Image
Image

L’epitaffio che Totò suggerì a Duchamp

Quando l’attore e l’artista s’incontrarono Achille Bonito Oliva c’era e questa è la sua trascrizione del loro dialogo sull’aldilà e l’aldiqua («a prescindere»), divenuto poi una memorabile pièce teatrale

Image

Achille Bonito Oliva

Leggi i suoi articoli

«A prescindere» al di là o al di qua è un dialogo tra Marcel Duchamp e Totò suggerito da Achille Bonito Oliva, presentato la sera del 28 giugno 1997 a Serre di Rapolano (Siena) nell’ambito di «Solstizio d’Estate 2», manifestazione di arte, musica e poesia ospitata nella Cava di Travertino dell’Oliviera, con la direzione artistica di Zerynthia-Associazione per l’arte contemporanea. 

Voci di scena
D. Marcel Duchamp
T. Totò

D. Principe, vorrei avere con voi un rendez-vous per discutere della mia lapide.
T. Mio caro artista, non precipiti: da vivo vuole parlare della lapide? A Napoli porta male.
D. Vedo che mi date del lei.
T. Mi scusi, è vero. Un qui pro quo, ad una donna si dà del lei, ad un uomo bisogna dare del lui. Però ricordo Rrose Sélavy, coma la mia Lola in Totòtruffa, un momentino travestita…
D. Quelle coïncidence! Un’altra è della lingua: anche a Napoli si parla con il voi.
T. Va bene, noi napoletani siamo democratici, diamoci del voi.
D. Dicevo della mia lapide. Vorrei fare una bella figura anche postuma, naturalmente post mortem. Per questo una bella frase scolpita non ci starebbe male, per esempio: «Sono sempre gli altri che muoiono».
T. E no caro lei o caro voi, checché, io invece dico: «Muoiono sempre gli stessi».
D. Non mi risulta.
T. Se guardiamo l’Enciclopedia con la data di nascita e di morte mica c’è tutta l’umanità!
D. Voi dite allora che l’aldilà è documentato nell’aldiqua dell’Enciclopedia.
T. Io sono un uomo di mondo, ho fatto il militare a Cuneo, e posso dire che l’artista è un errore biologico rispetto all’opera. È questo che fa il totale. Vita e morte solo per le celebrità, separate da un trattino.
D. Allora la lapide intelligente non serve a niente.
T. La lapide è come le vacanze intelligenti, serve a farle sapere agli altri che non le fanno. Un artista famoso anche la morte la riceve per chiara fama. Più fa opere eccelse più si scava la fossa. Si assicura la data di morte. Agli esami di storia dell’arte qualche volta la chiedono all’università.
D. Allora che debbo fare?
T. Nel frattempo evitate le correnti d’aria. Senza protestare. E poi l’Enciclopedia già ne parla: il famoso di Duchamp.
D. Vedo che si è sparsa la voce.
T. E voi volete uscire dal riserbo con la lapide. Allora vedete che non siete un uomo di mondo?
D. Direi che mi preparo ad essere un uomo ultra-mondano.
T. Lo so che siete stato un mondano ultra. Nel mondo dell’arte tutto si sa: giocavate a roulette a Montecarlo e a scacchi nel Central Park di New York.
D. Ma sempre con intelligenza, vero e proprio mal francese.
T. Va bene, ma per ogni male c’è un rimedio.
D.: E mica tanto, nel mio caso mi hanno fatto i multipli.
T. Alla faccia dell’una tantum dell’opera! Comunque rilassatevi.
D. È facile a dirsi…
T. Ma no. È un vero e proprio circolo virtuoso. Come il Circolo Savoia, quello per i nobili decaduti a via Caracciolo. Nulla cambia. Diceva infatti Cozzolino, il portiere del Circolo, «l’argent fait la guerre, la guerra fa il dopoguerra, il dopoguerra fa il mercato nero, il mercato nero fait l’argent. L’argent fait la guerre…». Non si finisce mai.
D. Mi sembra la teoria dell’eterno ritorno.
T. Nel nostro caso si tratta dell’eterna dimora. Io per esempio, al contrario di voi, che non vi fidate della lapide dei vivi, non mi fido della cassa da morto. In un film mi sono fatto un bel funerale da vivo, tra quattro grandi ceri portati a mano, la banda musicale, i parenti affranti ed io, tutto commosso, che mi portavo da solo il mio bel salmone al cimitero.
D. Si capisce che i vivi si fanno pagare il servizio.
T. llora perché fare il lavoro per loro? Suggerire la lapide. E poi porta male.
