che portò milioni di cittadini neri ad abbandonare il Sud rurale e segregato per le opportunità che offrivano le grandi città moderne del Nord. Fu con questi spostamenti che nei centri urbani iniziarono a crearsi comunità nere in cui la ricca cultura afroamericana fioriva e incontrava il favore del pubblico. Harlem divenne una mecca culturale, culla di una straordinaria generazione di artisti neri che seppero rompere stereotipi e barriere razziali, affermando la propria autonomia artistica.
La mostra esplora rappresentazioni della vita quotidiana nel contesto urbano che accoglieva questi nuovi newyorkesi e mette in luce la profonda influenza che quella produzione artistica ebbe sullo sviluppo dell’arte moderna a livello mondiale. Opere di artisti come Charles Alston, Aaron Douglas, Meta Warrick Fuller, William H. Johnson, Archibald Motley, Winold Reiss, Augusta Savage, James Van Der Zee e Laura Wheeler Waring sono presentate all’interno di un allestimento immersivo che racconta l’impatto prodotto da quelle opere sulla società americana, che per la prima volta si ritrovò a confrontarsi con rappresentazioni autentiche della quotidianità delle comunità nere. Allo stesso tempo la mostra vuole mettere in relazione quelle rappresentazioni con lo sguardo della cultura dominante: le opere sono infatti esposte in giustapposizione con ritratti di soggetti africani e della diaspora da parte di noti artisti europei come Henri Matisse, Edvard Munch e Pablo Picasso, evidenziando l’interconnessione tra movimenti artistici attraverso continenti e culture.
La mostra, la prima dedicata al tema da un museo d’arte newyorkese dal 1987, sembra voler essere una correzione, a oltre cinquant’anni di distanza, di un’altra mostra organizzata dallo stesso Met nel 1969, dal titolo «Harlem on My Mind: Cultural Capital of Black America 1900-1968», che si proponeva di documentare la vita ad Harlem attraverso fotografie, film e registrazioni audio, causando però aspre contestazioni da parte della comunità nera che l’accusò di essere una mera esplorazione etnografica che non valorizzava la produzione dei tanti artisti di Harlem.
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