Il Tefaf di Maastricht, la fiera d’arte che abbraccia 7mila secoli di storia e che, soprattutto per l’antico, non ha rivali al mondo ha aperto oggi al pubblico i battenti (fino al 20 marzo) preparandosi a rinnovare i suoi rituali. Ai nastri di partenza, in attesa dell’inizio, una folla variegata ed esigente di collezionisti privati, curatori di musei e istituzioni di rilievo internazionale, critici ed esperti del settore attende il via libera per lanciarsi in una maratona alla scoperta di stand che sono scrigni di tesori. Ad accoglierli, quale cornice scenografica di questa sfilata, sono come sempre raffinate composizioni floreali di tulipani, narcisi, ranuncoli – quest’anno più essenziali del solito, forse a ricalcare il clima di austerity geopolitico globale – ma non per questo meno eleganti.L’Italia è ben rappresentata non solo per la moltitudine di opere ed artisti, ma anche per la nutrita compagine di galleristi presenti, oltre una ventina. Il tour può cominciare da Brun Fine Art, che propone una wunderkammer di pezzi scelti, fra cui alcuni coralli siciliani che culminano nella sontuosa composizione trapanese di fine XVII secolo del «Trionfo con San Michele arcangelo», sorretta da una base di legno ricoperta di rame dorato a cui sono stati applicati coralli finemente lavorati. Un’opera proveniente da una collezione privata del Nord Europa che presenta affinità notevoli con un lavoro custodito alla fondazione Whitaker di Palermo e con un altro esemplare, in questo caso però incompleto, conservato al museo del Bargello. Da Caretto&Occhinegro cattura la scena una «Lamentazione» del 1450 circa, eseguita su pergamena e dalla ricca bibliografia, opera di un seguace di Jan van Eyck, che rappresenta per la prima volta la città di Bruges come paesaggio sullo sfondo. Una terracotta invetriata raffigurante «Omero», del 1540-50, si fa invece notare da Flavio Gianassi-FG Fine Art, richiamando un modello ritrattistico desunto dall'antico. Particolarmente illustre la provenienza della scultura, che venne commissionata da Eleonora di Toledo per il padre, il vicerè di Napoli, Pedro di Toledo, e fu destinata ad abbellire il suo palazzo di Pozzuoli come parte di un ciclo di ritratti di letterati e personaggi illustri oggi andato perduto.
Composizione trapanese di fine XVII secolo, «Trionfo con San Michele arcangelo». Cortesia di Brun Fine Art
«Omero» (1540-50) di Santi Buglioni. Cortesia di Flavio Gianassi-FG Fine Art
Un altro ritratto, in questo caso un gentiluomo, probabilmente Giulio di Alessandro de’ Medici, è invece raffigurato dal fiorentino Tommaso Manzuoli detto Maso da San Friano e si trova allo stand di Matteo Salamon. L’olio su tavola raffigura l’uomo in piedi e di tre quarti, e nonostante l’ufficialità dell’immagine il pittore sa imprimere al suo volto un’espressività che traduce un'intensa introspezione psicologica. Eclettico lo spazio di Robilant&Voena, che spazia dall’orchestrazione scenica di un Baccanale di Alessandro Magnasco a un «Concetto spaziale» di Fontana del 1961 su fondo oro con buchi, graffiti e applicazioni di vetro, anche se a rubare la scena è senz'altro Goya con il ritratto della Marquesa de Caballero, del 1807. Una tela che compensa alla mancata beltà della fanciulla con una magistrale resa della materia e dei contrasti di luci. Da Trinity Fine Art di Carlo Orsi è esposta una tela riscoperta di Tiziano, la «Madonna con Bambino e Santa Maria Maddalena», realizzata fra il 1555 e il 1560. Ritorna così sul mercato, dopo essere rimasta a lungo nascosta in collezioni private, fra Italia e Stati Uniti, una composizione molto nota grazie a numerose derivazioni e copie, di cui alcune custodite in musei di tutto il mondo, dagli Uffizi all'Ermitage. Proviene invece da una collezione privata italiana «Il Sacrificio di Isacco», dipinto intorno al 1615 da un pittore francese, detto il maestro di Resina, attivo a Napoli, (proposto da Maurizio Nobile) che pur nell’autonomia della pennellata risente dell’influenza del linguaggio pittorico dell’ultimo Caravaggio.
