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L’artista è un nomade

L’artista è un nomade

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Achille Bonito Oliva

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L’artista è nomade, opera attraverso un linguaggio non radicato soltanto a una produzione di forme ma a una posizione etica che prevede scambio e dialogo. Attraverso materiali smaterializzati, vaporizzati, impalpabili, ecco l’artista costruire la casa dell’arte. Una casa montabile e smontabile come la tenda del nomade nel deserto, che lo protegge ma non lo blinda come una trincea né gli assicura sopravvivenza definitiva. Egli ha bisogno di una casa mobile, in cui sostare e da cui partire. L’arredo è necessariamente provvisorio e il mobilio pronto per ogni trasloco. Qui prevale uno stato di dormiveglia, intermedio tra clima notturno e clima diurno, una condizione di ambiguità, abbandono e lucidità.

Ecco allora la casa dell’arte appartenere più alla cultura della diaspora, un eterno movimento a cui l’artista per propria scelta si abbandona, non in maniera passiva, come chi subisce il destino tragico imposto da altri. Per questo motivo noi parliamo di «diaspore dell’arte», un plurale che conferma un grande rispetto per il destino tragico di molti popoli, ebraico e anche palestinese.
 

Achille Bonito Oliva, 08 settembre 2017 | © Riproduzione riservata

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