Luca Beatrice
Leggi i suoi articoliNell’intervista, invero accomodante, di Olga Gambari a Marco Enrico Giacomelli quest’ultimo afferma: «[...] se il dibattito è vero e scientifico, si parte da idee e da nomi per poi controargomentare. Certo, parlo di Luca Beatrice, Angelo Crespi, Gabriele Simongini, per dire, che hanno posizioni tradizionaliste poco evolute, appartenenti a quel conservatorismo secolare che non condivido. Perché non lo facciamo? Perché non scriviamo più stroncature? È il solo modo per crescere, per uscire dal grande inner joke dentro cui viviamo».
Tradizionale e conservatore può darsi. Poco evoluto mi pare esagerato, se alla base della critica vi è un riferimento darwiniano. Sì, in effetti dal grillo parlante di giornata ci distanzia (credo di poter parlare anche per i colleghi Crespi e Simongini tirati in ballo) l’amore per l’opera che si realizza in una forma indipendentemente dal linguaggio (pittura, scultura, foto, video, installazione, design ecc.), rispetto all’intenzione dell’opera stessa che si agita nei collettivi ideologico-terzomondisti più alla moda e già dimenticati dopo l’ultima documenta.
A noi piace ciò che si conserva nei musei, nelle collezioni, si vende nelle fiere e forse si studierà sui libri di storia dell’arte. Ci è invece indifferente il chiacchiericcio a la page per sentirsi nello spirito dei tempi, soprattutto per chi, non più giovane, si è dimenticato di aver tracciato una propria proposta militante e ora la rincorre affannosamente, consapevole di aver perso tempo.
C’è un vizio di forma in questo breve dialogo: possibile che l’unico candidato ideale a dirigere la Biennale sia proprio quel Marco Scotini direttore della scuola in cui il nostro lavora? Non è dichiarazione troppo di parte? Su una cosa, invece, ha ragione: si fanno poche stroncature. Ecco, cominciamo da lui, esemplare tiepidino della critica oggi in Italia, che non ha lasciato segni né con saggi, né con mostre, né con attività giornalistica, eppure riesce a trovare il tempo di bollare con aggettivi poco eleganti e inopportuni chi lavora da decenni.
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