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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliLe quattordici parole chiave della Biennale di Aravena
«Reporting from the front» ed «Expanded eye» sono rispettivamente il titolo e la modalità di approccio della 15ma Mostra Internazionale d’Architettura. Il direttore artistico Alejandro Aravena, architetto cileno vincitore lo scorso gennaio del Pritzker, ha focalizzato l’attenzione sull’edilizia residenziale a basso costo, un campo con implicazioni sociali e politiche nel quale sono noti i progetti del suo studio Elemental, tra tutti quello realizzato a Iquique in Cile nel 2004. Un salto di posizione rispetto alle passate edizioni, in linea con le urgenze del nostro tempo, «perché, sottolinea il presidente Paolo Baratta, se l’architettura è la più politica delle arti, la Biennale deve riconoscerlo e prenderne atto».
La 15ma edizione pone al centro l’uomo e l’architettura come risposta a esigenze concrete, a problematiche urbane e sociali anche e soprattutto in caso di assenza di risorse. Quattordici parole chiave scelte da Aravena fungono da mappa concettuale per orientarsi: Disuguaglianza, Sostenibilità, Traffico, Rifiuti, Criminalità, Inquinamento, Comunità, Migrazione, Segregazione, Catastrofi naturali, Informalità, Periferie, Housing e Qualità della vita. Agli 88 studi invitati (da 37 Paesi) il compito di declinare i contenuti.
Tra gli italiani figurano i trevigiani C+S Cappai e Segantini, G124, il team di lavoro di Renzo Piano che opera sulle periferie (e quest’anno ha scelto Porto Marghera) e lo studio veneziano TAMassociati (Massimo Lepore, Raul Pantaleo, Simone Sfriso, curatori anche del Padiglione Italia), mentre la selezione internazionale include nomi più che noti come David Chipperfield, Peter Zumthor, Herzog & de Meuron, Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa (SANAA), Rem Koolhaas (OMA), Tadao Ando e Kengo Kuma.
Le 62 partecipazioni nazionali contano 4 nuove presenze (Filippine, Kazakistan, Nigeria e Yemen). Il Portogallo focalizza l’attenzione sull’edilizia sociale e porta il proprio padiglione in un cantiere alla Giudecca nei volumi per l’housing sociale disegnati da Álvaro Siza; la Gran Bretagna affronta l’emergenza abitativa partendo dallo spazio domestico; il Padiglione francese guarda ai contesti marginali esclusi dalla grande committenza pubblica, mentre Germania, Austria e Finlandia si concentrano sul contributo dell’architettura all’emergenza rifugiati. Singolare l’approccio del Canada, che sceglie lo sfruttamento delle proprie risorse minerarie includendo gli errori economici, ecologici e urbanistici, quello australiano, con «The pool», una piscina interpretata come spazio pubblico vitale, e quello iberico, che con «Unfinished» riparte dai propri errori con gli esempi di grandi cantieri incompiuti.
Per il Padiglione Italia, TAMassociati ha scelto come titolo «Taking Care. Progettare il bene comune», proponendo «un’architettura come servizio alla comunità, alla cura degli individui, degli spazi, dei luoghi, partecipata e intelligente, in grado di immaginare un futuro migliore». Il luogo in cui mettere in atto l’azione sono le periferie, coinvolgendo 20 studi italiani per altrettanti progetti nei quali si evidenzino molteplici approcci in campi inerenti l’abitare, il lavoro, la salute, l’istruzione, la cultura, spaziando tra committenze variegate (pubblica, privata, associativa e civica).
E nella città lagunare dov’è il fronte su cui indagare e fissare lo sguardo? Certo non mancherebbero esempi di luoghi su cui operare, come le isole minori e l’immediato entroterra, ed è forse in riferimento a questa marginalità così prossima, che la Biennale ha accolto il Progetto Speciale Forte Marghera «Reporting from Marghera and Other Waterfronts». Allestita nell’edificio 36 di Forte Marghera a Mestre, l’esposizione è un’analisi di casi di rigenerazione urbana di porti industriali curata dall’architetto Stefano Recalcati. Insieme a «A World of Fragile Parts», curata da Brendan Cormier nelle Sale d’Armi dell’Arsenale e dedicata alle arti applicate (in collaborazione con il Victoria and Albert Museum), la mostra di Mestre è una delle novità su cui punta questa Biennale, segnata dalla recente scomparsa di Zaha Hadid.
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