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Un render dell’interno di «A Capsule in Time», il progetto di Marina Tabassum per la 24ma edizione del Serpentine Pavilion

Foto © Marina Tabassum Architects. Cortesia di Serpentine

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Un render dell’interno di «A Capsule in Time», il progetto di Marina Tabassum per la 24ma edizione del Serpentine Pavilion

Foto © Marina Tabassum Architects. Cortesia di Serpentine

Le 25 candeline del Serpentine Pavilion saranno spente da Marina Tabassum

Per la 24ma edizione dell’iniziativa, l’architetta ha progettato una struttura che richiama le tende Shamiyana per sollecitare un dialogo tra la natura permanente ed effimera dell’incarico

A Londra, dal 6 giugno al 26 ottobre, nella cornice dei Kensington Gardens, chi si recherà alla Serpentine Gallery potrà passeggiare all’interno del Serpentine Pavilion. L’iniziativa, avviata nel 2000 con un progetto di Zaha Hadid e giunta quest’anno alla 24ma edizione, è volta a promuovere il lavoro di architetti di fama internazionale che non abbiano portato a termine un progetto su suolo inglese prima di allora.

Per celebrare il primo quarto di secolo del Padiglione è stata selezionata l’architetta Marina Tabassum (Dhaka, Bangladesh, 1969), fondatrice nel 2005 di Marina Tabassum Architects in seguito alla collaborazione decennale con Urbana. Lo studio si concentra sul ruolo dell’architettura nell’affrontare sia le condizioni di vita degli individui emarginati del Bangladesh sia l’impatto dei cambiamenti climatici, come dimostra il loro celebre «Khudi Bari (Small House)» (2020-in corso).

In linea con gli intenti di stabilire un linguaggio architettonico contemporaneo e allo stesso tempo radicato e coinvolgente con il luogo, il clima, il contesto, la cultura e la storia, «A Capsule in Time» entrerà in risonanza con la Serpentine South per sollecitare un dialogo tra la natura permanente ed effimera dell’incarico. Ispirato alla tradizione dei parchi e alle tettoie ad arco dei giardini che filtrano la luce del giorno attraverso il fogliame verde, la qualità scultorea del padiglione è costituita da quattro capsule di legno con una facciata traslucida che diffonde e allo stesso tempo fa trasparire la luce. Al centro un elemento cinetico in cui una delle capsule può muoversi e trasformare la forma del Padiglione. L’idea attinge, nello specifico, alla storia e al linguaggio architettonico delle tende Shamiyana o delle tende da sole dell’Asia meridionale: similmente cinetiche nella loro funzione, queste strutture sono costituite da un tessuto esterno sostenuto da pali di bambù e vengono comunemente erette per riunioni e celebrazioni all’aperto.

«Nel concepire il progetto, abbiamo riflettuto sulla natura transitoria dell’incarico, che ci appare come una capsula della memoria e del tempo, spiega Tabassum. Il rapporto tra tempo e architettura è intrigante: tra permanenza e impermanenza, tra nascita, età e rovina; l’architettura aspira a sopravvivere al tempo. L’architettura è uno strumento per lasciare un'eredità, soddisfacendo l’intrinseco desiderio umano di continuità oltre la vita. Nel delta del Bengala, l’architettura è effimera, poiché le abitazioni cambiano posizione con i corsi dei fiumi. Il volume arcaico di una mezza capsula, generato dalla geometria e avvolto in un leggero materiale semitrasparente, creerà un gioco di luce filtrata che attraverserà la struttura come sotto uno Shamiyana a un matrimonio bengalese».

Il comitato di selezione di quest'anno è composto dal ceo della Serpentine Bettina Korek, dal direttore artistico Hans Ulrich Obrist, dal direttore della costruzione e dei progetti speciali Julie Burnell, dal curatore delle mostre Chris Bayley, dal curatore di architettura e progetti specifici Natalia Grabowska e dall’assistente curatore delle mostre Alexa Chow, insieme ai consulenti Sou Fujimoto e David Glover.

Redazione, 29 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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