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«Allegoria della Calunnia» (1495 ca) di Sandro Botticelli

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«Allegoria della Calunnia» (1495 ca) di Sandro Botticelli

La «Calunnia» di Botticelli è una dark lady che si fa pettinare da Perfidia e Frode

Sara Agnoletto e Monica Centanni forniscono un’analisi puntale dell’opera del pittore fiorentino e del suo tipico «j’accuse» sui temi più rilevanti di cultura e politica a lui contemporanei

Giovanni Pellinghelli del Monticello

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L’«Allegoria della Calunnia» (1495 ca) di Sandro Botticelli (conservata negli Uffizi) si offre al pubblico come un arcano, una carta dei tarocchi da interpretare, un enigma figurato a partire dal soggetto sofisticato ed erudito e dall’origine ricercata e complessa. Di questo enigma trattano diffusamente Sara Agnoletto e Monica Centanni in un sontuoso e monumentale volume con l’introduzione di Eike Schmidt

Come per «Pallade e il Centauro», il soggetto è tratto dalla descrizione scritta dell’omonimo quadro di Apelle inserita da Luciano di Samosata al centro del piccolo trattato noto come Calumniae Non Temere Credendum (Non si deve credere alla calunnia). Nell’opera di Luciano di Samosata si racconta del più venerato pittore dell’antichità, Apelle, che, calunniato alla corte di Alessandria, aveva reagito raffigurando il re Tolomeo IV Filopàtore con le orecchie d’asino di Mida. A quella descrizione si rifà nel dipinto Botticelli: Calunnia è una giovane dark lady che, mentre si fa pettinare da Perfidia e Frode, trascina per terra il calunniato ai piedi del re. E Botticelli, nella compilazione figurativa, nella scelta dei temi dei pannelli di sfondo e nel significato complessivo dà all’opera una voce distillata. 

Nella storia critica ed esegetica del quadro, dall’inizio del XX secolo si è andata cristallizzando una costellazione di abitudinari e cronicizzati stereotipi interpretativi: la chiave intima e personale; la rivendicazione e protesta di Botticelli verso i suoi detrattori; la crisi umana, spirituale e artistica dopo la morte del Magnifico, nel clima frustrante dell’incolta e miope censura dei Piagnoni e di Savonarola; la collocazione cronologica al confine fra i dipinti profani e quelli religiosi. Un’invecchiata catena di argomentazioni sillogistiche, non sempre verificate con la dovuta attenzione critica e, soprattutto, spesso rinchiuse in un loop reciprocamente confermativo, causa quasi un cortocircuito ermeneutico. 

Viceversa, da quest’analisi puntuale dell’opera (a partire dal corteo delle figure in primo piano, fino ai particolari dello sfondo dove Botticelli si rivela vero «orefice del dettaglio») scaturisce una lettura di inaspettata articolazione che, a sua volta, dall’architettura iconologica e dalla scenografia concettuale di Botticelli estrae quell’allegorico e didascalico botticelliano «j’accuse» sui temi di cultura e politica più rilevanti del suo tempo. Ciò rende «La Calunnia» l’opera manifesto della temperie politica e culturale del primo Rinascimento, epitome delle tensioni e dei conflitti che dilaniavano Firenze alla cuspide fra XV e XVI secolo, realizzata da Botticelli nell’esercizio squisito della tecnica e della poetica che gli sono proprie. Questo rende il volume affascinante e coinvolgente come una spy story che nasce dall’indagine ventennale delle autrici che hanno innestato fra loro metodologia della ricerca storico-artistica, iconologia e storia della tradizione classica. 

La «Calunnia» di Botticelli. Politica, vizi e virtù civili a Firenze nel Rinascimento
di Sara Agnoletto e Monica Centanni, 294 pp., ill., collana «Le Gallerie degli Uffizi», Officina Libraria, Roma 2023, € 60

La copertina del volume

Giovanni Pellinghelli del Monticello, 20 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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