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«Paesaggio notturno con Storie di Cerere» di Jan Brueghel I, detto dei Velluti [Caretto & Occhinegro]

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«Paesaggio notturno con Storie di Cerere» di Jan Brueghel I, detto dei Velluti [Caretto & Occhinegro]

In 80 a Palazzo Corsini per Biaf

14 nuove partecipazioni dall’Italia e dall’estero. Prevalgono ancora dipinti e sculture, ma mobili, argenti e altre suppellettili preziose attraggono di nuovo una clientela sempre più raffinata

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Laura Lombardi

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La 33ma Biaf, Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze accoglie in Palazzo Corsini 80 gallerie. L’edizione 2022 si era conclusa con 25mila visitatori. Tra le novità di quest’anno quattordici new entry, molte straniere e storiche come Colnaghi (fondata nel Settecento), Agnews (nel 1817) o Dickinson, a confermare il prestigio di una manifestazione che, come ribadisce Fabrizio Moretti, suo segretario generale, «per l’arte italiana è la più importane al mondo». 

Inutile ogni confronto con Maastricht, la Biaf ha un suo specifico carattere: unire la tradizione fiorentina degli anni in cui fu fondata da Luigi Bellini, nel 1959 (ci sono gallerie presenti fin dalla prima edizione come Enrico Frascione e Botticelli Antichità aperta dal padre Franco e oggi diretta dal figlio Bruno, ma anche quella dei Di Castro, fondata da Franco e ora di Alessandra), con l’immagine di una fiera internazionale partecipe dello scenario di un mondo globalizzato, ma rivolta specificamente, anche se non in modo esclusivo, all’arte italiana. «In questo doppio volto si riflette quello della stessa Firenze, città piccola ma anche crocevia internazionale», nota Bruno Botticelli, presidente dell’Associazione Antiquari d’Italia, riferendosi non all’overtourism, bensì ai molti investimenti stranieri in storici palazzi cittadini. 

Nei saloni sontuosi di Palazzo Corsini sull’Arno, la sede più suggestiva e ampia che la Biennale abbia avuto dalla sua fondazione, si aggiungono, da alcune edizioni, gallerie d’arte contemporanea, nella consapevolezza che oggi una parte della clientela dell’antiquariato di alto livello si interessa molto anche a questo settore. D’altronde il primo gallerista che, fino al tempo in cui era segretario Giovanni Pratesi, aveva esposto in Palazzo Corsini è stato Gian Enzo Sperone, uno dei grandi nomi del mercato contemporaneo, ma ancor più raffinato collezionista di arte antica. Troviamo così, tra le gallerie, Continua che, pur toscana di origine (San Gimignano) è una delle principali protagoniste del mercato internazionale, con sedi a Pechino, Parigi, Les Moulins, L’Avana, San Paolo, Roma. 

«Ritratto di Antonio de’ Medici» (1590 ca) di Alessandro Allori [Dickinson]

