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Una veduta del lago di Tiberiade

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Una veduta del lago di Tiberiade

Il lago di Gesù

Un libro fa rivivere le scene della vita di Cristo sul lago di Tiberiade

Raffaella Giuliani

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Il lago di Tiberiade è uno dei luoghi più affascinanti della vicenda terrena di Gesù: su quelle rive infatti Cristo ha avviato la sua predicazione pubblica e ha compiuto numerosi miracoli, lì è apparso ai discepoli dopo la Resurrezione. Negli ultimi decenni, grazie alla ricerca archeologica, conosciamo molto meglio il sito di Cafarnao e, in generale, tutte le località della sponda occidentale del cosiddetto mare di Galilea.

Le tante, suggestive denominazioni di questo bacino sono espressione della sua storia millenaria: la Bibbia lo chiama mare di Kinneret, dall’ebraico «kinnor» (cetra, arpa) per via della sua conformazione che ricordava lo strumento musicale, per i Vangeli è il lago di Genesaret, ma per l’evangelista Giovanni è il «mare di Galilea, cioè di Tiberiade», dal nome della città fondata da Erode Antipa nel 18 d.C.

Un giovane studioso romano di iconografia cristiana, Dimitri Cascianelli, ha dedicato un volume proprio alle scene della vita di Cristo ambientate sulle sponde di questo lago, espresse dall’arte paleocristiana dalle origini all’alto Medioevo. Intitolato Il Cristo e il mare di Galilea. Variazioni iconografiche sulle storie cristologiche attorno al lago di Tiberiade (254 pp., 128 ill., Tau Editrice, Todi 2019, € 25,00), il volume analizza con rara chiarezza la chiamata dei primi discepoli (i piscatores hominum), le due pesche miracolose (una prima pesca, narrata da Luca, avvenne agli esordi della predicazione di Cristo, una seconda, riportata da Giovanni, è successiva alla Resurrezione), la tempesta sedata (di cui si presenta l’originalissima versione restituitaci da un papiro di Ossirinco), le guarigioni dell’ossesso e del paralitico (con un utile approfondimento sulle recenti acquisizioni archeologiche sulla casa di Pietro a Cafarnao) e la moltiplicazione dei pani, con le sue varianti iconografiche anche dell’arte delle catacombe (in copertina un affresco della catacomba romana di via Nomentana nota come Cimitero Maggiore, che rappresenta appunto la moltiplicazione dei pani e dei pesci).

I capitoli della seconda parte del volume si soffermano su episodi meno noti, ma che non hanno mancato di lasciare traccia nell’arte delle prime comunità cristiane: il salvataggio di Pietro dai flutti (legato intimamente all’altro capo ideale della scena, il cammino di Cristo sulle acque, mirabilmente rappresentato su una cassetta eburnea del Museo di Santa Giulia ai Musei Civici di Brescia) e la tassa per il Tempio, narrata nel solo vangelo di Matteo (17, 24-27) e colta in una miniatura del Codex Rabbulensis, cosiddetto perché opera del monaco calligrafo Rabbula che lo terminò nel 586, oggi conservato presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze.

Negli ultimi capitoli del suo libro Cascianelli si sofferma sulla rappresentazione della nave mistica, quale allegoria della Chiesa, nelle sue diverse formulazioni con o senza gli apostoli-nocchieri, per poi approfondire criticamente, proprio sulla base delle risultanze della sua ricerca, la cronologia dell’iconografia dell’apostolo Pietro, in passato ancorata a una fase più matura dell’arte paleocristiana.

Grazie a un approccio multidisciplinare, nel quale l’iconografia intreccia un dialogo continuo e avvincente con le più recenti scoperte archeologiche in Terra Santa e non solo, con la topografia, con l’epigrafia, con le fonti scritturistiche e patristiche, il percorso scelto da Dimitri Cascianelli risulta originale, aggiornato e mai pedante. Tutto ciò concorre a rendere la lettura del suo volume una piacevole opportunità di acquisire importanti e innovative conoscenze su temi alle radici dell’arte cristiana.

Una veduta del lago di Tiberiade

Raffaella Giuliani, 20 agosto 2020 | © Riproduzione riservata

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