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Folla al Louvre, di nuovo primo in classifica. Foto: Stefan Draschan

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Folla al Louvre, di nuovo primo in classifica. Foto: Stefan Draschan

La classifica mondiale dei MUSEI più visitati: il Louvre torna a 8 milioni, per Londra effetto Brexit

Finisce la «paura» del terrorismo e la crisi del turismo a Parigi. Nel 2017 a soffrire è soprattutto Londra. In Italia continua il boom vantato da Franceschini, sempre forte Firenze, cala (in parte) Torino

Alessandro Martini

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Il Louvre si conferma il più visitato museo al mondo, per l’undicesimo anno consecutivo (cioè da quando esiste la Classifica annuale di «Il Giornale dell’Arte» e «The Art Newspaper») e torna sopra gli 8 milioni di ingressi, rispetto ai 7 milioni dello scorso anno. Ma erano addirittura 9,7 milioni nel 2012, quando il museo rincorreva baldanzoso la «soglia psicologica» dei 10 milioni di biglietti. Poi c’è stato il terrorismo, la paura e il crollo dei turisti nella Ville Lumière. Ora gli anni della decrescita paiono finalmente alle spalle. Lo tallona il National Museum of China, un colosso con più di un milione di straordinari pezzi di arte e storia cinese, affacciato su piazza Tienanmen a Pechino. È oggi il più credibile contendente del Louvre alla leadeship mondiale, dopo anni in cui la sfida è stata tutta europea, o al massimo americana (e qualcosa vorrà pur dire).
In Italia intanto (in attesa delle future politiche culturali del nuovo Governo: saranno una rivoluzione della rivoluzione? E che fine farà la riforma Franceschini, se qualcuno avrà la voglia e la forza di ripartire da capo?), l’anno è stato caratterizzato soprattutto dai numeri, come spesso è successo negli ultimi anni. «Il bilancio della riforma dei musei è davvero eccezionale: dai 38 milioni di visitatori del 2013 ai 50 del 2017. Record per l’Italia»: Dario Franceschini dixit. Immediate le polemiche perché, se è vero che i dati sono reali e la crescita in molti casi è effettiva, la domanda sempre più urgente è: quanto contano davvero i numeri? E quanto dovrebbero contare per il Ministero e per chiunque abbia una responsabilità «culturale»? Dal momento che le migliori performance sono state conquistate dai «supermusei» (dotati di autonomia e di nuovi direttori ad hoc), un’ulteriore possibile domanda è: ha senso assoldare professionisti dall’Italia e dall’estero soprattutto per richiamare le masse, o non sarebbero questi in grado, piuttosto, di indicare strategie e strumenti per far crescere non soltanto i biglietti staccati ma anche la conoscenza e la cultura diffusa (e, perché no, l’amore e il piacere per l’arte)? E visto che ci stiamo ponendo tante domande, facciamocene un’ultima: quale valore attribuire a classifiche fatte di soli numeri? Forse soltanto un valore relativo, utile per individuare «tendenze». D’altra parte, per il momento mancano altri strumenti oggettivi e capaci, se non di indicare la reale qualità di un museo, quantomeno di verificarne la salute e di leggere la direzione verso cui si orienta.

Chi sale
Sale il Louvre (anzi, rimane al numero 1). E aumenta i suoi visitatori anche il Metropolitan (3) di New York che, sebbene superato dalla new entry cinese, nel 2017 ha 300mila ingressi abbondanti in più rispetto all’anno precendente (a cui vanno aggiunti i 399mila del Met Breuer, aperto nel marzo 2016). In Italia, Uffizi sempre primi (26mi nel mondo) mentre cresce ancora Venaria Reale (4; nel 2016 aveva per la prima volta superato il milione di ingressi) e, finalmente, la Pinacoteca di Brera (21) dove la cura Bradburne e i continui riallestimenti sembrano portare quella visibilità (e qualità museografica) che il museo da troppo tempo attendeva. Anche La Gnam (39) di Roma cresce e non poco: 13 posizioni e +70mila visitatori nelle sale riallestite da Cristiana Collu. Sempre a Roma, ma oltretevere, fanno sempre boom i Musei Vaticani (quarti nel mondo e +400mila ingressi), dallo scorso anno guidati per la prima volta nella loro storia da una donna, Barbara Jatta. Un milione di ingressi in più a Washington, alla National Gallery (7). Più 770mila al Victoria and Albert Museum (12), l’unico grande museo londinese in crescita. A Tokyo, in aumento il National Art Center (17) a cui si aggiunge (da quest’anno in classifica) il Tokyo Metropolitan Art Museum (21). Ma a crescere sono ovviamente i musei nati da poco: tra tutti, a Washington, il grandioso National Museum of African American History and Culture (23) della Smithsonian Institution, inaugurato nel settembre 2016; e la National Gallery di Singapore (41), il maggiore museo pubblico del Sud-Est asiatico ora nella sede aperta a fine 2015. Un vero boom è quello della Fondation Louis Vuitton di Parigi (48), inaugurata nell’ottobre 2014, che lo scorso anno ha accolto quasi un milione e mezzo di visitatori soprattutto grazie alla mostra blockbuster (ma di qualità), con la collezione d’arte impressionista e moderna di Sergei Schukin. Grandi risultati anche per il Kunsthistorisches Museum (46, + 46 posizioni) di Vienna: un’ottima premessa per l’austriaco Eike Schmidt che, alla conclusione del suo primo mandato agli Uffizi, ha già annunciato che andrà alla guida proprio del megamuseo asburgico.
Gli anniversari contribuiscono sempre a far crescere i visitatori, e il 2017 non è un’eccezione. Il ventennale del Guggenheim Museum (53) di Bilbao ha portato il museo basco, anche grazie a mostre di successo, al secondo miglior risultato della sua stroria. Così anche il Reina Sofía (11) che a Madrid ha richiamato 200mila visitatori in più dell’anno precedente grazie a un anniversario non suo, ma di un capolavoro custodito nelle sue sale: «Guernica», realizzata da Picasso 80 anni prima.

