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Un dettaglio della «Maddalena penitente» (1453-55) di Donatello, Firenze, Museo dell’Opera del Duomo (particolare)

Foto tratta da Wikipedia, CC BY 2.5

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Un dettaglio della «Maddalena penitente» (1453-55) di Donatello, Firenze, Museo dell’Opera del Duomo (particolare)

Foto tratta da Wikipedia, CC BY 2.5

La Maddalena di Donatello aveva la lipodistrofia?

Un recente studio paleopatologico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, in collaborazione con l’Osservatorio Malattie Rare e il Ministero della Cultura, ipotizza che la figura della santa scolpita nel Quattrocento presentasse i tipici sintomi della patologia

Cecilia Paccagnella

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Nel legno scolpito da Donatello tra il 1453 e il 1455, la figura di Maria Maddalena appare lontana dai canoni tradizionali della bellezza sacra. Magra, muscoli tesi sotto la pelle sottile, volto scavato, capelli lunghi: è piuttosto l’immagine di un corpo consunto dal tempo, dalla penitenza e, forse, anche dalla malattia. Da questa ipotesi è partito un recente studio paleopatologico condotto dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma in collaborazione con l’Osservatorio Malattie Rare e il Ministero della Cultura, e pubblicato il 2 luglio sulla rivista «Journal of Endocrinological Investigation».

Gli studiosi suggeriscono che l’opera, conservata al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, possa rappresentare una donna affetta da lipodistrofia, una rara patologia che comporta la perdita del tessuto adiposo sottocutaneo, con conseguenze visibili sull’aspetto fisico: volto scavato, muscolatura marcata, vene prominenti e un aspetto invecchiato. Si tratta di una condizione oggi diagnosticabile con strumenti clinici avanzati, in passato poteva invece solo essere osservata.

«Sebbene non sia possibile diagnosticare definitivamente la lipodistrofia nella Maddalena di Donatello, la statua offre un’interessante intersezione tra storia dell'arte e semiotica clinica, spiega il professor Marco Cappa, responsabile dell’unità di ricerca Terapie innovative per le endocrinopatie del Bambino Gesù. Il medico deve innanzitutto osservare e descrivere i segni clinici, interpretarli giudiziosamente e sottoporsi a esami appropriati per affinare le diagnosi differenziali. La Maddalena esemplifica come l’arte visiva possa insegnare e ispirare una rigorosa osservazione clinica e un dialogo multidisciplinare, arricchendo sia la formazione medica che la comprensione culturale».

La paleopatologia, disciplina che studia le malattie del passato attraverso reperti e fonti iconografiche, trova nell’arte uno strumento utile alla ricostruzione di manifestazioni patologiche. Non è la prima volta, infatti, che sculture o affreschi suggeriscono simili diagnosi e, nel caso della Maddalena donatelliana, la coincidenza tra i segni clinici della lipodistrofia e l’aspetto della scultura è molto verosimile. La scultura, a differenza delle opere coeve di Donatello, non edulcora la figura della santa, ma la mostra nel pieno della sua fragilità umana, probabilmente nella sua fase eremitica descritta nella Legenda Aurea (Jacopo da Varagine, XIII secolo), secondo cui dopo la crocifissione di Cristo raggiunse la Francia, insieme a Marta e Lazzaro, per diffonderne il verbo e, successivamente, si ritirò in una grotta ad Aqui per oltre trent’anni.

Dare per certa questa teoria non è possibile, perché non si possono escludere altre probabili cause come malnutrizione, ipertiroidismo, anoressia, o semplicemente la volontà dell’artista di mostrare una santa prosciugata dal sacrificio. Ciononostante, il sospetto avanzato dallo studio conferma come l’arte possa fungere da spunto di riflessione anche a livello medico.

Cecilia Paccagnella, 25 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

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