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Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliUna dama dall’identità ignota, elegante e sensuale, la «Signora con ventaglio», l’ultimo ritratto che Gustav Klimt completò poco prima di morire (prematuramente, a 55 anni) nel febbraio del 1918. Stimata intorno ai 65 milioni di sterline, l’opera è stata venduta il 27 giugno per 85,3 milioni di sterline (record europeo, come avevamo previsto) da Sotheby’s nella stagione delle aste estive londinesi.
Per confrontare l’opera con un altro ritratto della stessa importanza bisogna risalire al 2006, quando il «Ritratto di Adele Bloch-Bauer II» venne aggiudicato da Christie’s per 87,9 milioni di dollari. Si tratta ora di un momento particolarmente propizio per Klimt, molto amato e conteso dai collezionisti asiatici. Proprio un acquirente giapponese si è aggiudicato il paesaggio lacustre «Insel im Attersee», battuto sempre da Sotheby’s a New York nel maggio scorso per 53,2 milioni, mentre a novembre 2022 la sua «Foresta di betulla», proveniente dalla collezione di Paul Allen, aveva segnato da Christie’s il record per l’artista con un’aggiudicazione per 104,58 milioni.
Una volta lasciato lo studio del pittore austriaco, la storia di questa «Signora con ventaglio» si fece piuttosto travagliata, come testimonia l’interpellanza parlamentare n. 6854/J-NR/1994 del 28 agosto 1994 protocollata il giorno successivo. A presentarla era stato il deputato dei Verdi Rudolf Anschober e riguardava diversi temi connessi alla collezione di Rudolf Leopold (1912-96).
Fra questi, i punti 5, 6, 7, 8, e 9 concernevano il dipinto di Klimt «Dame mit Fächer» (Signora con ventaglio), 100x 100 cm, creato nel 1917-18: dall’inizio degli anni Sessanta e sicuramente fino al 1981 era stato di proprietà del medico viennese Rudolf Leopold, divenuto celebre per la sua passione, fra gli altri, per Klimt e Schiele e che proprio in quel periodo stava vendendo larga parte della propria collezione allo stato austriaco, in vista della creazione di un museo a lui intitolato. A tale scopo, il 10 agosto si era costituita la fondazione privata «Leopold Museum – Privatstiftung».
Ancora in quel 1994, ma poche settimane prima, quell’ultimo ritratto femminile di Klimt era stato venduto all’asta da Sotheby’s a New York per 11,6 milioni di dollari. Cosa sapeva il ministro competente Anschober sulla vendita di quel dipinto? E come era arrivato dalla collezione Leopold alla città americana? Ma soprattutto: era mai stata presentata regolare richiesta di esportazione, come prevedeva la legislazione austriaca? E ancora: era vero che nel settembre 1992 l’ente preposto alla Tutela delle Belle Arti aveva sporto denuncia contro ignoti per esportazione illegale del dipinto, e con quali esiti?
Le risposte furono altrettanto dettagliate e sconcertanti. Nel 1981 il dipinto era stato prestato da Leopold al collezionista, curatore e mercante Serge Sabarsky per una mostra al museo Isetan di Tokyo. I regolari documenti doganali di esportazione temporanea attestavano anche il rientro del quadro a Vienna al termine dell’iniziativa. Poi però si apriva un buco di 11 anni nelle informazioni a disposizione del parlamento.
Nel marzo del 1992 l’Ente di Tutela delle Belle Arti era venuto a sapere che l’opera era negli Stati Uniti e che un mercante di Chicago aveva chiesto al Belvedere se fosse interessato ad acquistarla. Il 26 agosto 1992 l’Ente aveva perciò sporto denuncia alla procura di Vienna per violazione del divieto di esportazione di beni culturali, ma il procedimento era stato archiviato l’anno successivo, perché «in seguito a indagini non era stato possibile individuare il o i colpevoli». In conclusione, recitava ancora il verbale: «Non è noto all’Ente di Tutela delle Belle Arti in che modo il dipinto sia giunto a Sotheby’s New York nel 1994. Non è stata presentata richiesta di esportazione».
Le domande che quell’interpellanza parlamentare risveglia sono ancor oggi molte e su più fronti. Certo è che attorno al Modernismo viennese, sia su opere razziate durante il nazismo sia su opere con provenienza cristallina sino al 1945, si è successivamente assistito a una diffusa opacità nelle transazioni e ad una sempre maggiore cautela da parte di musei nei prestiti e negli scambi, specialmente dopo che nel 1998 due dipinti di Schiele di proprietà di Rudolf Leopold vennero posti sotto sequestro da parte delle autorità di New York («Tote Stadt III», poi restituito per mancanza di evidenza di reato, e «Wally», oggetto di un accordo stragiudiziale stimato in 15 milioni di euro).
Nel cono d’ombra di quell’evento che scosse il mondo dell’arte internazionale, nel 2003 una mostra che il Wien Museum voleva dedicare alla collezione di Serge Sabarsky e che era stata ampiamente annunciata come grande evento, venne cancellata prima dell’apertura. Anche in quella circostanza la questione fu di ordine legale: una clausola nel contratto attribuiva al Wien Museum piena responsabilità e obbligo di risarcimento in caso di vertenze di restituzione per opere della collezione durante la permanenza a Vienna. Inoltre, per ogni controversia sarebbe dovuta essere applicata la legislazione newyorkese. Quella mostra non venne mai aperta: «Il rischio è imprevedibile, non assicurabile e per un museo pubblico quale noi siamo, ingestibile», aveva spiegato l’allora direttore museo, Wolfgang Kos.
All’asta di ieri, «Dame mit Fächer» (Lotto 125) è stata acquistata da Patti Wong per un collezionista asiatico per 99,33 milioni di euro, circa 9 volte di più dell’esito d’asta del 1994. Ex dirigente di Sotheby’s, Patti Wong aveva fondato all’inizio di quest’anno una propria ditta di consulenza artistica, la Patti Wong & Associates.

«Dame mit Fächer (Dama con ventaglio)» (1917-18) di Gustav Klimt, battuto per 85,3 milioni di sterline. Cortesia di Sotheby’s
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