Marco Bussagli
Leggi i suoi articoliSe esiste un’opera dedicata ai Re Magi che non può non essere citata è la grande decorazione affrescata da Benozzo Gozzoli nella Cappella di Palazzo Medici Riccardi a Firenze. Si tratta della rappresentazione di questo episodio evangelico più estesa e monumentale di tutta la storia dell’arte. Dipinto fra il 1459 e il 1463, il ciclo si sviluppa lungo le pareti del sacello e nella scarsella dove è collocato l’altare, al di sopra del quale si poteva ammirare l’«Adorazione» dipinta da Filippo Lippi negli stessi anni, oggi sostituita da una copia e conservata nella Gemäldegalerie di Berlino.
La presenza al di sopra del Bambino di Dio Padre e della colomba dello Spirito Santo costituisce un asse centrale simbolicamente trinitario; la colomba dello Spirito Santo allude però anche alla stella (guida del viaggio altrimenti inspiegabilmente assente negli affreschi), secondo una sovrapposizione cui rimanda il grande san Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae, III, q. 36, a. 7). Anche per questo tutti gli sguardi dei Magi sono rivolti all’altare.
Il tentativo d’identificare i tre santi sovrani d’Oriente con altrettanti personaggi reali ha portato buona parte degli studiosi a considerare il mago anziano come il ritratto del patriarca Giuseppe di Costantinopoli (sepolto a Firenze), che però era completamente calvo. Al contrario, ho avuto modo di dimostrare altrove che la figura storica che dà il volto a quella figura evangelica è l’imperatore Sigismondo (dotato di folta capigliatura bianca), noto dai ritratti di Piero della Francesca e di Pisanello. In questo modo si valorizza la figura del Mago giovane, ritratto idealizzato di Lorenzo dei Medici, che risulta, implicitamente, di rango imperiale, giacché si trova fra il ritratto del Mago maturo, che altri non è se non l’imperatore d’Oriente Giovanni VIII Paleologo, e di quello anziano che ha l’aspetto di Sigismondo, imperatore d’Occidente.
Non basta però, perché ad enfatizzare ancor più il ruolo della famiglia medicea c’è la scelta del tutto inusitata di rappresentare il corteo dei Magi impegnato in un’attività di caccia, con la presenza di falconi e ghepardi. Il motivo risiede nel voluto riferimento alle attività protette dal pianeta Giove, secondo le credenze astrologiche di allora, ben note anche grazie a fogli a stampa o codici importanti come il De Sphaera (Biblioteca Estense di Modena), ma anche a manoscritti come quello redatto in quegli anni dal notaio fiorentino Bartolomeo da Pescia. Il rimando a Giove e alla sua azione benevola risulta quanto mai calzante, perché quel pianeta, nello stesso ambito astrologico e astronomico, viene considerato il protettore dei banchieri.
L'autore è saggista, storico dell’arte, professore di prima fascia dell’Accademia di Belle Arti di Roma
LA NATIVITÀ NELL'ARTE
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