Alessandro Martini
Leggi i suoi articoliInvisibile da 17 anni, fin dalla morte del precedente proprietario (il principe Del Drago), dal 2 luglio l’Isola Bisentina torna a essere accessibile al pubblico nella sua bellezza, al centro del Lago di Bolsena, e con la sua straordinaria ricchezza di natura, paesaggio, storia e patrimonio architettonico e artistico.
L’arrivo, solo via acqua dal porto di Capodimonte, conduce i visitatori in una darsena scavata nella roccia vulcanica, delimitata da una scalinata affacciata sul lago, da due sfingi di pietra e da una copertura lignea, la cui raffinata decorazione suggerisce un passato di ricchezza e svaghi. Poco oltre, la grande chiesa con il monastero, oggi in restauro; e poi ulivi secolari, piante autoctone ed esotiche, resti di giardini all’italiana, prati, boschi e, tra la vegetazione, le prime cappelle storiche.
Il nuovo percorso di visita si compie attraversando una vegetazione lussurreggiante che negli anni aveva invaso l’isola e che oggi è stata riaddomesticata dai nuovi proprietari, la famiglia Rovati e, in particolare, Sofia Elena.
È a lei che si deve la cura del progetto di restauro e di apertura al pubblico: «Papi e principesse, ma anche uomini semplici come i Frati minori: nel corso dei secoli l’Isola Bisentina è passata nelle mani di diversi guardiani che l’hanno curata, amata e arricchita di bellezza, spiega. Il soggiorno in questo vero e proprio giardino delle delizie mi ha portato a comprendere l’immenso dono, ma anche l’immensa responsabilità che era giunta tra le mani della mia famiglia e mie. E quindi non c’è cosa migliore che seguire il buon esempio di chi prima di noi si è messo a servizio di quest’isola meravigliosa perché possa continuare a brillare tra le acque di questo lago, anche quando il nostro compito di salvaguardia e condivisione passerà al prossimo custode».
Abitata fin dall’antichità (si conservano reperti etruschi, romani e via via fino alle epoche più recenti), l’Isola Bisentina (Bisentina da Bisentium, antica città sulla sponda sud del lago) dalla fine del XIV secolo è stata parte del feudo dei Farnese che, con Ranuccio Farnese il Vecchio, dominarono questa porzione dell’attuale Tuscia, dal Lago di Bolsena (il più vasto lago vulcanico d'Europa, magnifico) fino al Mar Tirreno. Proprio Ranuccio è l’unico dei duchi farnesiani a essere stato sepolto nell’isola, all’interno della Chiesa dei SS. Giacomo e Cristoforo con annesso convento francescano (progettata da Giovanni Antonio Garzoni da Viggiù): il suo sepolcro marmoreo è tuttora conservato sotto l’alta cupola rivestita di piombo, ben visibile dalla terraferma. Costituito nel 1537 (durante il papato di Paolo III, nato Alessandro Farnese), il Ducato rientrò nel patrimonio della Chiesa nel 1649, e così l’isola.
Di questa lunga storia, che ha visto come protagonosti i Frati minori (ai quali papa Eugenio IV nel 1431, autorizzata la costruzione del convento francescano, affidò l’intera isola), sono oggi testimonianza in particolare le sette cappelle (ciascuna rivolta verso uno dei sette paesi costieri del lago) realizzate a imitazione delle sette chiese di Roma. Edificate fra XV e XVI secolo sui sentieri perimetrali in un percorso devozionale, furono meta di pellegrinaggio religioso prossimo alla Via Francigena.
Tre sono al momento visitabili: la cappella a pianta ottagonale di Santa Caterina, attribuita ad Antonio da Sangallo il Giovane e posta su uno sperone di roccia alto 22 metri, la Cappella del Crocefisso o del Monte Calvario, che conserva preziosi affreschi attribuiti alla mano di Benozzo Gozzoli e, infine, la Cappella di Santa Concordia. In attesa di restauro sono le restanti, dedicate rispettivamente alla Trasfigurazione (Monte Tabor), a San Francesco, San Gregorio e al Monte Oliveto.
Ma per la riaperture alle visite, fino all’8 ottobre, al paesaggio e alle architetture memoria del passato si aggiungono tre opere d’arte contemporanea, appositamente concepite e commissionate nell’ambito del progetto «Coltivare l’Arte» a cura del gruppo Tearose che, spiega la fondatrice Alessandra Rovati Vitali, «diventa promotore di un’arte che ha come compito quello di rigenerare e proteggere la natura esaltandone la relazione con l’uomo e il cosmo».
Il percorso, a cura di Maddalena Pelù, è composto di tre interventi in dialogo con il loro contesto, storico e paesaggistico. Due opere coinvolgono le cappelle visitabili. Si tratta di «Sintonie» di José Angelino (nella Cappella di Santa Caterina), in cui l’artista rivela come le frequenze impercettibili ai sensi influenzino la materia, e «Welcome Wanderer» di Matteo Nasini (nella Cappella di Santa Concordia) che, grazie a un particolare software, traduce in musica «il passaggio degli astri sopra le nostre teste, donando all’isola una sua vera e propria voce celestiale». Ultima opera del percorso è «Il Vello d’Oro» di Federico Gori, un manto «sacro» in lamina dorata a protezione di un leccio secolare: il «Gran Vecchio» dell’Isola Bisentina.
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