Tutto quanto esposto sarà stato vagliato da un severo vetting, composto da 55 studiosi esperti dei singoli settori: dipinti, sculture, ceramiche, arredi, disegni, argenti. Tra le anticipazioni attraverso i secoli, troviamo ad esempio per il Trecento, da Giovanni Sarti, due tempere e oro su tavola di «Due profeti» (circa 1385-90), Balaam e Isaia, identificati ciascuno dal proprio cartiglio, opera di Simone di Filippo detto Simone dei Crocifissi, uno degli artisti più in vista usciti dalla bottega di Vitale degli Equi. Flavio Gianassi Fg Fine Ars (Londra) propone una grande «Croce dipinta» di Giovanni da Rimini, documentata nella collezione di Jacques Goudstikker ad Amsterdam, requisita dai nazisti e recuperata nel 1945 dai Monuments Men per tornare poi nel 2006 agli eredi, e tre piccoli tondi di Bicci di Lorenzo. Per la scultura, da Botticelli Antichità la «Testa del vescovo Andrea de’ Mozzi» (che firmò il contratto con Arnolfo di Cambio per la facciata del Duomo e promosse la realizzazione di Santa Croce e dell’Ospedale di Santa Maria Nuova), del 1296-1300 ca, attribuita a un collaboratore di Arnolfo di Cambio, frammento del monumento funebre conservato nella Chiesa ormai distrutta di San Gregorio della Pace, oggi inglobata nel Museo Bardini. Agnews porta a Firenze una «Madonna col Bambino» del ferrarese Giovanni Battista Benvenuti, detto L’Ortolano (1510-20 ca), ma nel suo stand troviamo anche un’opera novecentesca toscana, il «Filosofo stanco» di Pietro Annigoni. Uno degli highlight è, da Carlo Orsi, la «Madonna con il Bambino e santa Maria Maddalena» di Tiziano, olio su tela, databile tra il 1555 e il 1560, in ottimo stato di conservazione rispetto a versioni con medesimo soggetto conservate in alcuni dei musei più prestigiosi (Capodimonte, Uffizi, Ermitage); il dipinto proviene da una collezione privata di New York ed è passato per collezioni di spicco a Londra e Roma, come documenta una lettera di Federico Zeri del 1991. Sempre da Orsi, una tela del maestro del Rinascimento olandese Frans Floris, firmata e datata 1548 dopo il ritorno nella nativa Anversa dall’Italia.

«Natura morta con fiori in vaso di vetro» (1640-50) di Giovanna Garzoni [Colnaghi]

Maurizio Canesso festeggia i 30 anni di attività con la «Madonna col Bambino», opera giovanile di Agnolo Bronzino (1525-26) ancora pontormesca, ma in cui già si colgono i caratteri della pittura cristallina propri della maturità del pittore. Da Dickinson, il «Ritratto di Antonio de’ Medici» di Alessandro Allori (1590 circa) e un «Ganimede e l’aquila», scultura di Massimiliano Soldani Benzi (1714 ca). Di uno dei protagonisti dello Studiolo di Francesco I, Girolamo Macchietti, è «Il baccanale degli Andrii» da Matteo Salomon. In ambito fiammingo Caretto & Occhinegro espone un raro «Paesaggio notturno con Storie di Cerere» di Jan Brueghel I, detto dei Velluti. Da Fondantico una «Venere dormiente con Cupido e un amorino» di Giovanni Lanfranco 1618-20 ca, e da Altomani & Sons il «Ritratto della granduchessa Vittoria Della Rovere», opera della marchigiana Camilla Guerrieri (Fossombrone, 1628-Pesaro, 1690), che sigla un rapporto tra due donne, l’una grande mecenate, l’altra artista. Colnaghi (Londra, Madrid, Bruxelles, New York) propone invece una «Natura morta con fiori in un vaso di vetro» 1640-50 ca (tempera su pergamena con tracce di matita nera) di Giovanna Garzoni. Da Walter Padovani due busti, uno in marmo («Ritratto di Pietro Leopoldo I Granduca di Toscana», 1777), importante aggiunta al catalogo di Domenico Antonio Pelliccia, uno in terracotta «Ritratto di sir Horace Mann», 1749 dell’inglese Prince Hoare. Da Cantore si segnalano il «Putto dormiente con un’ape» del senese Bernardino Mei e i ritratti di due membri della famiglia Medici, Cosimo III e Francesco di Cosimo II di Justus Sustermans. Tra le proposte di Bacarelli, il «Ratto di Europa», scultura in cera attribuita a Francesco Celebrano, direttore artistico della Real Fabrica Ferdinandea (1772-81), e il gesso policromo «La Chioma di Berenice» di Ambrogio Borghi (1848-87).