D. Anche cambiando la scritta?
T. Ah, ma siete impenitente più che imperituro. Ma perché volete scrivere? Se voi scrivete, sono gli altri (quelli che leggono la lapide) che diventano «leggendari» e non voi.
D. E se io scrivo grande grande: «Muoiono sempre gli stessi»?
T. Ma non lo potete scrivere.
D. Ma perché?
T. Se muoiono sempre gli stessi, voi non siete morto e quindi siete vivo. Perché gli stessi sono quelli di prima che muoiono.
D. Ma allora per noi non esiste l’aldilà?
T. Noi siamo condannati a rimanere nell’aldiqua. Almeno nelle lapidi. Nell’aldilà ci vanno quelli che hanno come ultima dimora l’Enciclopedia: Napoleone, Giulio Cesare, Michelangelo, Picasso ecc. Noi due, non sappiamo se trapassiamo nell’Enciclopedia.
D. Scusate la domanda cartesiana: se non si sa che moriamo, come si fa a sapere che viviamo? Senza data di morte, non si entra nemmeno nella vita e nella storia.
T. Parlate già da enciclopedico, destinato o condannato all’Enciclopedia: Volete anche voi il vostro trattino: nato a… - morto a… . Comunque tutti gli artisti vogliono entrare nella Treccani.
D. Insomma, quella è la soglia tra aldilà e aldiqua?
T. Decidetevi, volete rimanere sulla soglia! Dunque, ragioniamo. Se siete sempre lo stesso, allora siete già morto. Ricordate: muoiono sempre gli stessi.
D. Ma l’artista non è mai lo stesso di un altro. Ci mancherebbe.
T. Scusate, ma avete freddo d’inverno e caldo d’estate, fame e sete a pranzo e cena?
D. Come tutti gli uomini.
T. Lo vedete allora?
D. Ma quando creo l’opera d’arte sono differente.
T. Quando morite non state creando, semmai realizzando quello che al cinema chiamiamo «dissolvenza».
D. La mettete sullo specifico.
T. Pare che sia una moda italiana.
D. Che debbo fare specificamente?
T. Aspettare un passaggio. Dalla vita all’Enciclopedia. Dove non fa caldo o freddo, non si ha fame o sete. In un limbo di pagine, si aspetta di essere sfogliati dal primo o dal secondo venuto.
D. In definitiva, la vita è l’aldiqua e l’Enciclopedia l’aldilà?
T. Questione di un trattino, tra la data di nascita e quella di morte. Insomma «a prescindere»…
D. Pardon?
T. A prescindere da «a prescindere». Suvvia, una parentesi. Come il vostro, come lo chiamate, ready-made, bello e fatto. Nel mio caso, viceversamente, è bello e detto. Insomma un sospensorio del discorso.
D. Volete dire sospensione.
T. Allora sapete che vi dico? Sospendiamoci! Tanto nell’Enciclopedia è già tutto scritto. Manca solo l’orario. Il trattino già c’è. È sicuro che avremo una bella sorpresa. Per voi ci penseranno Mimma e Vettor Pisani, inviati speciali nella vostra realtà e per me, modestamente un compaesano (parteno-peo e parte no) di cui non faccio il nome, ma direttamente i cognomi, anzi le iniziali, come nei registri dell’Aci (e non si tratta dell’Automobil Club ma dell’Associazione Critici Internazionali): A.B.O.
D. Vraiment?
T.: Veramont, veramente. Ma «a prescindere» da tutto, il vero purgatorio è questo. Un purgatorio d’ammirazioni per noi tra l’aldilà e l’aldiqua. Quisquilie e pinzellacchere. Comunque. Nell’Enciclopedia è già tutto scritto. Anche l’esclamazione finale di coso lì, come si chiama, Baltazar Gracián: «Battaglio’ / è arrivato ‘o criticon!».

Achille Bonito Oliva, suggeritore
 

Achille Bonito Oliva, 05 giugno 2017 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Achille Bonito Oliva: «L’arte chiede assolutamente di essere riconosciuta»

Achille Bonito Oliva: «Nietzsche sottolinea la pulsione distruttiva che accompagna ogni atto creativo»

Achille Bonito Oliva: «Il sosialismo reale, spettro ubiquo che passeggia per il mondo»

Achille Bonito Oliva: «L’arte trova la sua ragione d’essere nel ruolo di etica resistenza della complessità contro la semplificazione dei mass-media»

L’epitaffio che Totò suggerì a Duchamp | Achille Bonito Oliva

L’epitaffio che Totò suggerì a Duchamp | Achille Bonito Oliva