«Ritratto di gentiluomo» (probabilmente Giulio di Alessandro de’ Medici) (1562) di Maso da San Friano. Cortesia della galleria Matteo Salamon
Da Fondantico di Tiziana Sassoli sono protagonisti soprattutto i maestri emiliani del XVI secolo, fra cui il parmense Giovanni Lanfranco che seppe reinterpretare in chiave moderna l’eredità di Correggio, come testimonia la grande «Venere dormiente con Cupido e un amorino» del 1618-20 circa, opera caratterizzata da una sensualità assai esplicita ed esposta alla recente mostra «Guercino. L’era Ludovisi a Roma» tenutasi alle Scuderie del Quirinale. La pittura barocca del Seicento, fra cui quella di Massimo Stanzione in «Giuditta e Oloferne», è posta in dialogo da Porcini con le sculture di Nicola Samorì che citano l’antico con una sensibilità contemporanea. Luce e colore del Seicento trovano eco anche fra i pittori del realismo lombardo, come il Maestro della tela jeans, di cui la galleria Canesso propone una «Mendicante con due bambini», in origine custodita a villa Airoldi di Albiate. Da segnalare invece nello spazio di Benappi Fine Art alcune nature morte di Giovanna Garzoni, del 1640 circa, che testimoniano la sua conoscenza dei maestri fiamminghi e lombardi, ma anche la sua personale cifra stilistica che la fece apprezzare presso numerose corti e le garantì numerose committenze reali. La galleria Alessandra Di Castro già il primo giorno di preview aveva venduto due raffinti vasi con fregio in micromosaico di Nicola De Vecchis, così come una veduta del Foro romano sempre in micromosaico, proveniente dalla collezione Savelli. Nello stesso stand spiccano pregiate tarsie lignee padovane, come quella che riproduce la «Veduta dall’interno della basilica di Santa Giustina», opera autonoma del 1820-30, svincolata da apparati decorativi o dall’applicazione ad elementi di arredo.
«Veduta dell’interno della basilica di santa Giustina a Padova» (1820-30 circa), tarsia lignea. Cortesia della galleria Alessandra Di Castro
Un oggetto curioso e di minuziosa fattura attira gli sguardi del pubblico da Alessandro Cesati che propone un carnet de poche, un taccuino da tasca con doppio scomparto segreto, in metallo finemente inciso, cesellato e dorato, opera di manifattura francese della seconda metà del XVII secolo. Altra origine e provenienza per un’acquasantiera in bronzo dorato e argentato di Giovanni Giardini, esposta da Bacarelli, che richiama la costruzione spaziale borrominiana e trova riferimento stilistico esplicito sia in un ciclo di disegni realizzati e fatti incidere da Giardini sia nel fonte battesimale di San Pietro a Roma. Si passa invece al mondo della pittura naturalistica seicentesca da Altomani&Sons, dove è presente un ritratto del «Beagle Napoleone Bonaparte», opera attribuita a Pieter Boel, pittore di animali che seppe fondere la tradizione nordica con una sensibilità compositiva italiana. Una tela che rappresenta con accuratezza anatomica un cane da caccia in ferma, colto in un momento di grande tensione e vanta anche una illustre storia collezionistica. Appartenuta al palazzo bolognese dei conti Caprara, passò insieme all’edificio nella proprietà di Napoleone, il quale ne fece poi dono alla nipote Joséphine Eugenia Beauharnais e, attraverso vari passaggi nobiliari, arrivò fino al duca di Montpensier e ai suoi eredi. Venezia è particolarmente celebrata invece dalla galleria Piva&C., attraverso alcune vedute ma anche con una commode laccata in un vivido celeste e decorata a chinoiserie e con motivi floreali, di metà XVIII secolo, accanto a una slitta da parata dello stesso periodo. Da Walter Padovani è ammirabile un gruppo di terrecotte, raffiguranti «Le quattro stagioni», un inedito che la galleria, insieme con la studiosa Susanna Zanuso, attribuiscono a Carlo Francesco Mellone e alla stagione del barocchetto lombardo, datandolo 1720-1735. Un’opera proveniente da collezione privata e forse ideata per una successiva redazione bronzea. L’eccellenza nell’arte dell’ebanisteria settecentesca fa bella mostra di sé da Burzio, dove spicca una consolle di Giuseppe Maria Bonzanigo, primo scultore del re Vittorio Amedeo III nel 1876. Si tratta di un mobile dalla sagoma inusuale, quasi di pagoda stilizzata, il cui numero di inventario per similitudine di caratteri, inchiostro ed epoca fa pensare alla destinazione per la palazzina di Stupinigi.