«Il Ratto d’Europa» (1772-81) di Francesco Celebrano [Bacarelli]

Testimonianza dell’operato di Andrea Appiani poco prima di esser colto dalla morte è da Robilant+Voena il «Ritratto di Achille Fontanelli» (1813), comandante dell’esercito napoleonico. Nella sintesi pittorica macchiaiola della Società di Belle Arti (Viareggio-Milano), la «Fattoria di Diego Martelli a Castiglioncello», di Giuseppe Abbati, ma anche il «Ritratto del padre» (1867) di Giovanni Boldini e il «Ritratto di Anna Belimbau» di Vittorio Corcos (1900). Un Umberto Boccioni con cromie alla Munch nel pastello divisionista «Ritratto di giovane» (1905 circa) esposto da Antonacci Lapiccirella (Roma), mentre la ceramica policroma smaltata «Corpo dolente» (1952) di Leoncillo Leonardi colpisce per la dinamica e frammentata raffigurazione del Cristo crocifisso. Richard Saltoun ha scelto invece tre donne che si sono distinte nell’arte italiana del secondo dopoguerra: la minimalista Bice Lazzari (1900-81), la pionieristica ceramista Franca Maranò (1920-2015) e la rinomata scultrice e pittrice Antonietta Raphaël (1895-1975). Frediano Farsetti presenta «Le figlie di Minosse (Scena antica in rosa e azzurro II)» di Giorgio de Chirico del 1933, e da Sperone troviamo un «Notturno» di Alberto Savinio del 1950. Tra le proposte di Tornabuoni Arte, «Le taureau», collage di carta, china e gouache di Le Corbusier (1953) e un «Concetto spaziale» di Lucio Fontana del 1964. Da Orsini Arte e Libri è una coppia di miniature su un grande foglio di pergamena finemente e fittamente intagliata di Antonio David raffiguranti i «Ritratti di papa Clemente XII (Lorenzo Corsini, 1652-1740) e del nipote cardinale Neri Maria Corsini (1685-1770)», membri della famiglia nel cui palazzo si tiene la Biaf. Mobili, argenti e altre suppellettili preziose sono ancora da alcuni anni in numero inferiore rispetto alla proposta di dipinti e sculture. 

«Le taureau» (1953) di Le Corbusier [Tornabuoni]

Sottolinea Bruno Botticelli, che espone una boiserie alla certosina: «A mostre come la Biaf ci sono solo pezzi sceltissimi, oggetti rivolti a una clientela molto raffinata. D’altronde, e questo vale come principio generale, mai come ora nell’antiquariato contano le competenze». Gli antiquari individuano un mutamento del tipo di richiesta. Per gli oggetti si va dalla collezione di cofanetti degli Embriachi realizzati in osso tra Tre e Quattrocento, di Pietro Cantore, ai mappamondi e alle sfere armillari della fine del Settecento francese da Tomaso Piva. Un raro set di otto candelieri di bronzo cesellato e dorato, lucido e opaco di grande inventiva nel disegno e nelle forme è proposto da Alessandra Di Castro: sono opere di inizio Settecento della Firenze di Cosimo III de’ Medici e di Giovanni Battista Foggini, studiati da Enrico Colle, direttore del Museo Stibbert in Firenze. Da Burzio, un Piano neoclassico circolare in nero del Belgio riccamente intarsiato di pietre dure e legni pietrificati, guarnito di argento cesellato, opera degli inizi del XIX secolo della Manifattura Reale delle pietre dure di San Carlo alle Mortelle in Napoli, accompagnato da uno studio di Enrico Colle, ma anche l’importante coppia di candelieri rococò trasformabili in candelabri a due fiamme in bronzo cesellato e dorato al mercurio di François Ladatte (Francesco Ladetto; Torino 1706-87) provenienti dalla collezione privata degli antiquari Fabre di Parigi. Il Regno delle Due Sicilie è oggetto specifico di interesse di Roberto Campobasso, che propone una coppia di cassettoni napoletani. Per il Novecento, infine, da Robertaebasta mobili di Gio Ponti progettati nel 1955 per le suite dell’Hotel Royal di Napoli e lampade di Max Ingrand per Fontana Arte.

«Bice Morselli» di Giacomo Balla [Bottegantica]

Laura Lombardi, 26 settembre 2024 | © Riproduzione riservata

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