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L’arte come garanzia dei prestiti in Italia non decolla. Ecco perché

Che cos’è e come funziona l’art lending

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Elena Correggia

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L’art lending è una forma di finanziamento in cui un’opera d’arte o da collezione viene utilizzata dal suo proprietario come garanzia per ottenere un credito, trasformandosi di fatto da bene illiquido ad asset liquido e operativo. Benché qualche istituto cominci anche in Italia a offrire questo servizio (da poco è stato per esempio lanciato Art-Kredit da parte di Kruso Kapital, controllata del gruppo Banca Sistema e in questo caso la durata del prestito è di sei mesi, rinnovabile per la stessa durata a discrezione della società), in generale si tratta di uno strumento che ha conosciuto finora scarsa popolarità fra gli operatori finanziari del nostro Paese.

«La mancanza di una specifica regolamentazione del settore a livello normativo non deve essere giudicato un freno alla diffusione di questo servizio giuridicamente non così innovativo. Esso coniuga infatti la disciplina del contratto di mutuo con quella del contratto di pegno, già compiutamente regolamentati nel nostro ordinamento, spiega Luca Giacopuzzi, avvocato di Verona esperto di diritto dell’arte e collezionista. La ritrosia delle banche a sperimentare l’art lending va piuttosto ricercata in fattori culturali, a partire soprattutto dalla scarsa conoscenza di quello che è l’oggetto della garanzia, ovvero l’opera d’arte».

Spesso all’interno degli istituti di credito non c’è la preparazione adeguata per effettuare la stima dell’opera d’arte, attività essenziale invece al fine di attribuire il corretto valore economico a ciò che costituisce il collaterale del finanziamento. Inoltre, l’inevitabile rischio di variazione del valore dell’opera nel tempo è un fattore che preoccupa chi eroga il prestito e che tende a ridurre gli orizzonti temporali del finanziamento solo al breve periodo.

In aggiunta, l’opera che funge da garanzia non può essere conservata dal proprietario che l’ha consegnata e ciò costituisce una complicazione operativa per le banche. Esse devono infatti assumersi la responsabilità della corretta conservazione del bene, coinvolgendo anche soggetti terzi, dagli operatori specializzati in custodia di opere d’arte alle società di assicurazione. Senza contare la necessità che l’istituto di credito si faccia carico non solo di verificare la capacità di spesa e patrimoniale del datore del pegno, ma anche di effettuare un’accurata due diligence dell’opera, dall’analisi dei condition report su autenticità e stato di conservazione alla provenienza e ai titoli di proprietà della stessa.

«In pratica si tratta di un servizio complesso e strutturato, con oneri elevati, che richiederebbe una squadra di specialisti all’interno dell’istituto di credito, cosa che ancora non si è verificata in Italia, dove l’art lending viene percepito soprattutto come strumento di fidelizzazione del cliente», aggiunge Giacopuzzi. Chi sarà in grado in futuro di fornirlo, magari all’interno di un’offerta più articolata di servizi di art advisory, riuscirà tuttavia a intercettare una fetta di mercato che già esiste.

Di norma la domanda proviene da una clientela con buone capacità di spesa, anche se non immense, che può essere interessata a ottenere una linea di credito di breve periodo. Il tipico caso è quello del proprietario che vuole vendere un immobile e al contempo acquistare una nuova proprietà di pari valore ma le tempistiche delle due operazioni non collimano. Si rende quindi opportuno un finanziamento ponte di pochi mesi che può essere adeguatamente garantito da alcune opere d’arte.

Elena Correggia, 17 luglio 2023 | © Riproduzione riservata

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