Maria Sancho-Arroyo
Leggi i suoi articoliThe Organization of American States (Oas) è stata fondata nel 1890. All’epoca era conosciuta come Unione panamericana, una primordiale Nazioni Unite costituita per consentire ai diplomatici dalla punta del Sudamerica alla punta del Nordamerica di affrontare questioni comuni.
Oggi l’Oas riunisce tutti i 35 Stati indipendenti delle Americhe e parte del suo mandato è condividere, celebrare e mostrare le culture di questi Paesi.
Sconosciuto a molti, l’Art Museum of the Americas dell’Organization of American States (Oas) a Washington è ospitato in quella che un tempo era la residenza ufficiale del segretario generale dell’Oas. È il più antico museo d’arte moderna e contemporanea latinoamericana e caraibica degli Stati Uniti. Quando il museo fu ufficialmente aperto nel 1976, la collezione contava 250 opere; oggi è cresciuta fino a sfiorare le 2mila, che includono artisti di tutti i Paesi membri.
L’importanza di questa collezione d’arte risiede in opere che si sono rivelate fondamentali per il lancio, soprattutto negli Stati Uniti, delle carriere di molti di coloro che oggi sono considerati i maestri dell’arte latinoamericana e caraibica della metà del secolo. La collezione rappresenta le tendenze artistiche che si sono sviluppate in America Latina, tra cui la nuova figurazione, l’astrazione geometrica e lirica, l’arte concettuale, l’arte ottica e cinetica. Il museo, nel contempo, rappresenta il principale strumento di diplomazia culturale dell’Oas per promuovere lo scambio culturale e far progredire i quattro pilastri dell’organizzazione: democrazia, diritti umani, sicurezza e sviluppo.
Questo sforzo fu incoraggiato da José Gómez-Sicre, emigrato cubano che alla fine degli anni Quaranta iniziò ad assemblare una collezione di opere di artisti dei Paesi membri. Tra loro c’era anche Carlos Páez Vilaró (1923-2014), che Gómez-Sicre aveva incontrato in Uruguay quando un suo murale dipinto alla stazione degli autobus stava per essere distrutto. Gómez-Sicre gli disse che aveva il posto perfetto per crearne uno nuovo: «Non possiamo pagarti, ma sarà un luogo storico». Quel luogo è un tunnel pedonale tra la sede dell’Oas e il suo edificio amministrativo.
Le tubature dell’acqua e le condutture elettriche dell’edificio corrono lungo un lato del muro. Sul lato opposto Páez Vilaró dipinse nel 1960 un coloratissimo murale intitolato «Roots of Peace» («Radici di pace»), lungo 535 metri. Si tratta di una delle opere d’arte più interessanti e sconosciute della città, che per più di cinquant’anni è stata vista solo dai dipendenti dell’Oas. Ora, dopo un restauro nel 2002 a cura dell’artista stesso, il tunnel può essere visitato su appuntamento.
Páez Vilaró divise l’opera in 10 parti, ognuna delle quali mette in evidenza un diverso pilastro dell’Oas dell’epoca. Tra questi, l’eliminazione dell’ignoranza, la tolleranza razziale, la cooperazione tecnica, la conservazione del folclore e la vicinanza ai mercati, temi che ancora oggi sono molto rilevanti. L’artista sperava che i diplomatici che percorrevano il tunnel potessero trarne ispirazione. Ora che il tunnel è aperto al pubblico questo messaggio risulta ancora più forte e potente.
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