E chi scende...
Ciò che guardagna il Reina Sofía lo perde, nella stessa Madrid, il Museo Nacional del Prado (18): meno 200mila ingressi. A New York è il MoMA (19) a perdere posizioni. Ad Amsterdam, il Rijksmuseum (29, meno sette posizioni e -100mila ingressi). A Mosca, la Galleria Tret’jakov (33, meno 12).
Stupisce il crollo pressoché generalizzato di Londra, in piena Brexit: il British Museum (5, meno due posizioni) perde mezzo milione di biglietti staccati, la National Gallery (8, era 4) additittura un milione. Meno 22 posizioni per l’Imperial War Museum (86).
In Italia, dal podio esce la medaglia d’argento del 2017: Palazzo Ducale di Venezia che quest’anno non ha fornito i suoi dati. Chissà perché. A ringraziare è Castel Sant’Angelo a Roma. Perde posizioni Torino, nel suo complesso: meno «grandi mostre», meno promozione e comunicazione, e a soffrirne sono sia Palazzo Madama (45) sia la Gam (67). Sotto accusa la nuova amministrazione grillina della sindaca Chiara Appendino, vittima anche del confronto con l’iperattiva Giunta meneghina. Tra i grandi musei statali, scende il Museo Nazionale Romano (35 da 26) a Roma e il Museo di Palazzo Ducale di Mantova (34 da 24: ma nel 2016 la città era stata Capitale italiana della Cultura).

Notizie dall’Italia: i supermusei e tutti gli altri
Molto si è detto e si è scritto a proposito dei numeri «fantasmagorici» ogni anno vantati da Franceschini: «+5 milioni di ingressi e +20 milioni di euro» (cfr. n. 383, feb. ’18, p. 8) nei musei statali rispetto all’anno precedente; +31% dei visitatori in quattro anni (ma Museo Egizio di Torino e Venaria non sono musei «statali», bensì fondazioni private partecipate dal Mibact) e +53% negli incassi, che nel 2017 hanno sfiorato i 200 milioni di euro (ma il prezzo medio dei biglietti è aumentato del 5,23%). Conferma per i «top six»: Uffizi, Accademia di Firenze, Castel Sant’Angelo, Venaria, Pitti ed Egizio. Migliori variazioni percentuali (+22% circa) per Caserta, Pitti e Capodimonte. Oltre la metà degli ingressi totali sono concentrati nei «supermusei» dotati di autonomia. A queste istituzioni (ora arrivate al numero di 32), centrali nella riforma del Mibact personalmente guidata da Franceschini, dedichiamo un’apposita tabella (cfr. qui a fianco), utile per verificare gli obiettivi raggiunti anno dopo anno, almeno per quanto riguarda l’affluenza.

A fronte di tanta retorica sui numeri, c’è anche chi preferisce non fornirli. È il caso di due fondazioni come Sandretto Re Rebaudengo di Torino e Prada di Milano (scelta legittimissima, ma perché tenere i numeri se la scelta è verso la qualità?). D’altro canto, c’è anche chi, come le Gallerie d’Italia di proprietà della banca Intesa Sanpaolo, non concede dati «scorporati»: sappiamo quindi che, nel 2017, le loro quattro sedi hanno attirato 463.899 visitatori, ma non sappiamo esattamente dove questi siano andati e per vedere che cosa. I più (immaginiamo) in Piazza Scala a Milano, qualcun altro a Napoli (a Palazzo Zevallos Stigliano) e a Vicenza (a Palazzo Leoni Montanari, dove c’è anche un museo delle icone). E magari nella somma complessiva è stato conteggiato anche chi è stato ospite del grattacielo torinese di Renzo Piano, in occasione di qualche mostra ed evento. Perché i conteggi non sono per nulla uniformi e, tra musei pubblici e privati, statali e locali, i criteri e le modalità (biglietti scorporati per le mostre o no?) sono diversi e spesso difficilmente confrontabili. Ma questo è ancora un altro capitolo.

La classifica mondiale dei musei più visitati nel 2017 è pubblicata nel numero di «Il Giornale dell'Arte» in edicola

Folla al Louvre, di nuovo primo in classifica. Foto: Stefan Draschan

Alessandro Martini, 30 marzo 2018 | © Riproduzione riservata

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