«Il beagle Napoleone Bonaparte» (1640 circa) attribuito a Pieter Boel. Cortesia della galleria Altomani&Sons
Un’inedita terracotta di Antonio Canova, da collezione privata, è presentata da Carlo Virgilio&C. e segue il fortunato modello della «Ninfa dormiente», la cui versione in marmo è custodita al Victoria&Albert Museum di Londra. Dell’opera, frutto di studi e di un confronto anche strumentale a livello di impronta con i lavori canoviani presenti della gipsoteca di Possagno, è stata confermata la paternità e sarà pubblicata a breve in un saggio di Fernando Mazzocca. Un altro ritratto, questa volta di una donna moderna ed emancipata, compare da Antonacci Lapiccirella, ovvero l’effigie della cantante Germaine Gien, dipinta da Philip Alexius de Laszlo, pittore ungherese dell’alta società europea che qui si distingue per la profonda introspezione emotiva e la spontaneità della pennellata. Un lavoro datato 1921 e dedicato a Léon Bélugou, marito di Gien, personaggio di spicco della società parigina dell’epoca. La purezza formale e architettonica del linguaggio del ritorno all'ordine e la genuità neoquattrocentesca trovano espressione nella scultura equestre in marmo rosso di Verona firmata da Arturo Dazzi nel 1934 e proposta da Berardi. Fu presentata per la prima volta nella versione in cera alla Biennale di Venezia del 1928, mentre la fusione in bronzo vinse il primo premio all’Esposizione internazionale di Barcellona del 1929. Alcuni lavori storici di Giacomo Balla degli anni dieci del secolo scorso, la Belle Epoque di Boldini e De Nittis, un Corcos simbolista sono fra le proposte di Bottegantica, che presenta anche due lavori di Giovanni Segantini rimasti per 70anni nella stessa collezione privata americana. Si tratta di «Nell’ovile», soggetto declinato su tela nel 1882 e su carta nel 1890-92, lavori appartenuti in origine a Vittore e Alberto Grubicy de Dragon che di Segantini furono anche mecenati. I grandi maestri del Novecento classico sono proposti da Gam-Galleria d’arte Maggiore nel cui stand giganteggia un olio su tela di Campigli di grandi dimensioni, «Ville du midi/Village» del 1957, dalla ricca storia espositiva, accanto a una natura morta di «Fiori» di Giorgio Morandi del 1943 a cui fa da controcanto una composizione di simile soggetto in ceramica policroma del duo Bertozzi e Casoni, intitolata proprio «Per Morandi», del 2020.
«Piccolo cavallo» (1934) di Arturo Dazzi. Cortesia di galleria Berardi
«Ritratto di Germaine Gien» (1921) di Philip Alexius de Laszlo. Cortesia della galleria Antonacci Lapiccirella
L’atmosfera metafisica e sospesa che aleggia nella Piazza d’Italia di de Chirico del 1950-51 si può scorgere da Tornabuoni Art, mentre da Matteo Lampertico-ML Fine Art si fa notare un grande «Rosso rosso» di Carla Accardi, acrilico su tela e vernice su sicofoil del 1966, mentre la prima metà del XX secolo è interpretata nel dialogo di rimandi stilistici, cromatici e formali fra una ballerina futurista di Severini, del 1913, e una «Scatola di sigari» del 1912 di Juan Gris. Uno stand d’impronta curatoriale è poi quello di Osart Gallery, realizzato in collaborazione con Panza collection, che propone un lavoro incentrato soprattutto sul colore con vari artisti fra cui spicca Robert Ryman, per un raro lavoro del 1969 con tre pannelli totalmente bianchi. Da Cardi non passa inosservato la pop art italiana di Mario Schifano con «Indicazione», smalto e grafite su carta riportata su tela degli anni ’70, mentre i linguaggi del contemporaneo trovano rappresentazione da galleria Continua fra la rivisitazione di «Atalanta e Ippomene da Guido Reni» interpretata da Ai Weiwei con i mattoncini Lego alle sculture iperrealiste di Hans Op De Beeck. Da Caterina Tognon, galleria specializzata nel vetro artistico, riscuotono consensi le composizioni floreali di Lilla Tabasso, che fa rivivere le varie fasi della vita dei fiori attraverso la lavorazione a lume del vetro, mentre dell’artista ceco Vaclav Cigler sono esposti vetri dal 2020 in poi, che coniugano artigianalità della lavorazione all’applicazione di processi industriali, per risultati di grande modernità estetica. Infine, per la prima volta a Tefaf, nella sezione Showcase, l’italo-newyorchese Amanita gallery espone i lavori di due artisti contemporanei accomunati dalla riflessione sulla natura: Alessandro Twombly con le sue sculture bronzee e affusolate e Francesco Cima con una tecnica minuta di olio su tela che pare richiamare l'estetica dell'antica pittura su rame.
«Mylar Pieces no.1, no.2, no.3» (1969) di Robert Ryman. Cortesia di Osart Gallery
L’altissima qualità, il rigoroso vetting, l’arte antica e moderna ma anche quella contemporanea: questo è l’appuntamento annuale più importante del mercato collezionistico in cui le gallerie italiane giocano un ruolo sempre più rilevante
Successo per le vendite del XX e XXI secolo che hanno chiuso con 130,25 milioni di sterline e per il collaudato format The Art of the Surreal che ha realizzato oltre 9 milioni sopra la stima superiore
Il calo delle vendite è in gran parte legato alla mancanza di fiducia dei venditori: all’asta meno collezioni di rilievo e vendite di singoli proprietari. Ne risentono soprattutto le opere oltre il milione
L’asta serale del 4 marzo a Londra vede schierati pezzi forti di Richter e Yoshitomo Nara, accanto a Picasso, Fontana, Brancusi in una forte tensione ideale