E così oggi, 2 dicembre, le polemiche, le defezioni, i distinguo, lasciano il posto alle opere e all’allestimento della mostra «Il tempo del Futurismo», a cura di Gabriele Simongini, organizzato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e visitabile dal 3 dicembre al 28 febbraio 2025. Centinaia i giornalisti e i critici che in mattinata sono accorsi nelle sale del museo diretto da Renata Cristina Mazzantini, curiosi di vedere quanto si era progettato, con annunci di grande magnificenza, sotto la regia dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano e quanto è stato licenziato sotto l’attuale responsabile del Dicastero, Alessandro Giuli (che durante la conferenza stampa non ha accettato domande, andandosene al termine del suo intervento conclusivo). Diciamolo subito: anche a detta di numerosi colleghi, la mostra è ben congegnata, con un allestimento (di Studio Decima Casa) suddiviso in 26 sale per 350 opere in tutto tra dipinti, sculture, progetti, disegni, oggetti d’arredo e scientifici, film cui si aggiunge un centinaio tra libri e manifesti, provenienti da musei stranieri e italiani come il MoMA e il Metropolitan di New York, la Estorick Collection di Londra, il Kunstmuseum dell’Aja, ma soprattutto oltre cento pezzi di proprietà della collezione del Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (molte non visibili di norma lungo il percorso permanente).
Probabilmente la rassegna, senz’altro tra le più importanti degli ultimi decenni sul movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti, ha alcuni pregi importanti e un difetto non da poco: tra i primi, senza dubbio la chiarezza espositiva di opere importanti, ben selezionate, poche di collezione privata, insieme alla decisione di inserire l’analisi del Futurismo all’interno del suo tempo arricchendo il percorso di numerosi strumenti scientifici e automobili, motociclette, aerei che ben fanno comprendere come il movimento abbia avuto notevoli influssi sul suo tempo. Il curatore, però, ha voluto che la mostra raccontasse molto lungamente anche i decenni seguenti al Futurismo fino ad arrivare praticamente ad oggi. Infatti, è esposta un’opera di Luciano Fabro («Italia Balla», 2003): era proprio necessario allungare così tanto i tempi? Forse il «dopo» sul quale molti studiosi si sono interrogati (Germano Celant con l’Arte Povera, ad esempio) meritava un appuntamento futuro distinto.
Nel corso della conferenza stampa il ministro Giuli ha spiegato: «Preceduti da una sana rissa in galleria, come da opera importante di Boccioni, abbiamo dato vita a un evento internazionale di grande rigore scientifico. Il progetto ha provocato qualche sofferenza, certo, ma dubito si sarebbe potuto fare meglio e una certa sovrabbondanza annunciata forse avrebbe danneggiato la rassegna che vediamo oggi. Sono doppiamente soddisfatto anche perché a breve il MiC acquisterà la celebre Casa Balla con gli arredi e quindi possiamo dire che quella di oggi è una festa della rivoluzione». Il ministro ha spiegato che a Casa Balla sarà collocato il dipinto «Espansione Fiore n. 17» del 1929 ca acquistato di recente dal MaXXI.
Una conferenza stampa, dunque, senza troppe polemiche, alla quale ha assistito anche Francesca Barbi Marinetti, nipote dello scrittore, con la direttrice Mazzantini che si è detta orgogliosa «perché la mostra l’abbiamo organizzata con gli uffici statali, senza agenzie esterne, dimostrando importanti capacità», mentre il curatore ha esclamato a inizio intervento un sonoro «Ce la abbiamo fatta! Dopo due anni di sofferenze abbiamo mostrato che cosa fare, senza nessuna ideologia alla base della mostra».