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Jannis Kounellis, «Senza titolo [Rose]», 1967, Napoli, Gallerie d’Italia (particolare)

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Jannis Kounellis, «Senza titolo [Rose]», 1967, Napoli, Gallerie d’Italia (particolare)

«La Città di Riga», zibaldone collettivo e fotografia di un momento fragile

Giorgio Di Domenico ripercorre, ricostruisce, contestualizza e analizza i due numeri della rivista, usciti tra il 1976 e il 1977, in cui sono raccolti 46 interventi di artisti come Nauman, Oursler, Chia, Clemente, Boetti, Sacchi, Agamben, Sauzeau, Paolini, Anselmo e Acconci

Matteo Mottin

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Forse non è noto a tutti che nella seconda metà degli anni ’70 Jannis Kounellis, Fabio Mauri, Alberto Boatto, Maurizio Calvesi, Umberto Silva ed Elisabetta Rasy diedero vita a una rivista dal nome enigmatico, «La Città di Riga», che in soli due numeri raccolse una serie eterogenea di contribuiti visivi e testuali di artisti, critici e intellettuali. Vi scrissero, per citarne solo alcuni, Bruce Nauman, Stephanie Oursler, Sandro Chia, Francesco Clemente, Alighiero Boetti, Franca Sacchi, Giorgio Agamben, Anne-Marie Sauzeau, Giulio Paolini, Giovanni Anselmo e Vito Acconci

In questo libro Giorgio Di Domenico (Livorno, 1996), attraverso un’accurata ricostruzione delle vicende editoriali della pubblicazione, presenta un’ampia analisi del suo contesto storico, un periodo di regressione politica in cui gli artisti cercarono di ridefinire il loro ruolo all’interno della società, un’identità scissa tra l’impegno collettivo delle installazioni degli anni ’60 e quello che sarà l’individualismo del ritorno alla pittura degli anni ’80. Il testo è molto ben documentato, ricco di note e con un ampio apparato bibliografico, e nonostante sia uno strumento di ricerca rivolto agli addetti ai lavori risulta una lettura piacevole e scorrevole, a tratti persino avvincente. Ha una struttura organica, simile a un albero: inizia con una riflessione sulla crisi che coinvolse artisti, critica e riviste di settore, terreno fertile che ha alimentato la nascita della pubblicazione, e nella parte centrale il suo breve e travagliato periodo di crescita è ricostruito grazie a un’approfondita ricerca negli archivi dello Studio Fabio Mauri. Si conclude con un’analisi dei frutti, con focus su alcuni dei più interessanti contributi tra i 46 che in totale ospitò la rivista, con molte immagini a colori e scansioni dalle pubblicazioni originali. 

«La Città di Riga» è stato uno zibaldone collettivo, orizzontale, senza temi né rubriche, compilato da artisti in un periodo di forte ripensamento e riflessione, un ponte tra due epoche che documenta un fluire di influenze storiche, interessi sotterranei e sperimentazioni. È la fotografia di un momento di fragilità, e riscoprirla oggi, grazie allo studio di Di Domenico, può essere di grande aiuto ad artisti, critici e curatori: ci ricorda che le figure ora storicizzate, i mostri sacri, non sono sempre stati mostri e non sono nati sacri, ma hanno vissuto momenti di riflessione e cambiamento, e questa umanizzazione, questa messa a terra, nel presente momento di forte incertezza geopolitica può rivelarsi più utile di uno studio frontale delle importanti opere che hanno prodotto. In un’intervista del 1985 su «Flash Art» Jannis Kounellis arrivò a dichiarare che «effettivamente gli anni ’70 non sono mai esistiti». Con il senno di poi siamo invece ben felici che ci siano stati, e che le poche tracce documentarie che hanno lasciato possano essere approfondite in maniera intelligente da una nuova generazione di storici dell’arte.

«La Città di Riga», 1976-1977. Forme e storia di una rivista
di Giorgio Di Domenico, 240 pp., Scuola Normale Superiore, Pisa 2025, € 28

La copertina del volume

Matteo Mottin, 22 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

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